Gabbie confortevoli
L'espressione "Benessere animale" non è soltanto una locuzione falsa, una ovvia menzogna, è un insulto. Insulta gli altri animali poiché privandoli del diritto inalienabile alla vita li mercifica, insulta la stessa autodeterminazione del soggetto (animale) che lo trasforma in oggetto, in parte di cosa inanimata tramutata in mero profitto. Insulta e disprezza noi umani che ci considera robot senza cervello, slot machine esauste e, con successo, ci rapina dell'animalità che lega il noi indissolubilmente al resto circostante. Smascherare questa vile manipolazione è fondamentale. Un'architettura studiata a tavolino per celare un business milionario "minoritario". Carne felice: la vigliacca dicotomia imprenditoriale assunta, responsabilmente, a salvezza della coscienza.
L’uomo dagli occhi di cenere
Sentieri in dolce cammino: una storia di montagna e anarchia
Tempo fa ho conosciuto, quasi per caso, un vecchio montanaro. Uno che negli anni sessanta arrampicava forte. Ero fuori a cercare di avviare la pompa dell’acqua. Cento metri di altitudine più in basso. La pompa che serve a portare l’acqua in baita. Mentre, mezzo congelato stavo per rinunciarvi, ecco che appare questo signore con i pantaloni di velluto, una camicia a quadri pesante, di altri tempi, due scarponi che avevano lottato in mille battaglie e la sigaretta in bocca. Quello che segue è il dialogo che ho avuto con lui.
Un bel sorriso. Aperto. Mi risulta subito simpatico.
Noto che ha la camicia di flanella tirata su nelle maniche. In un avambraccio un tatuaggio. Strano, mi dico, i montanari di un tempo di solito non hanno tatuaggi.
il suo facile è chiaramente relativo. Un sentiero che si inerpica per quasi mille metri in salita. Riesci a prendere fiato solo in due punti.
rispondo, cercando di mantenere il suo sorriso cordiale.
Ride, un colpo di tosse robusto, un respiro profondo e si siede sulla roccia, davanti a me.
Noto che ha gli occhi azzurri, come l’azzurro dei ghiacciai. Mi siedo di fianco, lo osservo con la coda dell’occhio. Lui sembra guardare l’orizzonte, lontano, io mi accontento di guardare il rododendro che sta accingendosi a riposare per il lungo inverno che verrà.
Si, la conosco quella parete. La chiamano la “Severa”. Una parete paurosa, verticale, liscia, di 800 metri. Trovare appigli è come trovare le stelle alpine al mare.
Rispondo, facendo finta di conoscerla bene. In realtà ne ho il terrore.
Alzo lo sguardo verso la “Severa”. E’ talmente liscia che il sole è rispecchiato. In estate è scalata da pochissime persone. In inverno da nessuno. E nel 66 le corde erano in canapa, pesavano talmente tanto che oggi le alpiniste e gli alpinisti, della domenica, non riuscirebbero a portarla per più di un ora. In piano.
Potevo evitarmelo. Lo sanno tutti che non è dura. E’ terrificante.
Mi fa vedere la mano.
Ecco, mi dico, ora non ho più dubbi, di fianco a me è seduto un grande alpinista. La “Severa” in inverno, nel 66. Roba da matti. Roba da alpinisti.
Ride divertito. Io penso: mamma mia. Poi si fa silenzioso, si tocca la mano mutilata, la scalda col fiato e riprende a guardare l’orizzonte.
Mi guarda come si guardano i bimbi. Tenero e spiritoso.
Ride ancora e fa cenno di si con la testa. A questo punto comincia 1 ora di monologo. Un monologo di tale profondità e modernità che raramente ho sentito nella vita. Neanche da gente ben più giovane di lui e piena di esperienze. Si stira la schiena, mi guarda, solo un attimo e poi, comincia…
La ribellione del vecchio alpinista
. Si ferma, qualche attimo, quasi a disegnare il padre nella sua mente, poi, prosegue: Mi osserva determinato, i suoi occhi: come la neve di gennaio, quando si colora delle stelle. Vuole vedere se sono anch’io uno dei ragazzi dei gommoni sulle rapide.
<50 litri=""> Rispondo subito, serio, guardandolo dritto negli occhi, severo. Per fargli comprendere che quello che dice è vero.
Prende respiro, è leggermente alterato. Non mi guarda, forse ha timore di vedere uno sguardo interrogativo di colui che lo pensa matto, poi, continua, ma con meno forza.
. Ora mi guarda. I suoi occhi sono diventati cenere. Un grigio di altri tempi. Sono bagnati dalle lacrime. Lacrime antiche come le sue rughe. Io lo guardo triste, malinconico, vorrei tirarlo su e dirgli che sono come lui. Vecchio e stanco. Che non è solo. Ma non ci riesco, anche i miei occhi sono cenere. Da tanto tempo. Socchiudo le labbra, faccio uno sforzo immenso e gli prendo la mano. La stringo leggermente. Lui mi guarda, smarrito, non se l’aspettava. Guarda la sua mano nella mia, poi rialza lo sguardo e mi dice lentamente:
I suoi occhi sembra che implorino una risposta che gli dia i passi. Solitudine amplificata in eterno. I suoi occhi…
la mia voce esce senza il mio consenso.
. Riprendo fiato, lo guardo. Forse mi sono spinto oltre, in fondo non lo conosco. Lui china la testa leggermente di lato, mi osserva, come si osserva una parete prima di scalarla. Abbiamo ancora le mani legate. Accenna un sorriso. Poi, ne accenna uno più grande, più certo, più importante. Ed è lì, in quel momento, che comincia a ridere. Rido anch’io. Si alza, schiaccia il suo cappello sulla testa, si allaccia la camicia e comincia a camminare. Qualche metro poi, si gira, mi regala un sorriso raro e dolcemente mi dice:
.
Io non rispondo, alzo la mano per salutarlo, un dolce sorriso. Di quelli che faccio poche volte. Lo lascio andare. Ma avrei voluto dirgli: Ciao amico, ciao vecchio montanaro.
Ciao fratello.
Ma non ho potuto, era già lontano..
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Tutti noi antispecisti vorremmo che tutti gli animali fossero liberi, ma al momento attuale l'unica soluzione auspicabile sarebbe che l'essere umano sparisse dal pianeta terra, come descritto nella parte iniziale del post, nel frattempo che questa eventualità si concretizzi (e dai cambiamenti climatici in atto, non dovrebbe essere un momento tanto lontano, noi umani siamo seduti sul ramo dell'albero che stiamo segando, e manca pochissimo alla catastrofe), bisogna pensare agli animali liberati dagli allevamenti e dai macelli, in Italia e nel mondo esistono tanti rifugi o santuari per animali liberati, e bisogna aiutarli, a supporto di questi luoghi magici, da qualche mese ho formato un gruppo su Facebook: Canapa e Vegan per I Rifugi di Animali Liberi, al momento siamo oltre quattromila iscritti, vorrei che mi deste una mano a farlo crescere, invitando ed iscrivendo i vostri amici;
I rifugi si possono aiutare in tanti modi, il più semplice è destinare l'otto per mille sulle dichiarazioni dei redditi, oppure organizzare delle cene benefit nelle vostre città a favore dei rifugi in ristoranti e locali solo vegan (Non finanziamo gli sfruttatori di animali), ma soprattutto si possono visitare e conoscere gli umani e non umani ospiti delle strutture.
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