domenica 16 aprile 2017

Olmo – I paladini del benessere animale



Riflessione necessaria e quanto mai doverosa quella ricevuta da Olmo, che fa un po’ di chiarezza sul sensazionalismo che in queste ultime settimane circonda e sostiene una trasmissione televisiva (strumento del sistema che manipola le informazioni a seconda dei
propri interessi) che contribuisce ad allargare quel baratro welfarista nel quale si stanno perdendo le istanze della lotta per la liberazione totale.
L’ennesima espressione di informazione parziale e fuorviante che consegna all’opinione pubblica una visione distorta di quella che dovrebbe essere realmente la lotta antispecista, dando così valore e credito a quelle politiche dei “piccoli passi” che in realtà paralizzano il processo di liberazione animale, senza intaccare in alcun modo il sistema specista.
Ma se un tale approccio da parte dei canali mediatici istituzionali, finanziati da quelle stesse aziende che vengono “criticate”, non dovrebbe tutto sommato stupire, generando solo indifferenza da parte di chi sostiene e conduce la lotta per la liberazione totale, ben diverso, ed estremamente più grave, è il discorso relativo a quelle associazioni animaliste (mascherate da antispeciste) che fanno della favola della “carne felice” e del “benessere animale” un vanto e quel traguardo ultimo al quale puntare.
Di seguito il testo a firma di Olmo Vallisnera.

In una società dove ogni istanza di liberazione viene ingoiata, digerita e sputata, dove il difendere l’antispecismo, una lotta necessaria e totale a tutte le discriminazioni e oppressioni, viene etichettato come estremismo inutile e dannoso, contrapponendo così,
stravolgendolo, nuovi significati al termine, svuotandolo della sua spinta rivoluzionaria, rendendolo ridicolo e alla mercè di associazioni che tutto hanno meno la lotta antispecista, sono doverose un paio di considerazioni.
Il movimento animalista è sempre stato un universo vario e con mille sfaccettature, dall’animalismo destrorso e razzista a quello moderato welfarista a quello radicale, da sempre. La signora Innocenzi (che ritengo venga tirata in ballo fin troppo, so a malapena chi sia ma per poterne parlare mi sono ultimamente informato) è l’ultima di una lunga serie di difensori del mercato e della sua ideologia aberrante.
Alcuni dicono (per proteggerne la sua crociata in televisione ritenendola utilissima alla causa) che sia un’ingenua e non avvezza a disquisizioni teorico-pratiche in contesto di animalismo ed ecologismo, ma, visto le inchieste che faceva all’epoca con Santoro, la ritengo tutt’altro che ingenua anzi, ne riconosco la dialettica in direzione di quello che realmente vuole ottenere: un futuro cioè dove gli altri animali muoiano dopo una vita di segregazione in gabbie più confortevoli, assecondando quella visione terrificante in cui gli animali sono trattati “meglio” rimanendo, evidentemente, corpi che non contano.
Quindi, tolta l’ingenuità della sua “inesperienza” l’unica opzione che rimane è quella di giornalista in linea con una parte di movimento che reputa le “gabbie” (per gabbie intendo non solo le sbarre, ma tutti quei dinamismi coercitivi che amplificano l’attitudine mentale del
Noi e loro, colpevoli e sconnessi dai diritti naturali alla vita) anche se fastidiose e antipatiche, utili e opportune per il miglioramento dei reclusi, non fa cenno all’eliminazione, le considera parte integrante di una economia sostenibile e va oltre, presumendo che migliorare le condizioni di coloro che sono all’interno di esse fa si che la salute degli esseri umani non venga intaccata, non solo, ristabilisce una vita più dignitosa (ai sepolti vivi) fino alla inevitabile morte non naturale.
L’accanirsi contro questa giornalista, non lo ritengo controproducente (poichè non faccio parte di quella maggioranza animalista che ne segue le orme) ma inutile, fa perdere il nocciolo della questione, la rende responsabile di un’atteggiamento che esiste da tanto a
prescindere dal suo recente apporto.
Uno dei capostipiti, almeno in Italia, della filosofia “benessere animale-carne felice” è Carlo Petrini fondatore di slow food che già alla fine degli anni ’80 parlava in questi termini (all’epoca c’erano anche figure dello spettacolo che avevano sottoscritto questo nuovo
approccio all’economia agricola, da Dario Fo a Francesco Guccini) successivamente Oscar Farinetti, di Eataly, nei primi anni duemila ne ha ampliato il contesto.
É evidente, di una evidenza lapalissiana, ed è per questo che viene difesa ad oltranza dall’animalismo vicino al moderato welfarismo, lei porta avanti istanze note e radicate che esistono vigorose in una parte del movimento animalista da quasi trent’anni (di più anche, ma preferisco attenermi alla storia recente).
Un successo lo ha ottenuto comunque (in riferimento alla lotta di liberazione animale, umana e della terra) giornalisticamente parlando, così come in Inghilterra la maggiore associazione animalista criticò ferocemente Barry Horne per le sue scelte personali (di attivista irriducibile) rimanendo di fatto isolata e moltiplicando gli attivisti per la liberazione animale sul campo, così questi signori fautori della carne felice e del benessere animale, sui corpi martoriati degli animali stessi, avranno l’esito contrario. In molti hanno capito che questa menzogna, questo inganno specista che marcia a braccetto con CIWF (l’associazione di allevatori nata per sigillare la politica della carne felice) e con l’industria zootecnica e dell’informazione, è l’esatto inferno in cui ogni antispecista deve misurarsi.
Mai dimenticare che la televisione campa in maggioranza con le pubblicità delle grandi Major zootecniche e i loro dipendenti (giornalisti o canterini che siano) assecondano sempre i loro incontrovertibili ordini, premio, soldi nella saccoccia.
Le gabbie vanno distrutte e non dipinte di azzurro per dare speranza, insultando il dolore altrui, di cieli che non esistono.
Fino a quando un solo corpo è segregato la lotta per la sua liberazione è necessaria.
Fonte: Earth Riot

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