mercoledì 4 aprile 2018

LA FAVOLA DELLA FINE DEL MONDO




Animali
Io non sono un amante degli animali, non reagisco in modo emotivo a un film o a un articolo di rivista, rispetto gli animali come viventi sensibili che non dovrebbero essere bruciati, ustionati, colpiti da radiazioni o bastoni, avvelenati, scuoiati, accecati, schiacciati, deportati, imprigionati, decapitati. Non faccio pressione attiva o lotta perchè gli altri animali abbiano gli stessi diritti degli esseri umani, ma perchè siano considerati individui che provano piacere, dolore, sofferenza, paura, tranquillità, dignità, rapporti sociali, libertà. Non ritengo di avere, come umano, lo status privilegiato di appartenenza a una comunità ma convinto di dividere con solidarietà e umiltà, come semplice abitante, la terra su cui cammino: il pianeta. Non combatto per la difesa di alcuni animali ma resisto per l'emancipazione di tutte le creauture senzienti ad avere in quanto tali, diritto ad una vita naturale e piena. Io non sono un amante degli animali, staccato da loro, io rispetto gli animali perchè io stesso sono un animale.


LA FAVOLA DELLA FINE DEL MONDO

PAPÀ, mi racconti la favola degli uomini del Duemila?
- Va bene, ma dopo dormi. Nel Duemila gli uomini avevano un sacco di cose: i sonniferi, il campionato di calcio, le sfilate di moda, il silicone, i computer...
- Anche la pizza?
- Anche la pizza. Ma, malgrado avessero tutto questo, la loro vita cominciò a peggiorare. Non sarebbe stato catastrofico, se lo avessero ammesso e si fossero comportati di conseguenza. Ma ormai erano abituati all'idea che la storia era come un'automobile, doveva essere sempre nuova e più bella, anche se non c'erano più le strade per farla andare avanti. Il clima e l'ambiente impazzirono, ma gli uomini sembravano quasi contenti di battere ogni record di caldo e di freddo. La meteorologia era l'unico sport dove le prestazioni crescevano mostruosamente e nessuno chiedeva misure antidoping. Nelle città non si respirava più e l'aria fu privatizzata: i più ricchi usavano le bombole Fiat-Eolo all'aria di montagna.

I GIOVANI avevano lo zainetto Standa all'alito di rockstar, mentre i più poveri si accontentavano della "Pneumocentro", la bombola-risparmio di Prodi che elargiva quattro respiri al minuto. L'agricoltura era sconvolta, ma gli scienziati pensavano a costruire sedani a tre stadi e maiali col manico, c'erano siccità e bibite gassate, yacht e alluvioni, club vacanze e onde anomale.
- Cosa vuole dire anomalo?
- Quando una cosa l'hai lasciata spadroneggiare e ingrandire fuori da ogni legge e regola, anzi ci hai pure fatto affari, e poi non riesci a togliertela più dai coglioni, allora, la chiami anomala.
- Come Berlusconi?
- Chi ti ha detto queste cose?
- Ponding, il mio compagno di giochi: lui è molto colto, vive nella vecchia biblioteca. Mi ha detto anche che nel Duemila avevano paura soprattutto di tre cose: della moviola, delle rughe in faccia e degli squatter.
- Sì, allora nessuno si preoccupava se le banche, o i palazzinari, o le industrie, si impadronivano di intere città, radevano al suolo quartieri, rendevano inabitabile un'intera zona. Però se qualcuno occupava una casa vuota, si incazzavano come iene.
- È così che cominciarono ad andare indietro?
- Esattamente. I trasporti divennero sempre più lenti e caotici. Poiché era di moda l'esoterico e il divinatorio, un giornale che si chiamava la Repubblica, dopo i tarocchi regalò l'orario dell'Alitalia. C'era gente che prenotava un volo alla Malpensa per poter stare lì tutta notte a fare lo scambio di coppie. I treni si nascondevano nei tunnel per la vergogna. Le autostrade diventarono a cinque corsie, così rimasero vuote le tre corsie di destra per l'unica Prinz che non si vergognava ad andarci. E poi c'erano gli incendi.
- E come li spegnevano?
- Col fiato. Appena ne scoppiava uno grosso, cominciavano a litigare, le regioni accusavano il ministro, il ministro accusava le regioni, tutti e due accusavano il forte vento di scirocco, e l'esercito restava in caserma a fare la guardia al ficus del colonnello.
- E avevano altri problemi?
- Le atomiche eplodevano ancora ma erano deterrenti, le guerre erano intelligenti, i mercanti d'armi si chiamavano esportatori di tecnologia bellica. Si moriva in un clima di laurea. Dai paesi poveri i disperati cercavano di sbarcare nei paesi ricchi. Alcuni trovavano un'accoglienza di destra, un calcio nel culo e via, altri un' accoglienza di sinistra, un calcio nel culo e un chinotto. Perché i paesi ricchi, ormai, avevano paura di tutto: della zanzara africana, della borsa asiatica, dei neri non calciatori, dei bianchi non bergamaschi. E avevano inventato una parola magica: emergenza. Emergenza ozono, emergenza incendi, emergenza mafia, emergenza immigrati. Emergenza voleva dire "niente paura, passerà". Alla fine giunsero all'"emergenza delle emergenze", e non uscirono più di casa.
- E nessuno denunciava queste cose?
- Come no. C'erano i film catastrofe, i concerti di beneficenza, la pubblicità Benetton. E poi i raduni degli scienziati, al termine dei quali i partecipanti si riunivano tutti insieme e lanciavano un grido di allarme. Era una cerimonia molto divertente, qualcuno gridava anche "gol" o faceva il verso dell'upupa, poi tornavano a casa contenti. La televisione aveva cento canali ma dentro ci giravano sempre le stesse facce. Così la gente diceva: beh, se loro sono sempre lì, vuol dire che le cose non peggiorano troppo. Magari se avessero visto un presentatore prendere fuoco, un politico travolto da un'ondata, o un gommone di profughi piombare in mezzo a un quiz, si sarebbero preoccupati. Ma le cose brutte si vedevano solo nei telegiornali, che ormai erano considerati delle favole cattive.
- E poi cosa accadde?
- Beh, te l'ho già raccontato. Un giorno il polo si squagliò e il mare si alzò di sette metri. Sui teleschermi americani la mamma della Lewinsky cercava di dimostrare che il reperto presidenziale rimasto incastrato nella zip della figlia non era, come sosteneva Clinton, un pezzo di pollice. La Russia chiedeva l'elemosina. L'Italia, tra una sfilata e un festival, discuteva sul ruolo avuto da Perry Mason nel rapimento Moro. Tutto sprofondò in trenta secondi di diretta e quattro spot. Restarono solo rottami galleggianti. Sull'ultima zattera un certo Gasparri, un ducetto da discoteca, prendeva a remate un albanese che voleva salire. Poi tutto tacque. Ci salvammo solo noi, e la vita sulla terra continuò.
- Insomma babbo, sono proprio fortunato a essere nato topo.
- Proprio così, figlio. Hai studiato la lezione per domani?
- Sì: nella storia dell'evoluzione dei topi ci sono tre grandi periodi: quello di Neanderthal, quello di Simmenthal e quello di Emmenthal.
- Bravo, sono orgoglioso di te. E adesso dormi. Buonanotte.
Stefano Benni

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