venerdì 20 aprile 2018

Contro tutte le discriminazioni, una sola lotta: Liberazione Totale


Vi è un termine che indica, con semplicità, l'assoluto bisogno, la necessità fisica di riappropriarsi della libertà: Diserzione. Diserzione verso tutto quello che ci opprime. E' chiaro che ci chiameranno traditori, individui non individui, renitenti, schegge che abbandonano, "ingiustificatamente" il "corpo" in cui si presta servizio, vigliacchi e animali ingestibili. E' cosi da sempre. Siamo anche stanchi di credere alle vostre litanie, cantilene omologate e ripetitive. Il "corpo", che tanto tenete in piedi e nutrite quotidianamente, si chiama dominio. Ed è con orgoglio che ne vogliamo tradire tutte le sue funzioni, i suoi pilastri, la sua eterna macchina conquistatrice. Disertori! Che bella parola. Almeno fino a quando ogni gabbia non sarà cenere...




Contro tutte le discriminazioni, una sola lotta: Liberazione Totale

Ormai da alcuni anni nella lotta di liberazione animale fa capolino con sempre più determinazione il concetto di antispecismo anarchico o lotta globale alle discriminazioni, tutte le discriminazioni. Appare evidente che in una società dove le profonde diseguaglianze (nel senso più ampio del termine) spingono gli individui ad accellerare quel sintomo esasperato costante di ribellione (in contrapposizione a una illusoria lotta conforme dettata solo da emancipazioni personali o tornaconti da etichetta), smascherando quindi in tal senso tutte le tipologie di prevaricazione in direzione di una nuova comprensione del disastro in atto, risulta manifesto questo "nuovo" grido di liberazione, una liberazione che per le anarchic# antispecisti o è totale o non è liberazione. L'antispecismo anarchico è contro tutte le discriminazioni, siano esse sessuali, di genere, di razza (che la razza non esiste è un concetto fascista, parliamo di popoli), di intimità e di specie. Esso non ritiene che tutti siano uguali, ma che tutti debbano avere gli stessi diritti inalienabili alla vita, al rispetto, alle scelte nelle rispettive peculiarità e proietta queste colonne fondanti anche, ovviamente, agli altri animali. Sia gli animali umani che i non umani devono beneficiare di tali diritti (per diritti s'intende la genesi profonda del termine "diritto", quindi estensione naturale a vivere una vita piena e libera e non la locuzione falsa istituzionale che amplifica gli squilibri, "donando" la vita ad alcuni e non ad altri) proprio perchè alla base costruttiva di una società liberata. Una società orizzontale, nella sua più alta definizione, per definirsi tale, non deve prevedere o mantenere in esercizio predomino, disparità o sopraffazione alcuna, per nessun@, nè tantomeno sofferenza o paura indotta, che rientrano, come spettro, a pieno titolo in dinamiche di dominio. Tutti liberamente, devono avere la facoltà, in completa autonomia, a calpestare questa terra poichè, non siamo come umani, reggenti di alcun titolo ma solo differenti, abitanti semplici. Bisognerebbe disaddomesticare se stessi e i rapporti sia con le altre unità umane sia con gli altri animali. Questo non perchè è "naturale" bensì perchè è più confacente all'ipotesi di sviluppo individuale della felicità. Noi non lottiamo per i diritti degli altri animali, non vogliamo considerarli dei "cittadini", secondo un diffusissimo modo di intendere l'animalismo. Noi stessi non chiediamo diritti e cittadinanza, in quanto riteniamo che servano solo a rafforzare il dominio di chi viene investito del potere di concederli, di rafforzare confini, di innalzare muri e moltiplicare gabbie. La capacità di avvertire su di sè l'altrui sofferenza e un'attribuzione di valore a questa capacità, non è dettata da organi coercitivi che sollevano la stessa oppressione ma dalla libera consapevolezza del singolo, il "traguardo" a una esistenza dignitosa, scelta in completa libertà. "Siamo tutt# terrestri in armonia col circostante", non è sollecitazione superficiale ma determinazione al salto di prospettiva di una totale autodeterminazione. "Nessuno è straniero" deve necessariamente scardinare quel dispositivo che genera alfabeti nei corpi (animali di serie A,B,Z) fino a una desertificazione di quelle architetture che amplificano la distruzione dei corpi stessi. A molti sfugge che la liberazione totale non ha, e non consente, compromessi. In una dimensione di sè si colloca il nostro rifiuto di esercitare potere sia sull'essere umano che sul non umano. L'antispecismo anarchico è una prospettiva di liberazione del vivente in tutti i suoi aspetti, di equità nelle differenze, di dignità. Lo sfruttamento dell'uomo avrà sempre continuità e sistematica oppressione fino a quando vi sarà sfruttamento animale non umano. In sintesi, liberando l'essere umano dal giogo del sistema si potranno liberare gli altri animali e la proposizione è identica: liberando dalla violenza e lo sfruttamento gli altri animali si potrà giungere alla liberazione dell'umano. Diversamente è impossibile. Dovremmo cominciare a partecipare a quella rivoluzione totale che si prefigge di tranciare tutte le sbarre, sia mentali che fisiche, una volta per tutte, e allontanarci dal concetto inculcatoci di asservimento e difesa delle catene, umane e non umane, iniziando finalmente a comprendere che finché vi sarà un essere segregato la sua libertà è obbligo morale. La sua libertà è la nostra libertà. In conclusione, spingere l'ideale di liberazione totale fino allo scardinamento di quel pensiero dominante di divisione antropocentrico che è il "Noi e loro" (a prescindere dalla specie di apparteneneza).
Siamo tutt# animali.

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