C’è un modo in cui la natura parla, in cui la terra parla. La maggior parte delle volte noi, semplicemente, non siamo abbastanza pazienti, non abbastanza calmi, per prestare attenzione alla storia.
Mohandas K. Gandhi
(Foto by Alba Carugo)
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di Franco Libero Manco
Rendi compassionevole la coscienza degli uomini e abolirai le guerre
Se non osi uccidere l’animale non ucciderai l’uomo
Più piccola è la creatura per la quale hai compassione più vasta è la tua coscienza
Quello che mangi determina il tuo destino
Non v’è pensiero che non sia condizionato dal cuore, (la parte di noi che più di ogni altra qualifica il nostro livello di sensibilità) mai disgiunto dalla dimensione spirituale. Diceva l’illuminata scrittrice francese Simone Weil: “La compassione è un miracolo più grande del camminare sulle acque”. Ma c’è una virtù al di sopra di tutte, la CONDIVISIONE, che nasce dalla volontà di immedesimarsi nella condizione dell’altro e condividerne le necessità.
E’ il cuore che rende positivo il pensiero, se c’è la volontà di lasciarsi permeare dalle sue vibrazioni. Chi ha un cuore sensibile non è mai ingiusto, violento, egoista: l’egoismo, infatti, figlio dell’indifferenza, è agli antipodi della condivisione. Tutta la storia dell’uomo passa attraverso la sensibilità del suo cuore. Chi potrebbe nuocere al suo simile se condividesse le sofferenze della sua vittima? Come si potrebbero concepire le guerre, le tirannie, gli stupri, la schiavitù, le droghe, le mafie, il razzismo, i campi di sterminio… se nel cuore dell’uomo albergasse la bontà e la condivisione?
Come potrebbe un assassino uccidere se percepisse il devastante dolore che produce alla vittima e alla sua famiglia? Come potrebbe il ladro, lo spacciatore di droga prestarsi a tali pratiche se condividesse il danno delle vittime? Come potrebbe il vivisettore torturare un essere senziente ed innocente nei suoi crudeli esperimenti? Come potrebbe la gente mangiare carne se avesse la capacità di immedesimarsi nel terrore del vitello, agnello o coniglio che ha nel piatto? Come potrebbe il pescatore saccheggiare le creature del mare? Come potrebbe il cacciatore spezzare il volo di un uccello se apprezzasse la bellezza e il valore della vita?
Se c’è la guerra nel mondo dipende dal cuore degli uomini, incapaci di percepire il dramma della sofferenza causata, della morte, della devastazione. Se c’è la fame nel mondo, le malattie, la miseria, l’emarginazione, dipende dal cuore dell’uomo insensibile alla condizione e al dolore degli altri, al diritto di ognuno ad una vita degna di essere vissuta.
Nessuna azione delittuosa potrebbe essere concepita dalla mente, e poi messa in atto, se il cuore non la condividesse. Nessun delitto potrebbe mai essere concepito. Nessuno sarebbe senza lavoro, senza casa, senza aiuto, senza sostegno. Nella sensibilità del cuore e della coscienza umana sta il segreto di un mondo migliore.
Il pensiero di tutti i grandi pilastri della morale e della spiritualità del mondo, coloro che rappresentano il meglio dell’umanità, hanno indicato non la scienza, non la politica, non l’economia ma il cuore come fonte di risoluzione dei grandi problemi umani.
Per rendere più giusto e sensibile il cuore dell’uomo è necessario conoscere le cause del suo male; occorre chiedersi perché mai l’essere umano, per sua natura animale mite, sprovvisto di ogni arma naturale ad offendere (artigli, zanne, corna, zoccoli, becco) sia divenuto la creatura più violenta e crudele, volta all’annientamento della sua stessa specie? Probabilmente la causa risale ai nostri antichi progenitori, che dopo milioni di anni vissuti da pacifici fruttariani, si trasformarono da raccoglitori in cacciatori/predatori. Per necessità di sopravvivenza iniziarono ad uccidere gli animali, si abituarono alla vista del sangue, alla soppressione dell’altro, alla morte, all’insensibilità verso la vittima. Il processo inverso richiede inevitabilmente il superamento di questa sanguinosa lotta tra noi e il resto del creato, superando la nefasta visione antropocentrica che considera solo l’uomo degno di rispetto e lascia senza diritti ogni altro essere vivente.
E’ inutile sperare nel buon comportamento dell’uomo verso il suo simile se è abituato a causare ogni sorta di ingiustizia e di violenza a miliardi di animali senzienti, ad ignorare il loro grido di dolore, la loro sofferenza e il loro diritto alla vita. Solo la coscienza biocentrica che valorizza e rispetta il “piccolo”, induce al rispetto anche del “grande”. Il processo inverso (che considera solo l’essere umano portatore di diritti) ha prodotto solo sventure.
Non si può amare solo un componente la famiglia e ritenere legittimo massacrare il resto dei familiari e poi sperare che non si abbia l’attitudine al delitto, che non ci si fermi a seconda della specie. E’ come autorizzare un bambino a rompere ogni oggetto di casa, eccetto uno, per poi stupirsi della sua propensione alla distruzione. Ma se si educa il bambino a valorizzare e a rispettare le piccole cose come potrebbe non valorizzare e rispettare le grandi? Come potrebbe l’uomo uccidere, torturare, schiavizzare il suo simile se nutrisse riguardo per l’animale? Non v’è essere umano abituato al rispetto della formica, della farfalla, dell’albero che poi si manifesti violento verso i suoi simili, salvo eccezioni. Non v’è essere umano attento a non privare le api del loro miele, le galline dalle loro uova, le mucche del loro latte che possa poi manifestarsi ladro verso le cose degli uomini.
QUANDO I GOVERNI DI TUTTO IL MONDO SI IMPEGNERANNO AD EDUCARE LE POPOLAZIONI AI VALORI CIVILI, MORALI E SPIRITUALI, DANDO LA PREMINENZA ALLA SENSIBILITA’ DEL CUORE, ALLA COSCIENZA, ALLO SVILUPPO DELLA SENSIBILITÀ DELL’ANIMO UMANO, SOLO ALLORA L’UMANITA’ POTRA’ LIBERARSI DALL’IGNORANZA, DALLE INGIUSTIZIE, DALLA VIOLENZA, DALLA GUERRA, DALLA MISERIA, DALLE MALATTIE E POTRA’ REALIZZARE UN MONDO DI PACE
Oggi apre la caccia e potrei scrivere qualcosa a riguardo, in fondo li conosco bene i cacciatori. Li ho avuto come vicini di casa per oltre vent’anni in montagna, talmente vicini che riuscirei a sentirne l’odore oggi, senza difficoltà, anche a cento km. Talmente vicini che mi hanno fatto capire che non ero il benvenuto, utilizzando degli scherzetti assai divertenti: minacce verbali, uccisioni di gatti e cani, minacce fisiche.
Ma è proprio perché li conosco bene che non voglio dargli la soddisfazione di innervosirmi il primo giorno di caccia, anche perché la caccia c’è tutto l’anno, con la selezione e altro; e il bracconaggio.
Quindi scriverò di un albero magico. un vero albero misterioso: il tiglio di Linn. Dovete sapere che il tiglio di Linn in Svizzera è considerato patrimonio nazionale, è intoccabile, potarlo significherebbe subire un processo. La sua circonferenza è di dodici metri, la sua altezza venticinque metri e la sua età supera gli ottocento anni; era già adulto quando Dante scriveva.
Otto secoli di storia lo hanno attraversato e otto secoli di eventi naturali: venti impetuosi, grandine, pioggia ghiacciata, neve, tormente, incendi, e poi battaglie, carestie, siccità, alluvioni, peste. Eppure è ancora lì. Voi mi direte: perché magico? Perché misterioso? Perché il tiglio di Linn dovrebbe essere morto da otto secoli.
Il suo tronco è nato praticamente cavo, per l’80 per cento non ha materiale, è quello che si dice un albero malato; da sempre. Secondo gli studiosi è un unicum, una rarità eccezionale, e nessuno capisce come può essere ancora in piedi. Dovrebbe essersi sradicato nel 1300, e invece è ancora lì: tra montagne e cascate, tra ruscelli e inverni gelidi. Abbracciato dai venti e dagli animali selvatici esso vive, nonostante tutto. È un mistero.
Il tiglio di Linn è il perfetto archetipo magico della natura inspiegabile. E l’uomo, nonostante tutti gli sforzi, non può carpirne la magia. Può solo guardarlo e sognare.
Sognare un mondo diverso, senza guerre, egoismo, prepotenza, arroganza, violenza; e caccia.
Se andate a trovarlo, ci sono delle panchine sotto dove sedersi, io consiglio l’erba, e se vi concentrate, in silenzio, lo sentirete respirare..
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