martedì 31 luglio 2018

L'Amico Paco

L'immagine può contenere: 1 persona, cane, spazio all'aperto e natura

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L o guardi, con la sua lingua di fuori, nero, nerissimo, la sua stazza abbastanza grande e con quegli occhi che sembrano cupi. E pensi meglio starci alla larga da questo cagnone randagio. E non potrei immaginare mai, invece, che quel cagnone nero, nerissimo, è invece un super “cucciolo” desideroso di esserti amico, fiero e orgoglioso di essere “cane libero”. E’ Paco, il cane che, ormai da quasi tre anni, è divenuto la mascotte del quartiere di Ragusa Ibla anche se, nel suo essere cane libero, non disdegna lunghe passeggiate fino a Ragusa superiore per poi scendere nuovamente e perdersi tra le piazze e i vicoli barocchi. Paco, un socievole e giocherellone cagnone, è un cane di quartiere. Tosto, consapevole della sua imponente grossa taglia ma anche molto affettuoso.

E’ stato trovato nei pressi dell’acquedotto comunale, in contrada Lusia. Qualcuno da piccolissimo l’ha abbandonato. Per un po’ di tempo a turno gli operai dell’acquedotto hanno cercato di prendersene cura ma l’indole di Paco è quella di cane libero e come tale ha sempre cercato di divincolarsi dagli uomini per poter essere libero di girare il quartiere, la città.

L'Amico Paco

Paco, cane libero che non accetta costrizioni di alcun tipo, nemmeno l’adozione!!!

Leggete l’articolo e rendetevi conto di una realtà che dovrebbe essere la regola: cani in libertà, cani fuori dai canili! E soprattutto RISPETTO PER IL CANE!
A Ragusa tutti amano Paco!
I bimbi giocano con lui, gli operai dell’acquedotto lo hanno accolto per primi avendone cura, la gente del paese lo protegge.
Questa è CULTURA!

“...Tanto per cominciare in un mondo migliore bisognerebbe capire che i cani hanno diritto ad esistere.
Che noi non siamo i loro padroni, né i loro tutori, che esistono anche senza di noi a far loro da balia.
Che gran parte dei nostri interventi è talmente schizofrenico che ha come risultato di far loro enormi danni.
Che invece di limitarci ad aiutare chi lo chiede, ci mettiamo a raccattare qualsiasi anima che cammina in terra con coda e 4 zampe.
Che invece di punire chi fa loro del male, gli uomini, puniamo i cani stessi togliendoli dall'unico territorio che loro hanno come casa. Li rinchiudiamo decidendo per loro la peggiore delle pene, la prigionia, che per un cane libero vuol dire impazzire. Anche se fosse solo per un giorno.
Ma sappiamo tutti che spesso quei singoli giorni diventano mille e altri mille e ancora mille... fino a morire dentro a una cella di cemento bagnata e gelida senza poter vedere il cielo, senza potersi scavare la tana in terra prima di accucciarsi. Senza per parlare con altri occhi fratelli.
Quindi, si, io comincio a pensare che la prima soluzione (non l'unica, ma la prima in ordine di importanza, sì! ) sia dare finalmente legittimità a un cane che vuole vivere libero con il suo branco, o in stato di semi selvaticità, o nei quartieri, in amicizia con l'uomo.
E se questo ADESSO non è sempre possibile, io non mi stanco di ripetere che È L'UOMO che deve CAMBIARE .... Non il cane a dover PAGARE!”


Da un commento a un post di questa pagina.
Grazie, come sempre, a Mery Ranzo per la sua lucidità e chiarezza.


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Chi si occupa di attivismo per la liberazione degli altri animali viene quasi sempre tacciato di essere sentimentale, patosensibile, troppo empatico e quindi invitato a essere più razionale e realista. 
In questa subordinazione del sentimento ed empatia rispetto alla presunta razionalità e forza caratteriale (ma di quale forza staremmo parlando, ad esempio, di quella di assistere senza batter ciglio alla violenza sistematica e istituzionalizzata sugli animali?) c'è anche un evidente denigrazione di quelle che la cultura patriarcale ha sempre dipinto come caratteristiche femminili. Lo stereotipo della donna che si commuove, che piange, che prova sentimento funge da base alla denigrazione di tutte quelle forme di attivismo che in qualche modo richiedono empatia e riconoscimento del dolore altrui. 
Il movimento è questo: prima si denigra il sentimento, il sentire, e lo definisce irrazionale e da "femminucce" e poi si denigra l'animalismo poiché sarebbe una roba troppo sentimentale.
C'è specismo e sessismo in questo ragionamento. 
Il sentimento non è irrazionale, deriva da sentire, dall'uso dei nostri sensi, è solo la cultura illuminista che l'ha messo in opposizione alla ragione, alla razionalità. Certamente il sentimento va mediato anche con la teoria, la conoscenza, lo studio, la strategia, ma bollare come sentimentale e femminile l'interesse per gli altri animali e la lotta contro la loro oppressione è quanto di più maschilista ci possa essere.

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