domenica 17 agosto 2008

Nuovo racconto di Stefano Benni: Lara.

Nella foto: Barriera corallina, atollo di Mururoa.

Di Stefano Benni: Lara.

Ho sempre saputo di essere diversa fin da quando ero giovane. Non chiedetemi perchè.Avevo cambiato pelle poche volte, e vivevo tra i coralli della scalomata., centoventi metri sotto il mare.Già da allora passavo molto tempo in solitudine mentre le mie compagne si rincorrevano scodando, si infilavano nelle tane sfidando i polpi, e mangiavano pesci morti con delicati gesti delle nostre posate naturali, le chele.

Già da allora guardavo in su, verso quel punto misterioso da dove, nelle giornate limpide in cui non c'era burrasca, veniva quella luce, quel colore di un altro pianeta.Già da allora scrutavo nel fondo, e lanciavo i miei ultrasuoni nell'abisso da dove salivano le mie simili più grandi, i pesci dai grandi occhi allucinati e le piovre sinuose.

E più di tutte invidiavo la balena, il grande corpo scuro che poteva precipitare giù fino ai duemila metri, scomparendo nel buio gelido, ma anche involarsi verso la luce, passandomi vicino con l'occhio ebbro di profondità, senza vedermi, perchè ero troppo piccola per lei, una piccola aragosta rossa, brillante come un corallo, ma con un destino doverso da tutte le altre, il mio nome è Lara.

Già da allora sapevo fare qualcosa in più delle mie compagne, il radar delle mie antenne era più potente del loro, captavo tutti i rumori del mare e potevo riprodurli con facilità, sapevo simulare il canto della balena e la risata del delfino, riuscivo a imitare il sibilo minaccioso che emette la piovra nuotando a propulsione, e a volte con quel sibilo spaventavo le mie compagne, arrivando da lontano. Ma non usavo queste mie capacità per dare spettacolo. Non era un gioco, faceva parte della mia curiosità per il mondo cosi vasto e tutto da scoprire. Non mi bastava il mondo di mezzo, la zona delle rocce coralline e delle attinie, dei lenti banchi di paraghi e delle migrazioni dei tonni. Mi piaceva esplorare, su e giù, i misteri della luce e del profondo.

Andavo spesso verso il lato più oscuro del mare, scendevo lungo la parete della scalomata finchè la pressione non mi stringeva la corazza in una morsa, finchè sentivo tutte le cartilagini scricchiolare e gemere. (Forse è un rumore che avete già sentito, se avete bollito qualcuna di noi).

Nuotavo verso il buio e incontravo pesci che non avevo mai visto, soli o a branchi, nubi di gamberi e sciami di calamari. Vidi il Pelacadon luminoso passarmi davanti come un riflesso di sole, inseguito da una forma oscura, alata, forse una manta, e dietro passò qualcosa di ancora più grosso, facendo rombare l'acqua e le mie antenne, perchè questa è la prima regola del mare:

Nessuno è tanto grande da non incontrare un giorno qulacuno più grande di lui.

Oh, io ero piccola. Non più di venti centimetri, e non avevo neanche le chele robuste dell'astice, quel prepotente verdastro sempre pronto ad azzuffarsi con noi e mutilarci. Non sapevo neanche mimetizzarmi come la cicala preistorica, non mi nascondevo nella sabbia, come la rana pescatrice, non avevo per difendermi il nero della seppia nè i denti della murena, o i tentacoli della piovra. Avevo la corazza, ma era un ben misero guerriero. Necrofago, mangiatore di carne morta. E per mia sfortuna, ero anche carne pregiata.

Una volta scesi fino a quattrocento metri e incontrai le aragoste bianche. Ne avevo sentito parlare ma non le avevo mai viste. Erano molto grandi, cinque o sei volte più di me, e si muovevano come spettri. Alcune erano trasparenti e potevo vedere la linfa scorrere nelle zampe, nelle antenne, fino agli occhi. Danzavano (questo mi era già stato raccontato), nuotavano in fondo con lenti battiti di coda, seguendo un percorso che scendeva a spirale. Ascoltavano la musica della corrente, la corrente fredda dei calamari che attraversa le acque tiepide in quel punto, quasi un mare dentro al mare.

Compresi subito il motivo di quella danza: proprio al centro del girotondo c'era un'aragosta bianca più grande di tutte. Non batteva più la coda, agitava solo un poco le zampe, a pancia in su: stava morendo, e le altre la accompagnavano verso il fondo. La grande moribonda scendeva piano, roteava, si lasciava andare: niente mi sembrò più desiderabile di quella caduta angelica. Ma mentre risalivo, capii che, nello stesso modo, desideravo la luce sopra di me, l'ascesa vertiginosa verso un altro mistero.Quando tornai, le compagne risero di me. Il freddo aveva coperto la mia corazza di una patina scura, le mie antenne vibravano. Mi chiesero se avessi visto il Kraken lungo come sette navi, o l'astice lupo che taglia in due le aragoste, una metà la divora e l'altra la possiede, o se avessi trovato un bel cadavere di marinaio da mangiare. Facci l'imitazione del verso del Celacadonte, disse una . Non mi curai di loro.

Avevo cambiato carapace altre dieci volte, quando infine ebbi dal destino il segno che aspettavo. Mentre osservavo i perfidi agguati di una rana pescatrice nascosta nella sabbia, scorsi sospesa nell'acqua un'immensa rete. Oh, non era la prima volta. Avevo visto spesso le mie sciocche amiche precipitarsi sui pesci catturati dalle maglie, avevo voltato la testa quando le avevo viste dibattersi prigioniere, scuotersi in un'inutile lotta, farsi divorare vive dalle pulci di mare e penzolare impiccate alle pareti di corda. Ma quella rete era diversa: dietro di essa, per la prima volta, mi apparve un uomo. Era tutto nero, con lunghe pinne. Sapevo che quello non era il suo aspetto naturale, ma un travestimento per entrare nel nostro regno. Eppure non sembrava tanto diverso dalle creature del mare. Dietro di sè lasciava una bellissima scia di perle d'aria, alcune piccole e frenetiche, altre grosse, come meduse, che volavano verso l'alto.

Imaparai subito ad imitare il loro rumore, il loro scoppio leggero. Capii subito che cosa interessava l'uomo. Cercava il corallo, il nostro villaggio-albero, la casa dove milioni di piccoli animali vivono insieme. C'era un bosco di corallo, che conoscevo bene, su una roccia circolare bucata da tane di cernie. C'erano voluti anni e anni perchè quel bosco fosse costruito. Ora l'uomo ne staccava i rami, e li metteva in una piccola rete. Stava orizzontale sul fondo, nella stessa posizione dei pesci, muovendo lentamente le pinne, e lavorava tranquillo. Tra me e lui c'era la rete. Cosi non mi spaventai quando mi vide. Forse sarei scappata, o forse no. Ma la rete c'era, ed era un ostacolo anche per lui.Mi avvicinai, tanto da potergli vedere gli occhi, dietro la parete trasparente della sua corazza. Mi guardò a sua volta, e con la mano fece un goffo tentativo di passare attraverso le maglie per catturarmi. Pensai che sarebbe stato comico se fosse rimasto impigliato anche lui nella rete come una sciocca aragosta, avrei partecipato anch'io al banchetto, non ho mai mangiato un umano, ma in fondo è carne, nient'altro, e dopo un poco frolla e puzza come tutto.Desistette presto dal suo tentativo, e si rimise a lavorare. Poi assunse una posizione diversa, pinne in basso e testa in alto, e risali verso la luce. Io lo seguii, andava veloce ma riuscii a raggiungerlo. Mi accorsi che mi guardava stupito. Poi la rete che ci separava fini, c'erano solo delle lunghe corde tra noi, ma l'uomo non fece nessun tentativo per catturarmi, capii che aveva fretta di risalire, che il mare in quel momento gli faceva paura. Improvvisamente si fermò, aggrappato a una corda che veniva dall'alto, dove si vedeva chiaramente la pancia bianca di una barca. Si fermò come istupidito.

Si tolse dalla schiena la macchina che lo faceva respirare e fare bolle, e dall'alto gliene calarono un'altra. Ora stava fermo, e respirava calmo. forse non voleva tornare più su, si trovava bene li. Mi misi a girargli attorno. Pensavo che avremmo potuto fare amicizia. In fondo eravamo in una zona intermedia, là dove non c'è più il buio profondo e la luce non è ancora accecante, dove passa la corrente tiepida, dove giocano i delfini. cosi provai con le antenne a a sentire la consistenza delle sue pinne. Lui mi guardava e sembrava interessato ai miei movimenti. Gli vidi in mano una lastra nera, su cui tracciò dei segni. La legò a una corda, tirò e la lastra nera sali verso la luce. Ora aspettava qualcosa. Dall'alto scese un oggetto oblungo. Proprio all'ultimo momento vidi che aveva in cima un arpione, un dente a tre punte. Intuii il pericolo e scappai. L'arpione mi sibilò vicino con tutta la sua cattiveria e terminò la sua corsa con una capriola violenta.Non era facile fare amicizia con l'uomo, i delfini me l'avevano detto, oppure avevo voluto provare. Ma quel giorno avevo anche capito che il mio destino mi portava su, verso il mondo della luce.

Fine prima parte.

Pillola del giorno: L'amatriciana mia.

Soffriggete in padella staggionata*,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz'etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.

Ar punto che 'sta robba è rosolata,
schizzatela d'aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.

Appresso er dado, che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano**,
cò un ciuffo de basilico pè odore.

E ammalappena er sugo fa l'occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.

* Di ferro. spiegarvi il perchè sarebbe troppo faticoso, abbiate fede.
** Pregiata qualità di pomidoro della zona del Sarno vicino Napoli. cioè la migliore qualità di pelati, se invece sono di stagione, spaccateli in due nel senso della lunghezza per controllare se ci sono macchie scure e, tolti i semi, fateli cuocere a pezzi senza spellarli: le bucce sono impregnate di sole e perciò più saporose.
*** Io ho simpatia per i maccaroncelli... perchè fanno più volume a causa del buco e perchè quando si mangiano allegramente ... fischiano... a ogni modo questa salsa va bene con tutti i formati, meno naturalmente quelli piccoli e, secondo me, è la più fragrante, la più saporosa, la più virile fra tutte, specie se il pecorino è romano e il peperoncino pizzica.
Aldo Fabrizi.

1 commento:

Jorge ha detto...

Ciao amico: ha desiderato il invitarte che visitate il blog che sto facendo con i miei allievi del secondo anno quello secondario sulla DISTINZIONE.
oggetto arduo ed interessante di
http://nodiscrimine.blogspot.com.
Certamente sarà della vostra affabilità.
Abbiamo invitato a voi che avete letto che cosa voi prego di lui e voi gli rendete ad un'opinione sopra egli stesso.
Il vostro contributo sarà utile.
Nel blog troverete un traduttore della pagina in parecchie lingue se la avete bisogno.
Un hug dall'Argentina.