domenica 14 luglio 2024

I LIMITI DELLA MORALE CRISTIANA



Non è segno di salute mentale essere ben adattati ad una società profondamente malata.

Krishnamurti

Foto by Maria Ratti


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I LIMITI DELLA MORALE CRISTIANA

di Franco Libero Manco

Accanto alla morale cristiana (che limita la sua sfera d’azione alla sola specie umana) va affermandosi l’etica del movimento vegano e animalista che estende i principi di amore, di rispetto e di giustizia dall’uomo ad ogni essere senziente: una rivoluzione sociale pari solo al superamento della cultura schiavista.

A questa stupenda realtà che emerge dalle nuove generazioni (che fa onore alla coscienza umana, alla civiltà, al progresso civile e spirituale) che si apre anche alle necessità vitali di ogni essere senziente, come risponde la Chiesa cattolica?

Né il pensiero di alcuni grandi Santi, né la voce di alcune coraggiose quanto inascoltate frange dello stesso cattolicesimo viene accolta e valorizzata nella dottrina della chiesa, anzi spesso vi è un palese rigetto, una totale chiusura e spesso un’esplicita accusa di sperperare energie che dovrebbero essere impiegate esclusivamente a beneficio della specie umana: come se l’umana gente non potesse interessarsi dell’una e dell’altra realtà. Mai che un prete (eccetto rari casi) avesse detto ”Ricordatevi che Dio ama tutte le sue creature”. Nonostante gli animalisti in Europa siano ormai decine di milioni che denunciano le atrocità perpetrate sistematicamente sugli animali, per la Chiesa è un problema inesistente.

Come è possibile che siano i laici (che magari non fanno riferimento alla Patristica, alla Scolastica, né ai Testi Sacri ma semplicemente alla loro coscienza) a chiedere amore e rispetto per le creature più deboli e indifese, vittime del nostro egoismo e della nostra ingordigia? Non dovrebbe forse essere il clero, che per definizione dovrebbe incarnare i principi di non violenza e di amore, sostenere questa nuova ed edificante apertura morale? La Chiesa cattolica non dovrebbe apprezzare ed agevolare ogni espressione umana che rende migliore l’animo umano, tutto ciò che lo rende più sensibile e giusto? Non è nei principi cristiani interessarsi di animali? Ma il problema è che l’indifferenza verso lo sfruttamento e l’uccisione di esseri innocenti incide negativamente sulla coscienza e sulla spiritualità dell’individuo e della società e quindi è un problema che riguarda tutti, cristiani compresi.

Come può il clero lasciarsi superare in compassione, in sensibilità ed in senso di giustizia da un laico che non ha per istituzione questa missione? L’indifferenza verso la sofferenza altrui non è il cancro della coscienza che i preti sono chiamati a curare? Il disprezzo della vita non si oppone al piano del Creatore? Non è forse la misericordia il vero valore del cristiano? E può la misericordia essere data all’uomo e negata all’animale?

Quale amore è quello limitato ad un solo membro della famiglia mentre si è crudeli con gli altri componenti? Come possono negare l’evidenza che la nostra visione del mondo e della vita sia più vicina alla dimensione paradisiaca e quindi al progetto stesso di Dio? Perché la vita e la sofferenza dell’uomo hanno valore proprio mentre la vita e la sofferenza dell’animale non hanno alcun valore?

Che differenza c’è tra l’angoscia di un animale braccato e quella di un uomo in preda allo stesso terrore? Che differenza c’è tra il pianto di una mucca a cui è stato strappato il vitello per essere fatto a pezzi e mangiato e quello di una madre a cui un criminale ha sottratto un bambino? La Chiesa cattolica risponderà mai alle nostre domande o continuerà ad ignorare le nostre istanze chiudendosi, come è sempre successo in passato, di fronte alle nuove esigenze dell’animo umano? Quanto sangue dovrà essere ancora versato prima che la Chiesa e gli educatori cattolici si accorgano di essere rimasti indietro coi tempi, refrattari alle nuove esigenze dello spirito?

C’è stato un tempo delle alte montagne, del respiro del vento, del muschio sotto le cascate, del barbagianni dispettoso. Era il tempo dell’isolamento, degli inverni di 8 mesi, delle stufe a legna accese anche in estate. Un tempo che pare assai lontano, in realtà è ancora sulla pelle, come un tatuaggio colorato perenne. In quel tempo vigeva l’amicizia tra corpi diversi, legati da altri linguaggi. Linguaggi incomprensibili ai molti ma così perfetti da donare intere giornate agli sguardi. Ero solo un umano tra moltitudini di animali altri. C’era l’aquila che sorvolava il tetto di quella casa nel cuore della foresta, la poiana che veniva a trovarmi in ogni tramonto e la volpe, che in quel tramonto cantava. C’era il lupo a tenermi sveglio nelle notti gelide, dove il ghiaccio piegava i rami delle piante fin quasi a toccare il terreno. E c’erano il tasso, l’istrice, il picchio verde, la faina, la donnola a dialogare ogni giorno con la mia infinita inadeguatezza. E poi il cervo che non voleva mai andare via, tra dune di neve alte metri e rosa canina dolce per i cuccioli. Era il tempo senza computer, senza connessione, senza luce, senza social, senza supermercati. Era il tempo della natura selvaggia.
Oggi posso dire, senza dubbio alcuno, che sono stato fortunato. Anche dovessi morire domani, ho vissuto intensamente, per tanti anni, una vita libera. Ho conosciuto e imparato il significato del silenzio. E questo non ha prezzo.
Olmo Losca

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