sabato 24 giugno 2017

Usi della Canapa



STORIA + USO LUDICO / SPIRITUALE / RELIGIOSO

Canapa: le radici nella storia dell’umanità

La canapa è una pianta che ha accompagnato l’umanità per migliaia di anni. Originaria delle regioni dell’Asia Centrale, lungo il corso dei secoli si è diffusa praticamente ovunque, superando ogni tipo di avversità ambientale. Possiamo trovarla in tutto il bacino mediterraneo e nelle Americhe, nelle regioni più interne dell’Africa e in nord Europa, nel continente australiano e nell’Oriente più estremo.

Una tavoletta assira nella Royal Library del re Assurbanipal (circa ottavo secolo a.C.) che chiama la pianta “qunubu” o “qunapu” e la sorprendente somiglianza tra il semitico “kanbos” e lo sciita “cannabis” dimostrano come l’origine etimologica e culturale della parola vada ricercata nelle civiltà dell’Asia Minore. In quest’area il raccolto della cannabis, largamente impiegata per la fibra fin dai tempi più antichi, costituiva occasione d’incontro e di festa per molte persone: il forte aroma e l’effetto psico-attivo della pianta venivano così sperimentati collettivamente. Tali occasioni si trasformarono presto in cerimonie cultural-religiose che riunivano insieme la struttura del circolo matriarcale tipica delle popolazioni locali e il culto dei morti, i sacrifici purificatori e altri rituali mistici. Questi riti erano parte centrale della cultura degli Sciiti, ad esempio, ed è ragionevole supporre che i bagni di vapore in uso presso gli antichi abitanti delle odierne zone dell’Europa Orientale abbiano la stessa origine (cannabis in slavo è “kepati”, in russo “kupati”).

Oltre che per usi spirituali, la canapa è da sempre una risorsa: la più antica testimonianza di un manufatto in canapa risale a 9mila anni fa: si tratta di un tessuto ritrovato nel 2013 dal professor Ian Hodder nel sito archeologico dell’antica città di Çatalhöyük in Turchia, uno dei più grandi e meglio conservati al mondo per il periodo Neolitico.
In Italia abbiamo avuto una forte tradizione agro-industriale legata alla canapa se pensiamo che fino agli anni ’30 del secolo scorso eravamo i secondi produttori al mondo per quantità, dietro alla Russia, e i primi per la qualità del prodotto.
A fine 1800 in Italia si coltivavano a canapa circa 135mila ettari, nel 2015 non sono stati superati i 5mila. Le vele della Amerigo Vespucci, per statuto, devono avere le vele in canapa italiana, di una varietà da fibra chiamata Carmagnola, coltivata ancora oggi.

Anche l’utilizzo medico e terapeutico della cannabis affonda le radici nella storia dell’umanità. Nel 2737 a.C. l’imperatore Shen Nung fu il primo ad includere i benefici legati all’uso della marijuana in un trattato di medicina. Anche in India la pianta conobbe un ampio impiego in ambito terapeutico. Tra il II e il I secolo a.C. le ripetute migrazioni delle tribù nomadi dell’Asia Centrale ne favorirono la diffusione nel bacino del Mediterraneo, in Europa e in Medioriente. Per secoli è stata presente nelle farmacopee europee come trattamento come anestetico, antinfiammatorio, per il trattamento di emorragie, infezioni ed altri disturbi. In Italia, alla fine dell’800, era del tutto normale acquistare in farmacia ‟l’estratto di canapa indiana proveniente da Calcutta ed i sigaretti di canapa indiana per curare l’asma”. Per alleviare le sofferenze di questi malati esistevano persino dei “gabinetti d’inalazione” che venivano riempiti con il fumo della canapa bruciata.

La storia della cannabis come farmaco si chiuse bruscamente, almeno in America e in Europa, appena prima della seconda guerra mondiale (per l’avvento del petrolio e di un vero e proprio complotto per farla sparire). Bisogna aspettare gli anni ’70 per rivedere i primi cenni di una sua rivalutazione. Il libro del dottor Lester Grinspoon “Marijuana reconsidered” (1971) è il primo testo “moderno” a riesaminare in modo critico e senza pregiudizi la letteratura scientifica antica e recente.
Oggi la cannabis in molti Paesi sta avendo sempre più attenzione come trattamento per le patologie più disparate e i moderni metodi di indagine scientifica hanno permesso di convalidare molti degli effetti terapeutici scoperti in passato, trovandone di nuovi.

Contemporaneamente i suoi innumerevoli utilizzi industriali vengono sempre più apprezzati e sviluppati in ogni parte del mondo.

USO MEDICO

La canapa è medicina!

La cannabis è una sostanza naturale dalle numerose virtù terapeutiche. Parliamo di una pianta che contiene oltre 400 sostanze tra cui terpeni, flavonoidi e acidi grassi, oltre ai cannabinoidi, il componente principale. Fino ad ora ne sono stati individuati più di 100 e la loro particolarità è quella di legarsi al nostro sistema endocannabinoide, che produce sostanze molto simili a quelle delle cannabis ed ha recettori appositi, sparsi in tutto il corpo, che vengono attivati da queste sostanze.

Sono molti gli scienziati convinti che il futuro della medicina stia nello studiare questo sistema endocannabinoide, formato dai recettori e dagli endocannabinoidi prodotti dal nostro corpo, che regola attività del corpo come dolore, spasticità, umore, appetito e ansia.
Il THC è stato il primo cannabinoide ad essere stato isolato nel 1964 dal dottor Raphael Mechoulam, ha molte proprietà terapeutiche ed è l’unico ad essere psico-attivo, causando l’effetto di “sballo” che viene comunemente associato alla cannabis.

Tutti gli altri cannabionidi non sono psico-attivi ed hanno diverse caratteristiche ed effetti terapeutici. Negli ultimi tempi la ricerca scientifica si sta concentrando molto sul CBD, cannabinoide dalle virtù anti-dolorifiche ed anti-psicotiche, ma soprattutto anti-spastiche, esplorate in molte malattie neurologiche, soprattutto per uso pediatrico.

In Italia i farmaci a base di cannabis sono legali dal 2007, quando cioè l’allora ministro della Salute Livia Turco aveva riconosciuto tramite un decreto l’utilità in medicina del cannabinoide THC e dei suoi omologhi lasciando alle Regioni la libertà di recepire il decreto e metterlo in atto. E così oggi assistiamo a Regioni che hanno legiferato in materia, come Puglia e Liguria, che forniscono il farmaco a carico del sistema sanitario regionale ed altre che invece devono ancora depositare dei progetti in tal senso.
A livello nazionale la cannabis ed i suoi derivati sono acquistabili, dietro prescrizione medica, presso le farmacie che effettuano preparazioni galeniche ad un prezzo compreso tra i 25 ed i 35 euro al grammo; troppo per le tasche di pazienti che arrivano a spendere anche più di mille euro al mese per poter seguire i propri piani terapeutici. Attualmente importiamo la cannabis dall’Olanda, ma è in corso un progetto sperimentale di produzione anche in Italia, presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze che dovrebbe fornire la cannabis ad un prezzo più basso.

Il ministero della Salute Lorenzin a fine 2015 ha pubblicato un decreto per regolamentare la produzione di cannabis, stabilendo che nel nostro Paese può essere prescritta per l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale), il trattamento del dolore cronico, come antiemetico in casi di chemioterapia, radioterapia e terapie per HIV, come stimolante per l’appetito, come ipotensivo nel glaucoma e per la riduzione dei movimenti involontari nella sindrome di Tourette, sempre e comunque se le terapie tradizionali si siano dimostrate fallimentari. Spicca l’assenza di patologie come morbo di Parkinson, Alzheimer, epilessia, morbo di Chron e SLA, per citare le principali patologie per le quali ci sono studi scientifici pubblicati su riviste accreditate.

La cannabis si può assumere tramite decotti, ai quali vanno però aggiunti dei grassi per far in modo che i cannabinoidi, che non si sciolgono in acqua, facciano effetto; tramite estratti che possono essere ingeriti o usati come pomata; e tramite sigarette e vaporizzatori. Questi ultimi sono sempre più al centro dell’attenzione perché non sviluppano le sostanze tossiche create invece dalla combustione e il vapore che viene sprigionato permette di far assumere i principi attivi in maggior concentrazione.

Altri prodotti sui quali si stanno concentrando le aziende sono nuove genetiche di cannabis con alti rapporti di CBD rispetto al THC. Il CBD infatti, oltre alle virtù terapeutiche elencate sopra, contrasta gli effetti psico-attivi del THC, motivo per cui in America genetiche di questo tipo vengono fornite a pazienti particolarmente sensibili al THC, oppure ad anziani e bambini.

Ad oggi uno dei maggiori problemi per i pazienti, oltre all’alto costo del farmaco, è quello di trovare un medico che prescriva loro la cannabis. Si tratta fondamentalmente di un problema culturale: i medici infatti, in qualunque campo, completano la loro formazione senza mai trovare alcun cenno sulla cannabis in medicina. Ad ogni modo è una tendenza che si sta piano piano invertendo. Negli ultimi tempi intanto sono nati diversi organismi con dottori che si stanno specializzando in materia e, oltre a curare i pazienti, stanno iniziando a fare formazione scientifica sulla cannabis in medicina.

USO EDILE

Una casa fatta di canapa

Grazie ai materiali da costruzione naturali si può sviluppare una nuova edilizia, più in sintonia con l’uomo e attenta all’ambiente.
La bio-edilizia in Italia può essere una chiave per risollevare un settore importante per il nostro Paese in un momento di difficoltà, venendo incontro alle necessità di sviluppo sostenibile.

Dall’unione di canapulo, una parte legnosa dello stelo di canapa considerata come materia di scarto, acqua e calce, nasce infatti un materiale naturale che può essere impiegato nella costruzione di muratura alla stregua del cemento, sia indipendentemente che come riempimento in una struttura di legno a travi e pilastri e può inoltre essere utilizzato in forma di mattoni e come intonaco isolante.
E’ un materiale che nella modernità ha iniziato a diffondersi nell’industria edile intorno ai primi anni ’90, ma che viene utilizzato da centinaia di anni: nel sud della Francia, gli archeologi hanno infatti ritrovato un ponte costruito con un conglomerato di calce e canapa durante il periodo Merovingio, tra il 500 ed il 751 d.C.

Il bio-composto in canapa e calce si presta ad una vasta gamma di applicazioni, incluse quelle domestiche, commerciali ed industriali: da riempitivo per muri ad isolante per tetti, passando per intonaco isolante per muri esterni ed interni, fino ad arrivare all’uso come soletta e massetto isolanti per pavimenti.

Ancora più importanti sono le proprietà di questo materiale. Innanzitutto la sua capacità di isolamento: il bio-composito elimina infatti ogni forma di ponte termico isolando completamente la struttura, inoltre le costruzioni in canapa e calce hanno dimostrato di essere a tenuta d’aria, evitando così ogni perdita di calore dall’interno. Grazie alla capacità del canapulo di assorbire elevate quantità di vapore acqueo, i muri ed i pavimenti di un edificio a canapa e calce possono ‘respirare’ assorbendo l’umidità e successivamente rilasciandola attraverso l’evaporazione. Questa caratteristica evita lo sviluppo di umidità ed il relativo deterioramento all’interno del materiale, e favorisce la riduzione del livello di umidità all’interno dell’edificio. L’effetto complessivo è un ambiente più salubre e naturale, che necessità di un minore utilizzo di riscaldamento in inverno e di raffreddamento in estate, abbattendo in questo modo le bollette energetiche. Ha inoltre ottime capacità per quanto riguarda l’isolamento acustico, di resistenza agli incendi senza l’aggiunta di sostanze tossiche ritardanti di fiamma e di protezione dalle infestazioni.
Altra importante caratteristica è la capacità della canapa di sequestrare CO2 dall’atmosfera. Parlando di bio-edilizia si potrebbe ricordare come l’edilizia tradizionale incida per il 30/40% sulle emissioni totali di CO2 e come invece tutta la filiera di produzione di calce e canapa sia carbon negative, cioè tolga più CO2 dall’ambiente di quanta ne verrebbe immessa lavorandola. Si stima che una tonnellata di canapa secca possa sequestrare 325 kg di CO2. L’università di Bath ha calcolato che al netto delle emissioni di trasporto e lavorazione, un metro quadro di muratura in canapa e calce ha sequestrato 35 chilogrammi di CO2.

Infine va ricordato che si tratta di materiali bio-degradabili, che, alla fine del loro utilizzo, possono essere riutilizzati semplicemente re-impastandoli per ricreare la giusta miscela.

USO TESSILE

Indossa la canapa!

Il tessuto per abbigliamento, arredamento, corde e tappeti, si ricava dalla fibra lunga della pianta di canapa. Quella che ci aveva reso primi al mondo per qualità della nostra canapa, era proprio la fibra, dalla quale si ottenevano ad esempio corde e vele per le navi, ma anche corredi per le spose, biancheria, tende e rivestimenti per materassi e poltrone.

La stessa fibra tessile che in passato era considerata “oro verde“: un prodotto dal forte valore aggiunto lavorato in modo artigianale, che garantiva la maggior parte degli introiti di chi lavorava la canapa. La successiva diminuzione delle coltivazioni ha purtroppo impedito, tra le altre cose, anche il passaggio da una lavorazione artigianale a quella industriale meccanizzando i processi di lavorazione come la macerazione o la pettinatura successiva. Il risultato è che oggi in Italia, non c’è la possibilità di produrre tessuto di canapa e quello a disposizione viene importato dall’estero, soprattutto Cina ed Europa dell’est.

Se pensiamo che il cotone è una delle colture più inquinanti del pianeta, mentre la canapa non necessita quasi mai di diserbanti o fitofarmaci, avremmo una ragione in più per andare in questa direzione, nonostante sia un investimento non indifferente. Immaginiamo però il valore che potrebbe avere una canapa made in Italy, coltivata con nostre genetiche, che dia vita a capi di vestiario fatti in Italia.

Come tessuto, grazie alla sua fibra cava, la canapa rimane fresca in estate e calda in inverno.

Ha proprietà antibatteriche e antifungine ed è in grado di assorbire l’umidità del corpo tenendolo asciutto; inoltre assorbe i raggi infrarossi e gli UVA fino al 95%.
La resistenza agli strappi è tre volte maggiore a quella del cotone e tra le fibre naturali è quella che meglio resiste all’usura.

USO CARTA

La carta? Meglio se è di canapa!

L’uso della fibra di canapa per produrre carta risale a più di 2mila anni fa anche se attualmente, solo il 5% della carta mondiale viene fatta da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta ricavata dalla canapa ebbe un ruolo preminente: le prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta così come la bozza della dichiarazione d’indipendenza americana. Ma anche le opere dei grandi pittori, come ad esempio molte di quelle di Van Gogh, furono realizzate su tele di canapa.

Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: sia per la sua enorme produttività in cellulosa (la canapa secca contiene almeno il 60% di cellulosa invece del 40/50% del legno ed è una pianta annuale, al contrario di alberi che crescono in decenni), sia per la bassa percentuale di lignina. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile, mentre i composti chimici utilizzati per sbiancare e trattare la carta ottenuta della fibra di legno, sono dannosi.

La possibilità della canapa nasce quindi da un forte motivo ambientale, oggi che tutte le foreste primarie d’Europa, e la maggior parte di quelle americane, sono state distrutte anche per produrre la carta.

Secondo un articolo scritto da Van Roekel nel 1994 per l’IHA (International Hemp Association), prima della riscoperta europea della canapa industriale negli anni ’90, la fibra di canapa allora prodotta era usata al 95% per carta e prodotti derivati. Ma a causa dell’alto prezzo della polpa di canapa, allora 5 volte più alto di quella di legno, le applicazioni erano limitate a filtri tecnici, banconote, e carta per produrre le sigarette industriali, unico vero mercato per la polpa di canapa. Più del 90% della polpa di canapa, mescolata con pasta di lino, è assorbita da questo mercato, rimasto relativamente stabile nel corso degli ultimi decenni.
Quando l’euro è stato introdotto nel 2002 abbiamo perso una grande opportunità: invece che usare cellulosa di cotone proveniente dagli Stati Uniti, avremmo potuto utilizzare lino e polpa di canapa europei per produrre le banconote: sarebbe stato più rispettoso dell’ambiente e avrebbe portato grandi benefici alla nostra economia.

USO ALIMENTARE

Non mangiare la foglia, mangia la canapa!

I semi di canapa sono in assoluto uno degli alimenti più completi che esista al mondo.
Sia i semi, sia l’olio che si ricava spremendoli a freddo, sono infatti considerati un “vaccino nutrizionale” perché se assunti con continuità, fortificano contro gli stimoli aggressivi che possono arrivare dall’esterno.
Si possono consumare in aggiunta allo yogurt, a minestre, zuppe, salse, pesti e insalate, oppure con la farina che se ne ricava per preparare biscotti, torte, pane ed altre leccornie.

Ecco i principali buoni motivi per consumarli:

1. Contengono oltre il 25% di proteine composte da amminoacidi essenziali, ottimi quantitativi di vitamine (A, E, B1, B2, C, PP…) e minerali (ferro, calcio, magnesio, potassio, fosforo)

2. I semi di canapa contengono alti livelli di vitamina E, che è uno degli antiossidanti più importanti, oltre al tocoferolo e al fitolo.
3. Alcuni studi suggeriscono che i semi e l’olio di canapa possano aiutare ad abbattere il colesterolo e prevenire problemi causati dal colesterolo alto
4. Uno studio pubblicato nel 2005 ha concluso che i benefici riguardo a colesterolo e pelle sono dati dalla “fornitura equilibrata e ricca di PUFA (acidi grassi polinsaturi) in questo olio di canapa”, che può essere usato come un unguento antinfiammatorio in caso di arrossamenti cutanei e dermatiti.
5. L’olio di canapa contiene in rapporto 3:1 i due grassi essenziali Omega – 6 e Omega -3. Questo è il rapporto ideale raccomandato dall’OMS per la salute cardiovascolare. Nessun altro dado o olio vegetale li contiene in questo rapporto.

6. Uno studio pubblicato nel 2007 ha concluso che i semi di canapa possono impedire la coagulazione del sangue, che “può essere di beneficio nella protezione contro i colpi di coagulo indotti dall’infarto”. Un altro studio ha concluso che i semi di canapa possono offrire una protezione significativa contro l’ictus. Infine l’American Chemical Society ha concluso che “possono avere implicazioni nutrizionali favorevoli ed effetti fisiologici benefici sulla prevenzione delle malattie coronariche e il cancro”.
7. La stessa analisi ha concluso che il livello di Omega – 6 “fornisce un elevato valore farmaceutico per le malattie croniche degenerative”. Secondo gli autori tra queste si possono includere aterosclerosi, malattie cardiovascolari e morbo di Alzheimer.

8. I semi di canapa contengono una varietà di steroli e alcoli che sono noti per ridurre le infiammazioni.
9. Se assunti con continuità, olio e semi di canapa migliorano il metabolismo basale, aiutando a rafforzare il sistema immunitario.

10. Grazie alle loro capacità anti-infiammatorie, olio e semi possono aiutare a combattere alcune patologie infiammatorie del sistema respiratorio.

USO COSMETICO

Canapa per il corpo

L’olio ad uso alimentare, per le sue proprietà benefiche, è utilizzato anche in cosmetica per creare una serie di prodotti per tutto il corpo che spaziano da bagnoschiuma alle creme anti-età, per arrivare a dopobarba, e intere linee di prodotti per l’igiene personale.

Nella letteratura erboristica la canapa è usata come elasticizzante cutaneo, rassodante e nutriente grazie ai suoi acidi grassi polinsaturi Omega-3 e Omega-6. L’estratto dei semi contiene anche vitamina E, che contrasta formazione di radicali liberi e l’effetto della canapa è aumentato dalla combinazione con altre piante che stimolano la produzione di collagene ed elastina.

È poi importante notare che i nuovi studi scientifici descrivono le rughe come micro infiammazioni della pelle e quindi le piante con proprietà antinfiammatorie e anti radicali liberi, come canapa e calendula, sono in grado di ridurne sinergicamente la formazione.

I grassi acidi essenziali presenti in media tra il 60 e il 75% del totale gli conferiscono proprietà antinfiammatorie e rigeneranti, che aiutano per il trattamento e la prevenzione di malattie della pelle come ad esempio l’eczema; pubblicazioni scientifiche ne supportano l’uso in condizioni di pelle secca come psoriasi e xerosi ed è inoltre utile per mitigare le irritazioni cutanee e per evitare o ridurre la formazione di cicatrici. Può essere usato anche localmente in caso di arrossamenti cutanei applicandolo localmente e massaggiando la parte interessata, oppure sui capelli ancora umidi, come impacco rivitalizzante (lasciare in posa almeno 10 minuti).

Come andrebbe di moda dire nel mondo pubblicitario legato ai prodotti per la cura della pelle, è un perfetto anti-aging naturale e si inserisce a pieno diritto nei lipidi vegetali con qualità funzionali ai fini del mantenimento del buono stato di salute della pelle.
È un prodotto che la pelle assorbe velocemente e, al contrario di altri tipi di olio, non è appiccicoso al tatto e non lascia tracce di unto, tanto che molte donne dicono di usarlo come base per il trucco.

È lenitivo, tonificante, riequilibrante e nutriente. È un ottimo prodotto sia puro, sia mescolato con oli essenziali.

USO PLASTICA

La canapa è plastica!

A partire dalla canapa è possibile produrre una bio-plastica, del tutto naturale, bio-degradabile e compostabile che potrebbe competere con il prezzo dei materiali derivati dal petrolio ad oggi utilizzati, ma che avrebbe migliori caratteristiche di resistenza e leggerezza.

Esistono già diverse bio-plastiche realizzate con cellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale.

L’industria automobilistica è uno dei principali utilizzatori di questo prodotto, che permette di realizzare automobili più leggere e prestanti, ma anche il settore degli imballaggi, ad esempio, sta prestando molta attenzione a questo tipo di materiali. In Cina (attualmente uno dei più grandi produttori di bio-plastica di canapa), vengono già prodotti oggetti di uso quotidiano come ad esempio le custodie dei cellulari mentre altri ambiti applicativi spaziano dall’arredamento all’elettronica di consumo, passando per occhiali e giocattoli, dove la canapa ha il grande vantaggio, rispetto alla plastica, di essere completamente atossica.

Altro settore in grande espansione è quello della stampa 3D, dove sono stati presentati i primi filamenti a base di canapa per questo tipo di stampa.

La canapa è quindi la coltivazione più efficiente per l’industria della plastica eco-sostenibile ed è in grado di integrare o sostituire materiali plastici di nuova generazione come il PLA (acido polilattico), il PHA e il PBS, polimeri derivati da mais, grano o barbabietola e utilizzati per la produzione di plastiche biodegradabili e compostabili.

Un recente rapporto del World Economic Forum (WEF) spiega che attualmente ci sono 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani, andando avanti senza modificare i modelli produttivi attuali nel 2025 per ogni tre tonnellate di pesci vi sarà una tonnellata di plastica. Entro il 2050, invece, la plastica avrà superato in peso la fauna marina

USO CARBURANTE

Combustibili in canapa: dal bio-diesel al pellet

Con il termine bio-massa, dal punto di vista energetico, intendiamo tutte le sostanze di origine biologica in forma non fossile che possono essere sfruttate come fonti di energia.

Oltre che come bio-plastica, la canapa può essere infatti utilizzata come bio-carburante, una fonte sostenibile e naturale di combustibile. La famosa Hemp Body Car creata da Henry Ford nel 1941 era infatti un’automobile con la scocca realizzata interamente in bio-plastica di canapa ed alimentata ad etanolo ottenuto sempre da questa pianta.

Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti la canapa è il produttore di combustibile da bio-massa che richiede meno specializzazione sia nella coltivazione, sia nella trasformazione di tutti i prodotti vegetali.

Gli idrocarburi in canapa possono essere trasformati in una vasta gamma di fonti di energia da biomassa, dal pellet ai combustibili liquidi e a gas. Ovviamente lo sviluppo dei bio-carburanti potrebbe ridurre significativamente il nostro consumo di combustibili fossili e l’utilizzo di energia nucleare.

La canapa può fornire due tipi di carburante: bio-diesel, ottenuto a partire dall’olio che si ricava dalla spremitura di semi di canapa ed etanolo o metanolo ottenuto dalla fermentazione dello stelo.
L’idea di utilizzare olio vegetale come combustibile risale al 1895 quando il dottor Rudolph Diesel presentò il suo motore all’Esposizione Mondiale di Parigi nel 1900; questo primo esempio utilizzava come combustibile l’olio di arachidi.
Il bio-diesel è l’unico carburante alternativo che rispetta i principi di combustione convenzionali: non sono infatti necessarie modifiche agli attuali mezzi di circolazione; può essere utilizzato ed immagazzinato come il petrolio, ma è più sicuro da trasportare in quanto è interamente biodegradabile. È un carburante ampiamente testato con più di 20 anni di utilizzo in Europa e inoltre contiene un 11% di ossigeno, in peso, e non contiene zolfo. È in grado di prolungare la vita dei motori diesel, perché è più lubrificante e migliora anche il consumo di carburante, la potenza di uscita e la coppia del motore.

Studi della University of Connecticut (condotti nel 2010 dal team del prof. Richard Parnas) ne hanno inoltre mostrato l’elevato efficiente di conversione (il 97% dell’olio di canapa è infatti, trasformato in biocarburante) e la possibilità di impiegarlo a temperature più basse rispetto agli altri biodiesel in commercio.

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