Il mito dell’educazione scolastica, dell’istruzione, è stato costruito molto abilmente, sfruttando l’ingenuità delle masse e la loro facile inclinazione alla superstizione.
Poiché i re e i sacerdoti dell’antichità avevano come prerogativa quella di saper leggere e scrivere, di conoscere parole strane (che essi stessi inventavano o riformulavano a proprio vantaggio), le masse hanno creduto che per innalzarsi e liberarsi della schiavitù bisognasse educarsi, istruirsi, saper leggere e scrivere come i re e i sacerdoti, mettersi a pari con questi nella conoscenza dei termini, financo nella pronuncia, e tutti attenti a pronunciare quei termini proprio come li pronunciava il despota di turno, il padrone, il generale, il prete! Difficile far capire al servo che il voler somigliare al padrone è la sua prima autentica disgrazia. Anche nell’Ottocento è andata in questo modo, quando i lavoratori analfabeti pensavano di emanciparsi imparando anche loro il linguaggio forbito e burocratico usato dal padrone borghese. Il potere ne approfittò, e incitò le masse a istruirsi, illudendole, dicendo loro che in quel modo avrebbero potuto emanciparsi, acquisire persino poteri sovrannaturali (è successo nel primo Seicento) per distinguersi così dalla plebaglia schiava. Sappiamo oggi che non andò in quel modo. Ma ancora oggi la gente crede che l’educazione di massa obbligatoria sia un dono fattole dal potere per liberarla dal giogo del potere stesso (viviamo in un paradosso). Ma l’istruzione era ed è in verità un’altra cosa, come molti pedagogisti attenti sanno bene: è un programma occulto che addestra all’obbedienza, alla reverenza nei confronti delle autorità, del nazionalismo, delle divisioni, dei confini, della competizione, delle gerarchie… Oggi più di ieri, mentre tu impari a leggere e a scrivere (così da saper decodificare gli ordini e le istruzioni del potere che invece dovresti ignorare), l’educazione ti fa diventare un bravo servo obbediente, un produttore di produzione, acquiescente con tutte le autorità, e terribilmente cattivo nei confronti del tuo simile, perché essere cattivo nei confronti del tuo simile ti fa credere di essere diventato finalmente la copia esatta del tuo padrone. E in effetti lo sei diventato! Sicché quel padrone che tu prima detestavi, chiamandolo giustamente ‘pezzo di merda’, ora vive in te, sei te!
Cloud’s Walden
Fonte: La Locomotiva
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