venerdì 29 aprile 2016

Diamo a Cesare ciò che è di Cesare: ringrazio a nome di tutti gli italiani l’on. D’Incà.


Diamo a Cesare ciò che è di Cesare: ringrazio a nome di tutti gli italiani l’on. D’Incà.



“La Cultura è come la marmellata: meno la si ha più la si spalma”.
murales all’ingresso della facoltà di Lettere e Filosofia alla Sorbonne di Parigi, 1968.

di Sergio Di Cori Modigliani

Una vicenda che aveva finito per ammalarmi, letteralmente. Qualche mese fa, ero stato preso da un improvviso crollo psico-fisico, perché avevo visto il video ufficiale della seduta formale della Commissione Cultura alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano, aperta e gestita, come da norma, dal suo Presidente in carica. Il punto è che, essendo stato -il tale Presidente- indagato, poi arrestato, in seguito processato, e infine condannato (reo confesso: ripeto a scanso di equivoco: reo confesso, su patteggiamento per evitare il carcere duro) la seduta si svolgeva su skype per consentire al Presidente di aprirla dal suo arresto domiciliare coatto, dove era costretto in ottemperanza agli obblighi di Legge: la lussuosa villa veneta acquistata, ristrutturata e arredata con danaro pubblico dei contribuenti veneti che lui -come ha raccontato nella sua piena confessione scritta e archiviata- aveva deliberatamente e consapevolmente rubato.

Il Presidente si era rifiutato di dimettersi dichiarando con allarmante sincerità che non vedo proprio la ragione per cui dovrei rinunciare alla mia diaria.

Nel seguire questa vicenda che non ha mai interessato nessuno, quel mattino mi ero accorto che dentro di me la rabbia, lo sdegno scandalizzato, lo sconforto e il senso di impotenza civica erano confluiti dentro la mia mente in unico rivolo. E mi era venuta la febbre alta. Una volta recuperate le forze fisiche, avevo cominciato a seguire la vicenda cercando di informarmi. Ho appurato, nel corso di questa mia modesta investigazione personale, che le cose stavano molto ma molto peggio di quanto non pensassi. “E’ un ordine di Berlusconi: Galan va salvaguardato” dichiaravano con allarmante chiarezza quelli di Forza Italia e della Lega Nord: entrambi hanno fatto quadrato per garantire al ladro una copertura di status. Anche la sinistra si è distinta per la sua totale indifferenza. E gli strateghi della Cultura Stracciona left -il ministro dei Beni Culturali Franceschini in testa- si erano rifiutati formalmente di essere latori di una petizione parlamentare presso il Presidente della Repubblica per chiedere l’immediato decadimento da ogni funzione del deputato-presidente-ladro.

Un’unica figura parlamentare si è distinta da tutti i suoi colleghi, nessuno dei quali potrà mai essere né capito, né giustificato, né compreso dal sottoscritto. Si chiama Federico D’Incà, deputato nel gruppo MoVimento 5 Stelle nella circoscrizione di Belluno, già capogruppo alla Camera. Intervistato da una televisione locale veneta aveva dichiarato: “Sono scandalizzato tre volte: come parlamentare prima di tutto, come cittadino comune italiano e come veneto. Quindi, mi impegnerò tre volte più della norma”. Era stato addirittura ridicolizzato da altri colleghi di partiti diversi che lo additavano definendolo un ossessivo maniacale.

Ha mantenuto la sua promessa. Ed è giusto, in un paese come questo, rendergliene atto e merito.

Chi segue da tempo questo blog sa che non ho mai fatto personalismi e detesto la faziosità a sostegno di questa o quella parte. Ma qui, per me, si tratta davvero di un fatto personale, perché la Cultura è una dimensione dell’esistenza che appartiene alla mia persona civica e alla mia scelta esistenziale. L’idea che un ladro condannato in via definitiva per corruzione aggravata, appropriazione indebita, falso e truffa nei confronti dello Stato, decida dove, come e quando devono essere investiti i soldi dei contribuenti da destinare alla Cultura mi riempie di sgomento misto a disgusto. Quindi diventa un caso personalissimo: ne va della mia salute. E vorrei invitare i lettori e l’intera popolazione a fare in modo di considerarla anche loro una questione personale: è la strada spiritualmente migliore e certa per sfuggire al cinismo, all’indifferenza, alla passività, alla depressione sociale che impediscono la genesi della necessaria rivolta collettiva nazionale contro il sistema generalizzato della corruttela di Stato.

E’ possibile cambiare. Se si vuole, si può.

Qui di seguito, condivido con voi la dichiarazione ufficiale dell’onorevole D’Incà che ieri pomeriggio ha comunicato al pubblico ciò che è accaduto. Da notare che nessuna emittente televisiva ha dato la notizia. Capisco Mediaset che tuttora lo difende e lo sostiene, capisco Fratelli d’Italia e la Lega Nord che hanno detto ai loro impiegati nelle televisioni di censurare il fatto. Ma la Rai? Io sono obbligato a pagare il canone, e il servizio pubblico -da cui il nome- in cambio dei miei soldi è costretto a fornire le notizie che sono pubbliche. Vogliamo ricordarlo?

Sostiene l’onorevole Federico D’Incà:
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“Giancarlo Galan è stato condannato in via definitiva e finalmente il Parlamento oggi ha potuto votare la decadenza dalla carica di parlamentare dell’ex Presidente della Regione Veneto.
Ancora oggi in aula, negli interventi di alcuni gruppi come Forza Italia si sono cercati appigli per salvare Galan passando per la sovranità popolare come punto di difesa nei confronti della legge Severino che sarebbe valevole solo per gli amministratori e non per i parlamentari, oltre a chiamare: violazione della costituzione e del parlamento, la condanna in via definitiva a 2 anni e 10 mesi di un cittadino italiano.
Ognuno di voi, con queste poche righe, deve comprendere che nel Parlamento italiano vi sono uomini e donne che sono estranei e lontane da ogni logica di buon senso e che difendono l’indifendibile perché hanno il timore di seguire le orme di Galan.
In questi mesi mi sono battuto per arrivare a questo risultato con lettere ad ogni carica dello stato e richieste sia perché a Galan fosse tolta la presidenza della Commissione Cultura, sia perché a quest’uomo, condannato in via definitiva, fosse tolto lo stipendio, ripeto: stipendio dato ad un condannato.
Italiani (ed in particolare mi rivolgo ai miei concittadini veneti), oggi è un giorno di festa, un giorno dove le campane vanno suonate a festa perché il MoVimento 5 Stelle, con caparbietà e costanza, ha ottenuto un altro risultato storico: abbiamo fatto rispettare la legge Severino e cacciato dal parlamento quello che è un condannato in via definitiva, Giancarlo Galan.
Fine della storia”.

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