mercoledì 29 ottobre 2008

La riparazione del nonno. Di Stefano Benni.

Nella foto: Tramonto a Por de Sol da http://www.fotoantologia.it/



Le ultime notizie ci confortano, è finalmente passata al senato la riforma sulla scuola, da oggi tutti gli studenti in grembiulino ed il sette in condotta assicurato per gli studenti agitati, da fonti vicine al parlamento si apprende che è allo studio un nuovo pacchetto di provvedimenti, le bacchettate sulle dita, l'ora di religione obbligatoria e in aggiunta un'ora di catechismo, c'è chi dice che verrà introdotta anche la comunione nelle aule.

Anche in televisione è previsto qualche cambiamento, la Rai prevede il ripristino della gloriosa "Non è mai troppo tardi" famosa trasmissione condotta dal compianto professor Manzi
i più anziani sicuramente la ricorderanno.

Certo che il panorama televisivo negli ultimi tempi non è per niente esaltante, Raidue e Italiauno sono le reti più sculettanti, mentre su Raiuno e Retequattro primeggiano programmi melensi e sdolcinati da Via col vento, anche Raitre segue l'onda fra Chi l'ha visto e La squadra, anche loro sono sulla buona strada, viene da pensare a quando eravamo in bianco e nero almeno qualche programma educativo veniva trasmesso, adesso ci sono quei fastidiosi film che interrompono la pubblicità, dove andremo a finire.

Per ricordare i tempi passati, propongo questo esilarante racconto di Benni, da leggere davanti al caminetto.



La riparazione del nonno. Di Stefano Benni.



Ai miei tempi, che non erano solo i miei, ma di tante altre persone, non avevamo la televisione, ma avevamo il camino, e davanti al camino c'era un nonno acceso che raccontava.

Noi eravamo fortunati perchè avevamo in assoluto il miglior nonno della zona. Alcuni avevano dei nonni che si spegnevano subito e si addormentavano, altri dei nonni rimbambiti che non sapevano raccontare, altri ancora non avevano neanche il nonno, e passavano tristemente la sera guardando la brace e ascoltandone lo scoppiettio. Ma il nostro nonno Telemaco, un robusto esemplare di 87 anni, era uno straordinario narratore da camino, e venivano da ogni dove per ascoltarlo. Dicevano: "Stasera andiamo alla casa rossa, hanno un Telemaco 87 due pollici che racconta la storia della grande siccità...". Oppure: "Mamma, stasera Telemaco fa il programma di fiabe e filastrocche per bambini, possiamo andare?". Il venerdi' c'era la serata a luci rosse, racconti piccanti e maialate locali, il sabato c'era il racconto di guerra. Ma io preferivo la domenica, perchè quella sera il nonno Telemaco beveva il doppio, gli partiva una gran chiacchiera e i programmi duravano fino alle tre di notte.

Mi ricordo che sedevamo tutti intorno al camino, dove c'era un bel fuoco, e nonno Telemaco rientrava dall'aia, dove era stato a dar da mangiare agli animali, si toglieva le scarpe e per prima cosa dava le previsioni del tempo, tastandosi i calli.

Seguiva il notiziario del giorno: uva, mucche, liti in paese, guasti a trattori. Poi, dopo un gran sbadiglio, che era la sigla finale delle notizie, nonno Telemaco si schiariva la voce con un gargarismo di Barolo e iniziava.

Prima e dopo il programma c'era sempre qualche spot. Gli spot erano di due tipi: nel primo caso Telemaco sparava dei gran rutti, punteggiando il racconto, e quello era il segno che aveva mangiato bene, quindi erano da ritenersi spot pubblicitari della cucina della nonna.

Il secondo spot era quando il nonno faceva una pausa, gli ciondolava la testa e stava per addormentarsi. Più che uno spot era come quando appare la scritta "ci scusiamo per la momentanea interruzione dei programmi", ma bastava buttare una castagna intera sul fuoco e al rumore del botto nonno telemaco riprendeva.

E iniziava la serata: c'erano favole, itticomachie, lezioni di agricoltura, leggende della valle e serial epici, come Il Grande Duello delle Ruspe o La cattura del Toro Innamorato o La costruzione del Campo di Calcio. Ma la mia preferita era L'Invasione delle Rane Giganti, un kolossal di fantascienza-horror ispirato a fatti realmente accaduti cinquant'anni prima. Tutta la valle era stata invasa da migliaia di grossi batraci di provenienza misteriosa, che gracidavano diversamente dalle rane nostrane, forse in tedesco. Divoravano tutta la lattuga e non c'era veleno che potesse distruggerle, finchè qualcuno si era accorto che erano ghiottissime di funghi ma non sapevano riconoscerli. Un quintale di amanite velenose nei punti strategici e non ne restò viva una, tra vomiti, schizzi e spasimi. Era un racconto affascinante e spaventoso. Invece le serate più noiose erano quelle rosa, quando venivano le signore e volevano sapere Come il Nonno Aveva Incontrato la Nonna e Come Falli' il Matrimonio del Fattore, e dopo si facevano un pò di pettegolezzi e il dibattito.

Il nonno avrebbe preferito raccontare altro, ma il suo era un servizio pubblico e doveva accontentare tutti. Verso mezzanotte c'era la sigla finale, uno sbadiglio che sembrava un assolo di corno inglese, e poi tutti a letto.

Io ero fiero di mio nonno, e non avrei perso una serata davanti al camino per nulla al mondo. Ma il destino era in agguato, una notte d'inverno.

Era una notte da lupi, c'era un bufera con lampi infernali e tuoni che spostavano le montagne come sedie. Il vento ululava nel camino, facendo danzare il fuoco come un'odalisca. Stavamo stretti vicino al fuoco, aspettando la programmazione horror, perchè con un'atmosfera come quella il nonno raccontava sempre la Leggenda della Capra dai Denti di Ferro o La Storia dei Sette Lupi alla Porta, tutte storie vere o quasi, mentre dal camino scendevano gli effetti speciali, sciabolate di vento e colonna sonora di tuoni e la legna umida spetardava facendoci sobbalzare.

Nonno Telemaco arrivò tutto gocciolante e si tolse gli stivali. Non diede le previsioni del tempo perchè c'era poco da prevedere, accese la pipa e con voce profonda intonò la Storia dei Sette Lupi, una banda di animali sanguinari che aveva terrorizzato la zona nell'anteguerra.

"Il capo si chiamava Nerofumo, era il diavolo in persona, e aveva ucciso più pecore di un'epidemia. Una notte buia e nebbiosa io e il mio amico favilla tornavamo a casa, sul calesse, e dovevamo passare attraverso la Gola della Civetta, stretta stretta e circondata da un folto bosco di abeti, l'ideale per un agguato."

Il nonno tirò una boccata di pipa e socchiuse gli occhi, creando una pausa piena di suspense (che allora si chiamava cagotto). "Beh, eravamo a metà della gola, "prosegui'", "tirava un vento gelido e io aguzzavo gli occhi nel nebbione, cercando di vedere la strada. Il cavallo ansimava, e i denti di Favilla battevano nel buio, 'ta-ta-ta-ta', sembrava di sentire beccare un picchio, e allora dissi 'Ohè Favilla, te la stai facendo sotto?'. ma dicevo cosi' solo per fare lo spavaldo, in verità avevo una gran paura anch'io! e in quel momento guardo verso l'abetaia e cosa vedo? Due braci rosse, due occhi di bestia che mi guardano minacciosi."

Il nonno fece una pausa ancor più lunga; si sentiva solo lo scoppiettio del fuoco, e le sedie cigolare. I nostri cuori battevano forte, immaginando Nerofumo pronto a balzare e mordere la gola. E improvvisamente tutto accadde. Nell'aria si diffuse un rumore di carta stagnola stropicciata, un crepitare sinistro, i capelli del nonno si rizzarono sulla testa, il fuoco diventò nero - giuro - nero come la pece, e dal camino entrò qualcosa di spaventoso, qualcosa che faceva il rumore di un drago e di una trebbiatrice insieme, ci fu un lampo abbagliante, uno schianto, le braci volarono come farfalle infuocate e una nube di cenere riempi' l'aria.

Quando il mostro se ne andò, c'era una gran puzza di strinato ed eravamo neri come fuliggine. Il ciocco nel camino era carbonizzato e il gatto, nudo e pelato, sembrava una gallina lessa. Un fulmine era sceso dalla cappa, un caso su un milione. Si disse che era stato attirato da un vassoio d'argento sulla tavola, oppure dai denti d'oro del nonno.

Per altri, invece, era stato evocato dal racconto spaventoso. "Il diavolo," disse una vecchia, "invidia chi sa far più paura di lui." Non ci furono feriti, o morti o danni eccessivi. Ma qualcosa di terribile era accaduto: il nonno centrato dal fulmine, si era rotto.



Ebbene si'. Cercammo di fargli riprendere il racconto, ma lo schoc era stato devastante. I capelli da grigi gli eran diventati bianchi, le mani tremavano. Gli rimettemmo la pipa in bocca, gli facemmo bere il vino preferito e riprese un pò di colore. Fece due o tre spot da sotto (la paura era stata tanta) e poi riprese a raccontare cosi:

"Allo-lo-lo-lora vi-vi-vidi que que que que que que-gli oc-oc-oc-chi-chi-chi fiammeggian-gian-gian-ti che mi gua-gua...".

Orrore! Il nonno balbettava, il suo audio era lesionato e anche i suoi gesti, abitualmente lenti e descrittivi, sembravano quelli di una marionetta. Favilla, il suo amico, gli inoculò un altro mezzo litro di rosso e provò ad aggiustarlo col sistema Carnera, quello con cui faceva partire i trattori. Gli tirò un tale pugno nella schiena che l'interno del nonno rimbombò come una botte da cinquecento litri. Telemaco fece un altro spot e riprese a raccontare cosi':

"Allora il lupo nitri' e si impennò e fiammeggianti la luna vidi mentre gli abeti sul calesse favilla disse che occhi che c'era intorno nera addio il cavallo ululò e il fucile si cagò sotto e dissi arbeit frei Caterina levati i mutandoni mentre le orribili zanne del sergente Muller urlavano aiuto aiuto, rubano il maiale!".

I circuiti narrativi del nonno erano fusi, e se ne era venuto fuori un pasticcio composto di brani del racconto interrotto, episodi di guerra, ricordi vari e anche particolari intimi del rapporto con la nonna.
Fu fatto un ultimo tentativo. Il nonno fu messo a testa in giù, scosso violentemente e liberato dal surplus di elettricità nonchè di vino e polenta. Rimesso sulla sedia cosi' parlò:
"Cerene sette lupeche più froce Neirofummo qui sgozzolavan ipekkore me unnait me and mai friend Favilla kun chelesse e chevelle trans itavam dint'a golla della chouette, la charmante Colette".
Autentico marasma di slang ipervocalico, con la sorprendente comparsa delle lingue straniere, che il nonno non conosceva, e l'inquietante apparizione di una francesina che mandò in bestia la nonna. Decidemmo perciò di soprassedere, e aspettare il decorso del caso. Il nonno dormi' due giorni e due notti. Quando si alzò fece le solite cose, diede da mangiare alle bestie, andò a zappare l'orto, fece un salto da Favilla a parlare di imbottigliamento, tornò, mangiò e si sedette vicino al fuoco. E stette zitto.
Immobile con due lacrimoni che gli rigavano le gote rugose. Era chiaro che Telemaco 87 due pollici era rotto e bisognava ripararlo, perchè non potevamo vivere senza i suoi racconti.
Fine prima parte.

Pillola del giorno: A proposito di scuola. Bocciate. Bocciate un pò di figli del popolo. Che rimanga qualche idraulico.
Marcello Marchesi.












1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti per il blog

A rileggerci