giovedì 16 febbraio 2017

Coca Cola, banane e mitra: la lista della spesa





Squadroni della morte: gruppi armati (molto spesso paramilitari) che hanno lo scopo di spalleggiare o instaurare regimi oppressivi basati sulla repressione dei popoli tramite omicidi, spostamento forzato di civili, sequestri, stupri, torture e reclutamento illecito di persone.

Uno strumento molto caro alle multinazionali, utilizzato sopratutto in sud america, che assoldano questi gruppi per assicurarsi il controllo delle zone colonizzate o per ragioni di sicurezza personale, al fine di sedare le proteste di quei popoli espropriati delle terre poi convertite in monocolture intensive o allevamenti.
Gruppi armati e relativi atti di violenza direttamente finanziati con i soldi del consumatore che, come sempre, rappresenta la fonte economica indispensabile alle multinazionali per condurre i propri interessi.
Consumatori che in questo modo diventano complici inconsapevoli della repressione subita dai popoli e della deforestazione provocata dalle opere di land-grabbing che accompagnano queste operazioni.
La Colobmia, dove l’utilizzo degli squadroni della morte da parte delle multinazionali è una pratica usuale da oltre 20 anni, è uno dei paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno.
Tra le prime aziende ad usufruirne non può che figurare la Coca Cola, che nel 2002 licenziò 8 lavoratori impiegati in uno stabilimento panamense perché avevano lottato allo scopo di ottenere migliori condizioni di lavoro, successivamente assassinati insieme ad altre 1800 persone iscritte a sindacati.
Nel 2010, invece, l’azienda colombiana Daabon, fornitrice di marchi del finto biologico come Rapunzel e Allos, ha estirpato le coltivazioni di cacao e mais di 123 famiglie, cacciate da quelle zone grazie alla costante presenza delle forze armate, per poter incrementare le proprie monocolture per la produzione di olio di palma.
Una tecnica utilizzata tutt’ora anche dalla multinazionale italo/spagnola Poligrow, sempre per incrementare la presenza di monocolture di palme da olio.

Ma a fare notizia ultimamente sono Dole, Chiquita e Del Monte, tre delle principali multinazionali tra le 200 compagnie coinvolte nel commercio di banane, che tra il 1996 e il 2004 hanno assoldato gruppi armati contribuendo anche all’acquisto e al trasporto di 3.400 fucili AK47, e di casse contenenti 4 milioni di munizioni.
Un pizzo versato dalle multinazionali ai mercenari locali allo scopo di garantirsi una protezione che potesse sedare sul nascere le proteste dei popoli espropriati delle terre un tempo abitate.
Popolazioni indigene che rappresentano l’ultimo baluardo a difesa della Terra e che in Colombia sono soggetti a persecuzioni e omicidi: fino ad oggi sono 119 i difensori dei diritti umani ad esser stati assassinati.
L’ultima vittima, l’11 febbraio scorso, è stata Yoryanis Isabel Bernal Varela, attivista per la libertà dei popoli indigeni appartenente alla tribù Wiwa della Sierra Nevada, anche lei uccisa nel corso di un’azione condotta da squadroni della morte.

Una repressione figlia del capitalismo, capitalismo che è l’espressione massimizzata di quella cultura del dominio che è alla base di ogni forma di prevaricazione ambientale, animale, sociale.
La demolizione di ogni forma di dominio, mentale e materiale, è l’obiettivo principale della lotta antispecista, in quel percorso verso la liberazione animale, umana, della Terra che non deve trascurare nessuna vittima di sfruttamento.
Consapevolezza, di se e di ciò che accade nel mondo, delle conseguenze che ogni propria scelta quotidiana possono avere sui delicati equilibri ambientali, sulla libertà della Terra e di chi la abita, perseguitato/a e schiavizzato/a per ragioni di business.
Questo è l’aspetto che distingue “l’alimentazione a base vegetale” dall’essere vegan, perché un qualsiasi elemento ottenuto tramite sfruttamento ambientale, animale, umano non si può definire tale, anche se di origine vegetale.
Perché la lotta che si conduce non è funzionale ad un proprio benessere personale o alle proprie comodità, ma punta alla liberazione di ogni vivente iniziando da quella del pianeta che ci ospita: quella Terra che offre ospitalità a tutti/e senza chiedere nulla in cambio.

Fonte: Earth Riot

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