lunedì 18 agosto 2008

Lara di Stefano Benni seconda parte


Nella foto: Barriera corallina da ( cid-960e15580eef1d34.spaces.live.com/blog/ ).
Di Stefano Benni: Lara, seconda parte.
E il destino si compi, dieci cambi di corazza dopo. Ormai ero un'aragosta grossa e rispettata, avevo già avuto trecentomila figli, anche se solo due o tre erano riusciti a diventare adulti. Ero cosi esperta e veloce da sfuggire a qualsiasi piovra, a volte zig-zagavo spudoratamente attraverso i tentacoli protesi. Non temevo neanche le risse con gli astici. Non poteva durare: troppa sicurezza non è un buon modo per sopravvivere, in mare.
Cosi un giorno, mentre nuotavo pigramente all'indietro, sentii vicina la presenza ostile della rete. Il mio sistema radar me ne aveva già fatte evitare tante, e quella rete aveva maglie molto larghe: volli provare il brivido di passarci in mezzo. Ci riuscii. Ma dietro la prima rete c'era una seconda rete più sottile. Ebbi solo un breve attimo di panico, mi dibattei, storpiandomi la chela. Poi mi calmai. Appesa, imprigionata, attesi il mio destino. Non dovetti aspettare molto. Mi fu riaparmiata la tortura di essere mordicchiata dalle pulci di mare. La rete iniziò a muoversi. Vidi che saliva verso levante, e che la pancia bianca della barca si stava avvicinando. Quando fu proprio sopra, la rete iniziò a salire più in fretta. Non fu piacevole. Anche se le aragoste possono sopportare grandi sbalzi di pressione, la paura di quella ascesa verso la luce bianca mi torceva la corazza, mi riempiva il cuore, che non ho.
Salii ancora, intontita. Sbattei contro la parete della barca. La luce mi accecò, persi i sensi. Poi sentii un tentacolo che delicatamente mi liberava dalla rete. E VIDI. Vidi il vostro mondo, o una parte del vostro mondo, vidi i pesci agonizzare tutto intorno con la pinna natatoria esplosa. Vidi quattro o cinque umani, vidi come erano veramente, non somigliavano a nessuna creatura marina: forse nel volto, alla testuggine. Mi misero in un'acqua fetida dentro una scatola buia, assieme ad altre quattro o cinque compagne, e tutte gridavano, piangevano, facevano domande assurde del tipo: e ora che ne sarà di noi? Sul fondo della vasca, ingrugnito, c'era un'astice. Aveva le chele legate, gliele avevano legate gli uomini, perchè non ci facesse male, perchè non rovinasse le nostre carni delicate. Mi insultò. Gli pisciai in faccia.
Ora vorrei provare a dirvi dove mi trovo. In un "frigorifero", questa è la parola se ho ben capito. Sono dunque ancora viva, anche se un pò stordita e congelata. Mi hanno cambiato posto tante volte, ho vissuto un mese in un posto che chiamano vasca di mantenimento, insieme ad altre duecento colleghe, a qualche astice ammanettato e a una cernia mascotte.
Poi un giorno sono stata "comprata". Il capo della pescheria, un uomo che ci chiama "le mie ballerine", è entrato insieme ad un altro uomo, uno che parlava da importante (la voce degli umani, segna le gerarchie). Ci hanno guardate tutte, una per una, e poi hanno scelto me e un'altra che chiamiamo la Grassa. Ci hanno sbattuto insieme in una busta di plastica una sopra l'altra, con la Grassa che non stava mai ferma e piangeva e mi chiedeva se per pietà la uccidevo perchè non voleva soffrire. Grassa e tragica, Poi l'uomo mi ha portato nella sua casa e siamo state divise, in questo frigorifero. La Grassa, che stava tirando gli ultimi, l'hanno messa sopra, in un reparto da dove viene un vento gelido. Io sono stata messa in uno scatolone di vetro, insieme ad una salma di branzino da tre chili. Mi ci sono sdraiata sopra, era un lettone gelido e un pò umido. E ho aspettato.
Quella sera hanno preso la Grassa, e io ho spento il radar, perchè non mi andava di sentire tutte le sue lamentele e le volontà testamentarie prima di morire. Ho riacceso le antenne solo un attimo. Mi ha comunicato che, bontà loro, gli umani ti fanno morire nel tuo elemento: L'acqua. Poi ho sentito distintamente il messaggio: "aiuto, che caldo". Poi basta: addio alla Grassa. Ho dormito tutta la notte, mentre il frigorifero ronzava e ogni tanto si apriva e un uomo sudato tirava fuori acqua e liquidi di vari colori. A un certo punto mi ha anche guardato. stavo immobile, sospettosa. Allora mi ha tirato per un'antenna. Mi sono mossa. Ha detto, meno male è ancora viva. Che buon cuore. Capisco tutto quello che dicono ormai, ogni suono e vibrazione, ascolto ogni loro discorso.
Bene, stasera il mio destino si compie. Mi hanno preso, mi hanno legato e ora il padrone di casa mi porta verso la camera della morte, mi tiene davanti a sè a braccia protese, come una vittima sacrificale. Ed ecco in fondo la pentola fatale, il fumo che esce, e quattro persone che lanciano gridolini di finto orrore, oh dio poverina, sento dire, una donna fa finta di non voler guardare ma sbircia, un'altra sghignazza, sembra deriderla, un uomo fa la faccia seria per sottolineare che lui non è un sadico, ma purtroppo questa è la legge della natura; il quarto invece è rosso, eccitato e si vede che la scena gli piace. Ecco che il boia mi tiene sopra la pentola. Sento un gran caldo, un altro gridolino di donna e il boia ha un momento di esitazione, sa che mi deve ficcare dentro in un colpo, se no con la coda lo ustiono. Si prepara a uccidermi, trattiene il respiro, anche tutti gli altri lo trattengono, il sole si ferma in cielo e le onde si fermano nel mare, capisco che quell'attimo di silenzio cosmico è ciò che aspettavo. Alzo un'antenna, come un dito puntato verso il suo viso e imitando la voce umana, con un scricchiolante falsetto gli dico:
"Ma lei ci crede nella reincarnazione?".
E adesso fatti loro. Io, da questo momento, non parlerò più, vengano pure gli scienziati e le televisioni di tutto il mondo. Se ho capito la parola.
Pillola del giorno: Pasta a le tre grazie*
Sto piatto, de finezze pastorizie,
è come un diversivo pè la gola,
e dato che nun serve l'Arta Scola
riesce bene puro a le novizie.
Tre grazie- tre sapori-tre delizie.
Crema de latte, buro e gorgonzola:
Tre grazie che mischiate in una sola
diventeno un campione de primizie.
Messe a bagno maria(ce vò un seconno)
cò sarvia, pepe bianco e poi più gnente...
ce viè 'na sarsa ch'è la fin der monno.
'Na sciccheria ar de sopra d'ogni critica,
perchè se digerisce facirmente
pure si se discute de politica.
*Volendo si può aggiungere un pò di parmigiano... io ne farei a meno... forse... francamente non sono in grado di consigliare niente di preciso, perchè questa salsa concepita stanotte in un'ora d'insonnia ancora la debbo sperimentare.
Aldo Fabrizi.

Nessun commento: