giovedì 3 maggio 2018

Le gioie dell’insegnamento settantaduesima. Presi singolarmente


Come ogni tipo di prigione, anche la scuola è una fabbrica di violenza. La scuola è una delle invenzioni più acute e riuscite dell'ingegneria sociale autoritaria, il dolore e la violenza che essa riversa nelle menti e sui corpi di generazioni di innocenti sono inenarrabili, e la distorsione che avviene all'interno delle coscienze è tale per cui gli innocenti, da adulti, penseranno alla scuola come ad un asilo sicuro e amorevole cui affidare i figli, sia i loro, sia quelli altrui. Ad una siffatta società, a delle coscienze così deformate e plagiate, è molto difficile far comprendere che la violenza nella scuola, come nella società, è il prodotto della violenza della scuola stessa; e quei pochissimi che si salvano dalla scuola, solitamente i più geniali e creativi, non hanno alcun bisogno che qualcun altro glielo spieghi, perché lo sanno già, e sanno anche perfettamente che ogni luogo di reclusione dovrebbe essere distrutto, non riformato.


Le gioie dell’insegnamento settantaduesima Presi singolarmente

Arriva un certo punto dell’anno a scuola, che di solito coincide con il mese di aprile, in cui la soglia di sopportazione dell’altro si abbassa vertiginosamente, il grado di tolleranza verso il prossimo è pari a zero e ognuno si trascina come può fino al suono dell’ultima campanella, cercando di conservare a fatica quel minimo barlume di lucidità e di dignità necessario per continuare ad essere considerati appartenenti alla specie umana. È il momento in cui inizia lo spudorato conto alla rovescia, ovvero il countdown al termine delle attività didattiche, tutti e tutte immersi in un micidiale clima di delirio, follia, aggressività e violenza verbale e fisica, generale e diffusa, che si manifesta in una sorta di climax ascendente destinato a crescere esponenzialmente.

È proprio quando il gioco si fa duro, ovvero quando si comincia a parlare di promozioni e bocciature, simulazioni e ammissioni forzate, esami di maturità e competenze acquisite, o di «livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione», che i duri cominciano a giocare, ricorrendo, se necessario, anche al gioco sporco, o di sponda. È il mese in cui bisogna stringere i denti e i pugni in tasca per sopravvivere agli ultimi 30 giorni di scuola e al disagio sociale avanzato: hai un mese di tempo per recuperare debiti e carenze, superare antipatie, schivare calci e pugni ed evitare atti di bullismo gratuito e disperato da parte di ragazze e ragazzi frustrati e prigionieri di un quartiere, di una struttura, di una società, di un contesto, insomma, che non sa accoglierli né educarli: la scuola è un luogo violento, dove si consuma violenza quotidiana, dove le libertà essenziali di studenti e docenti sono ridotte al minimo vitale.

Dice che i ragazzi presi singolarmente sono carini, fragili, indifesi, soli, abbandonati.

C’è la ragazzina quindicenne che ha subito abusi dall’amico della sorella maggiore, e la madre nega, perché Dài, te pare, oh però se è vero je passo sopra con la macchina a quella stronza, e poi ingrano la retromarcia.

C’è la ragazzina quindicenne che ha girato un video porno con due uomini adulti di provenienza ignota, video diffuso su Instragram e Whatsapp, e il padre che Vabbe’ so’ bambinate, sbrighiamoci che alle 3pm ci ho da fa’.

C’è la ragazzina che denuncia un compagno per molestie sessuali e il compagno che a sua volta risponde con querela e tanto di ripresa video della fellatio ricevuta appena qualche tempo prima dalla stessa in bagno, durante il cambio dell’ora.

C’è il ragazzino che ha perso entrambi i genitori e vive con la nonna e a scuola va così così, ma ci va volentieri.

C’è la ragazzina che ha entrambi i genitori sotto chemio, e in classe è rabbiosa, incazzata, litigiosa, depressa o apatica, e non si sente accettata dai compagni perché Detto tra noi, Prof, non la vogliamo: è davvero insopportabile.

C’è la ragazzina che doposcuola assiste la mamma paralizzata.

C’è la ragazzina che ha appena perso la mamma, e che è venuta a scuola anche il giorno del funerale, perché Prof la scuola dovrebbe essere aperta anche di pomeriggio perché non mi piace stare a casa.

C’è il ragazzino che ha perso la mamma e non lo accetta, e il papà che piange la perdita della moglie e non sa come fare col figlio che va male a scuola.

C’è la ragazzina che prende cinque e piange perché ha preso cinque, e perché mamma e papà si stanno separando e litigano e si dicono le peggio cose tutti i giorni, Prof, quando papà rientra dal lavoro.

C’è il ragazzino che a scuola non ci vuole venire e la mamma ce lo porta a forza e poi resta a scuola 5 ore per controllarlo a vista.

C’è il ragazzino che ha perso mamma e sorellina sotto le macerie della propria casa.

C’è il ragazzino che di pomeriggio va a ruba’ e passa un giorno sì e un giorno no in questura.

C’è la ragazzina che non parla e non capisce bene l’italiano, e la prendono in giro.

C’è la ragazzina che balbetta, e la prendono in giro.

C’è la ragazzina obesa, e la prendono in giro.

C’è la ragazzina che pur di farsi accettare, si svende, a cominciare dai social, e la chiamano puttana.

C’è il ragazzino sensibile, e lo prendono in giro.

C’è il ragazzino che boh, si dice sia gay, e lo prendono in giro.

C’è la ragazzina che ha gli attacchi di panico.

C’è la ragazzina che soffre di epilessia.

C’è il ragazzino che non capisce perché al fratello maggiore abbiano diagnosticato una brutta malattia che risponde al nome di Depressione, e i genitori non sanno cosa fare.

C’è il ragazzino che urla, bestemmia, impreca e minaccia.

C’è il ragazzino tossicodipendente che spigne e se ne frega di tutto e tutti.

C’è il collega esaurito e la collega spossata.

C’è il genitore semi analfabeta che contesta l’operato e il giudizio degli insegnanti, spesso spalleggiato e fomentato da un bel gruppo classe Whatsapp e un paio di servizi scadenti del TG, che certo, di questi tempi, conta più del pensiero di qualsivoglia premio Nobel.

Ci sei tu, che pensi Mancano 32 giorni di scuola.



Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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