martedì 3 luglio 2018

Quanto siamo diventati di destra, nella repubblica nata dalla Resistenza

Migrante

Parafrasando Brecht... ci piacerebbe vederlo in ogni profilo e perché no magari come immagine di copertina per contestare questa vergogna.

Nessun confine!
Il confine è una strategia del dominio, ed è solo un dogma imposto. Il confine serve a separare artificialmente non soltanto i territori, ma anche le persone all'interno dei territori. Istituendo un confine si pone la prima pietra per la creazione del conflitto tra due parti, che così diventano avverse. Funziona così: prima si crea una divisione, dopodiché una delle due parti viene etichettata, fatta passare per inferiore o cattiva. Segue la denigrazione di quella parte per mezzo della propaganda, per cui il fratello di ieri diventa nemico di oggi, la pace di ieri diventa la guerra di oggi, la solidarietà di ieri diventa la competizione di oggi. L'umanità è stata divisa non soltanto in stati-nazione, ma anche in una serie spaventosa di altri confini, siano essi mentali, politici, religiosi, tecnici, burocratici, specialistici, ideologici, anagrafici... e continua ad essere così, oggi più di ieri, in barba alle belle parole di solidarietà. Non può esistere solidarietà fintanto che si creano confini ed etichette, classificazioni e gerarchie. Non può esistere libertà laddove il suddito si lascia classificare e abbindolare da tutti i confini creati apposta da questo sistema. L'odio nasce dal conflitto costruito, non viceversa. Eliminiamo allora le cause del conflitto, cioè tutti i tipi di confine e di etichette.


Quanto siamo diventati di destra, nella repubblica nata dalla Resistenza

Si dice: ripartire dal popolo, ripartire dai territori, ripartire dal basso. Ma in basso oggi in Italia trovi sono cultura di destra. Provate a entrare in un bar, a infilarvi in una discussione, e invocare sostegno, solidarietà per chi scappa dalla guerra e dalla fame. Figuriamoci. Il meglio che vi può capitare è che qualcuno si alzi e dica: “il profugo, portatelo a casa tua”. Casa tua, casa loro, casa mia. Alziamo muri perimetrali, mettiamoci una pistola sul comodino. Difendiamoci con le armi tra i denti. Questa è l’aria che tira nel Paese
Quanto siamo diventati di destra, in questa repubblica democratica nata dalla Resistenza. Quanto siamo diventati intolleranti, violenti, chiusi in questo Paese che aveva salde le radici nell’antifascismo, sia quello di De Gasperi sia quello di Togliatti. Diversi in tutto ma antifascisti. Cristiani e comunisti, ma antifascisti. Quanto siamo diventati egoisti, ha scritto lo scrittore Mauro Covacich, l’altro giorno sul Corriere della sera, indicando non la divisione tra élite e popolo, che tanto piace ai populisti, ma quella tra altruisti ed egoisti, come cifra di questo nuovo tempo. Altro che establishment, caste, eccetera. Qui il tema è culturale, prim’ancora che politico. Ed è la trasformazione del pensiero. Quello che siamo diventati. Non come votiamo.
I bambolotti

Di fronte alle foto strazianti dei bambini appoggiati come batuffoli tra le braccia dei pietosi soccorritori, arrivati tardi a raccogliere cadaveri così piccoli da non sembrare veri; di fronte al dolore, alla tragedia, sui social c’è stato qualcuno che si è spinto a dire che era una fake news, che quelli non erano bambini, ma bambolotti, ed era una messinscena. Cioè, non esiste tutto quello che non voglio vedere. Esiste solo quello di cui sono convinto.
Questi

E che cosa c’è in queste convinzioni profonde che i pifferai magici si divertono a confermare, raccogliendo consenso e voti in un modo impressionante? C’è la convinzione che “questi” (i migranti, tutti, bambini, donne, uomini, neri o bianchi) vengono a toglierci il pane. Che “questi” mentono. Che “questi” non hanno bisogno, vengono solo a dare fastidio. Che “questi” fanno la pacchia, e le loro traversate sono crociere, e quando arrivano intascano 35 euro al giorno e hanno cellulari costosissimi.
Muri sempre più alti

Un vero sistema di pensiero, strutturato nei dettagli, con poche parole d’ordine, la cui diffusione in effetti impressiona. Basta origliare una discussione al bar per capire quanto siamo diventati di destra. Non una parola di umanità. Non una parola di solidarietà. Non una parola neppure dubbiosa, incerta. Solo certezze, e la certezza è che dobbiamo proteggere noi stessi. Prima gli italiani. Quindi alziamo muri, sempre più alti, e sempre più prossimi al nostro spazio. Che affondino le navi cariche di migranti nel Mediterraneo. Che muoia ucciso il ladro che mi entra in casa.
Come abbiamo fatto?

Come ha fatto un Paese cattolico e comunista, diviso a metà tra due fedi entrambe con un tratto umanista e solidale, a trasformarsi in un luogo così profondamente respingente, e con un tale desiderio di forza, di arroganza, di durezza, di violenza? È la memoria corta di chi non ha vissuto il ventennio fascista e può parlarne come un periodo “dove si sono fatte anche cose buone”? O è l’ignoranza della storia del proprio Paese? Sono nuove paure, sono confusioni, sono crisi di identità?
Paura del povero

Sono domande senza risposta, perché bisognerebbe interrogarlo a fondo il Paese per capire cosa c’è dietro questo rancore verso chi è indietro, verso il più debole, come se a insidiarci nelle nostre poche certezze fosse il povero e non il ricco. Fateci caso: lo straniero ricco non è mai un problema. Il razzismo si attiva sempre verso lo straniero povero. Più è povero, più è disperato, più lo colpiamo. Non è la nazionalità, il problema. Ma la povertà. Il povero ci fa più paura di chi ci sta sopra.
Profugo a casa tua

E’ un cambio culturale. La sinistra perde soprattutto a causa di una crisi culturale. Si è detto a lungo al Pd, in particolare, che doveva fare cose più di sinistra. Ma se le avesse fatte avrebbe preso ancora meno voti. Le cose di sinistra, oggi, non hanno consenso. Si dice: ripartire dal popolo, ripartire dai territori, ripartire dal basso. Ma in basso oggi in Italia trovi sono cultura di destra. Provate a entrare in un bar, a infilarvi in una discussione, e invocare sostegno, solidarietà per chi scappa dalla guerra e dalla fame. Figuriamoci. Il meglio che vi può capitare è che qualcuno si alzi e dica: “il profugo, portatelo a casa tua”. Casa tua, casa loro, casa mia. Alziamo muri perimetrali, mettiamoci una pistola sul comodino. Difendiamoci con le armi tra i denti. Questa è l’aria che tira nel Paese. Ed è così che muore una democrazia. Mica da un giorno all’altro: giorno per giorno. Un pezzo alla volta, anche votare diventa un fastidio. Figuriamoci discutere. Ragionare. Provare a capire. Troppa fatica. Troppo cervello. I concetti sono semplici. O stai con noi o con loro.

Decidi in fretta che poi alziamo un muro e ti lasciamo fuori.

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