lunedì 26 febbraio 2018

Fango



L'industria della carne ha provocato, fra gli statunitensi, più morti di tutte le guerre di questo secolo. Se la carne è la vostra idea di "cibo vero per gente vera", farete meglio a vivere in un luogo veramente vicino a un ospedale veramente efficiente.
(Neal D.Bernard, presidente del "Comitato Medico per una Medicina Responsabile", USA)



L’ibridazione genetica tra Umani e altri Animali, realizzata anche recentemente da alcuni scienziati, ci costringe a porci non poche domande sul rapporto tra noi e il “diverso”.
Ho provato a immaginare la risposta a queste domande nel racconto Fango. In un vicino futuro, in una città molto simile a Milano, si muovono esseri non del tutto umani. Quale sarà il loro ruolo nella società di domani? Con quali occhi li guarderemo?

Yuri Bautta

Fango

La città di Nord-al-Baqri si estende dalle alture fumanti di Al-Alpì fino alla pianura riarsa di Levante, così detta perché da sopra quell’oceano rovente di detriti si potrebbe vedere, se l’aria non fosse nera, il sole ogni mattino. Uno dei quartieri che la compongono si chiama B-Milano e, fino a trent’anni fa, secondo l’archivio dei clan, costituiva una città a parte. Fu amata da Stendh-Al, un celebre poeta del passato dai gusti romantici e macabri, le cui opere, naturalmente, sono andate distrutte. Al centro di questa zona nera, un grosso canale di scolo, o naviglio, riceve i residui fangosi dei termoconvertitori, che dai rifiuti umani ricavano cibo di buona qualità ed energia per la refrigerazione. Proprio a ridosso del naviglio sorge il Paradiso della Carne di Abdullah Al-Bramb-Ilah. È composto dai magazzini dove ogni giorno l’elettrotreno compie le operazioni di scarico, da uno spiazzo per le contrattazioni del martedì e dagli uffici amministrativi.
Sono quasi le cinque del pomeriggio, ora di chiusura del Paradiso della Carne. La signora Fatima ripone le fatture dei grossisti nell’apposita sezione dello schedario e chiude la contabilità con un gesto preciso delle ciglia. La signora Fatima è responsabile dell’amministrazione per conto del signor Abdullah fin dal 2054, in pratica si può dire che sia invecchiata insieme all’azienda. È molto meticolosa, soprattutto il giovedì. Detesta trovare l’ufficio in disordine il sabato successivo alla ripresa del lavoro. Il signor Al-Bramb-Ilah entra nell’ufficio con un panino in una mano. Alla bella età di un secolo ha ancora un ottimo aspetto, anche se i capelli sulle tempie sono grigi e la cima del cranio sembra una scultura di mogano levigato.
“Vada pure, Fatima,” dice masticando, “ormai non dovrebbe venire più nessuno.”
“Sì, signore,” risponde la vecchia impiegata, “volevo terminare di fare ordine nell’archivio. Lo sa, come amo la precisione.”
“Senta, è da stamattina che glielo volevo chiedere: è per caso un giorno speciale, oggi? Non l’ho mai vista così elegante. Il suo burqa è molto grazioso.”
“Oh, signor Al-Bramb-Ilah,” dice lei al monitor interno del suo burqua di colore celeste con ricami lilla, “sono contenta che l’abbia notato. In effetti è il compleanno del mio nipotino.”
“Se è così, vada pure. Qui ci penso io. Buon venerdì.”
“Buon venerdì,” dice Fatima nel microfono del burqa, “e grazie, signor Al-Bramb-Ilah.”
Si posiziona il filtro tracheale, accende l’impianto di refrigerazione del burqa ed esce nell’aria irrespirabile. Il signor Abdullah finisce il panino, spegne i terminali e si accinge ad uscire dall’ufficio. Ma, un istante prima, dalla vetrata vede entrare sul piazzale un uomo. Deve trattarsi di un cliente. Il signor Abdullah si sistema la tuta refrigerante all’ultima moda guardandosi in uno specchio, inghiotte il filtro tracheale, indossa la calotta in lattice sul capo ed esce sul piazzale. Il cliente ha una tuta arancione di vecchio modello, ma dai modi e dal portamento sembra un benestante.
“Benvenuto al Paradiso della Carne, signore! Se cerca un articolo per la famiglia o per la cena aziendale, il Paradiso della Carne è il posto giusto per lei. Qui troverà un vastissimo assortimento. È fortunato ad averci trovati aperti, perché in effetti chiudiamo alle cinque. Ma per lei, signore, il mio magazzino è a sua disposizione finché non avrà trovato l’articolo che fa al caso suo!”
“Grazie,” dice il cliente guardandosi intorno, “veramente è per l’anniversario di nozze. Vorrei allestire una cena per tutta la famiglia e pensavo di acquistare…”
“Non dica di più, signore! Comprendo perfettamente! Se vuole seguirmi, signore, da questa parte, prego.”
Il magazzino, come lo chiama il signor Al-Bramb-Ilah, è in realtà un vetusto capannone di cementite chiuso su tre lati. Addossate alle pareti, le gabbie sono disposte su più file orizzontali e sembrano occupare tutto lo spazio disponibile. Al centro, uno stretto passaggio si snoda tra paurosi mucchi di escrementi e altri rifiuti fangosi la cui natura è insondabile. La fioca luce di tre o quattro plafoniere giallastre permette appena di intravedere le figure che gemono e brontolano miseramente, al riparo delle sbarre di gabbioni che hanno conosciuto molto bene l’effetto dell’ossidazione.
I due personaggi, il signor Al-Bramb-Ilah e il suo cliente, si aggirano nell’aria nera. Le loro teste inguainate nel lattice refrigerante brillano alla luce delle plafoniere come candele fluttuanti in quello spazio enorme. Finalmente, il titolare si ferma e protende una mano guantata ad afferrare una gabbia.
“Ecco, signore,” dice col suo migliore sorriso, “due esemplari appena arrivati dall’allevamento di F-Como, quartiere famoso per l’ottima qualità dei prodotti. Noterà la perfezione degli articoli: articoli eccellenti, magnifici!”
Una volta messa in luce, la gabbia rivela il suo contenuto, sotto forma di due bimbetti terrorizzati di circa cinque anni d’età. Quasi ricoperti di fango, si abbracciano l’un l’altro, nonostante il calore tremendo, per infondersi un po’ di coraggio.
“Vede, sono leggermente ricoperti di sudore. Ma capirà, signore, che non possiamo permetterci un impianto di refrigerazione nel magazzino. Figuriamoci, già si vende con un margine minimo, praticamente a prezzi di ingrosso…”
“Sì, sì, capisco,” dice il cliente osservando avidamente i due bimbi come se volesse accertarsi di non essere imbrogliato dal commerciante circa l’assenza di difetti fisici. “E cosa mi dice sull’età?”
“Oh, sono assai giovani entrambi. Sì, perché sono gemelli. La più bella coppia di articoli di allevamento che si siano mai visti! Appena tre anni, signore, e la loro carne, le assicuro, è burro!”
“Mi sembravano più vecchi. Il prezzo?”
“Signore, solo perché è l’ultimo cliente di oggi, signore, venticinque mondi l’uno. Signore, sono regalati.”
“Non direi! A me sembrano un po’ cari. È sicuro che siano di allevamento?”
“Signore!”
“Non si sa mai. Sono molto fiscale su queste cose.”
“Signore, lei mi offende!” esclama il signor Al-Bramb-Ilah. “Accusarmi di contrabbandare bambini naturali! Andiamo!”
“Va bene, va bene. Ne prendo uno. Però non le darò più di diciotto mondi. Ed è già tanto.”
Dopo questa richiesta insultante, il signor Al-Bramb-Ilah è più volte sul punto di svenire per l’indignazione, ma dopo la giusta dose di contrattazioni accetta il prezzo (comunque, a suo dire, al di sotto del valore dell’articolo) di ventuno mondi e mezzo. Infila una mano nella gabbia per afferrare il braccio di uno dei due bimbetti. Egli, sentendo che qualcuno lo strappa all’abbraccio del fratello, troppo terrorizzato per emettere suoni, si limita a spalancare la bocca e gli occhi. L’altro invece prende a strillare e a piangere disperatamente.
“Vivo o morto?” domanda il buon signor Al-Bramb-Ilah dopo avere richiuso la gabbia e avere tentato, senza riuscirci, di zittire l’altro bambino con un calcio. Anzi, il pianto del prigioniero della gabbietta è imitato quasi all’unisono dagli altri reclusi nell’immenso capannone.
Gridando per farsi sentire in quel frastuono, il cliente comunica al signor Al-Bramb-Ilah che desidera provvedere lui stesso alla macellazione, grazie.
I due escono dall’infernale magazzino trascinando i piedi nel fango che regna sovrano; il denaro cambia proprietario, si stringono la mano guantata e il cliente si allontana con un voluminoso sacco sulla spalla, che non la smette di agitarsi in modo convulso.
Ma mentre il buon signor Al-Bramb-Ilah si accinge a chiudere il cancello di ghisa del magazzino, felice per quell’ultima inaspettata vendita, qualcuno lo osserva da dietro un cumulo di bidoni pieni di fango e detriti. Non è un disperato alla ricerca di qualche spicciolo, perché nella mano stringe una pistola. Subito prima che il vecchio commerciante si volti per uscire dal Paradiso della Carne, in due salti gli è alle spalle. Solleva l’arma e la punta alla nuca del signor Al-Bramb-Ilah.
Uno sparo echeggia sopra la distesa di rifiuti macinati che circonda il Paradiso della Carne e il bordo del naviglio. L’assassino, che indossa un paio di vecchi scarponi militari, si allontana di corsa e scompare in fretta tra le baracche di ferro arrugginito del centro di B-Milano.

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