mercoledì 5 agosto 2009

L'ultima cena di Zac. Di Stefano Benni.

In alto: Firenze luna, immagine tratta dal blog
http://ondadelmare2007.splinder.com/


La violenza è una dimostrazione di debolezza.
Alexandre Dumas(padre).


In questo mese di agosto ogni post oltre alle consuete notizie sul terremoto in Abruzzo e ad altre informazioni di attualità, sarà presente anche un brano di Stefano Benni tratto dal libro La tribù di Moro Seduto, altri brani sono stati pubblicati in post precedenti con l'intento di postare l'intero libro, Benni non ha voluto ripubblicarlo e si trova solo in rete nel suo blog Stefanobenni il brano di oggi:

Lultima cena di Zac. Da La tribù di Moro Seduto. Di Stefano Benni.

Sermone di Natale, dalle lettere di San Paolo, capitolo XXIV tomo 4.

E venne quel tempo in Galilea una grande carestia. Gli schiavi non lavoravano più. Rammolliti dai lussi, osavano persino protestare se qualcuno li frustava o li faceva lavorare nell’anidride solforosa. Chi poteva, portava figli, mogli e averi fuori da quella terra corrotta e dimenticata da Dio. Anche il partito dei saggi, che da 30 anni regnava in Galilea, e per diritto divino in eterno vi avrebbe governato, era in preda a tumulti e faide interne, e più sembrava attento al potere che ai bisogni del popolo. Allora Zac, capo del partito dei saggi, uomo ritenuto in odor di santità, decise che era venuto il tempo di intervenire. Egli si vestì tutto di bianco e chiamò a raccolta i discepoli e tutti e 12 li riunì a un frugale desco.
C’era Flaminio, il rude montanaro, e Mariano il mite, e Amintore, piccolo e grintoso. C’era Aldo, che stava sempre in disparte a meditare e a volte raggiungeva il livello supremo di meditazione e dovevano svegliarlo a schiaffi, c’era Arnaldo che distingueva sport e politica. C’era Umberto col visetto da bambino, e Silvio e Antonio, padre e figlio, onesti commercianti. C’era Carlo, che una volta era di sinistra e poi si era rimesso sulla retta via, c’era Emilio con le stimmate da ministro, c’era Giulio, serio serio e disposto al dialogo, c’era il giovane Massimo, focoso e battagliero, vestito da crociato e con lo scudo su cui era scritto «Adesso vi modero io». E insieme sedettero a una tavola modestamente apparecchiata, e brevemente pregarono il Signore, a eccezione di Massimo che, occhi al cielo, pregò Indro Montanelli, John Wayne e l’uomo-ragno.
E Zac all’antipasto li guardò e disse: «Fratelli, da sempre padroni e sfruttatori sono stati amici del nostro partito. Da sempre li abbiamo aiutati. Ma ora la situazione è grave. In piazza c’è anche chi mette in dubbio il nostro diritto divino di governare. Bisogna mutare il nostro volto. Piegarci ai tempi, come si piega al vento, per non venire travolta, la duttile palma!».
I 12 discepoli lo guardarono interdetti. Nessuno sapeva cosa dire. Ma in quel momento arrivarono abbacchi, polli e conigli e porchette, cinghiali e ottarde e caprioli e beccacce e regaglie, trippe, lardelle e rognoncini, e fu un gran roteare di forchette, e sguainar di coltelli, e rombo di esofagi, scroscio di mascelle, mambo di mandibole e gemer di molari, e tutti si azzuffavano e rubavan nel piatto del vicino e con le forchette si punzonavano difendendo il loro bottino e Aldo stringeva al petto, come un neonato, una pernice, e Massimo cercava di rapirgliela, e Flaminio brancava un tacchino, e Amintore nascosto all’interno, tutto glielo rodeva, e Silvio e Antonio e Arnaldo e Mariano fieramente si disputavano una trippa, solo Umberto, educato e inglese, mangiava in disparte una mozzarella scondita, e Carlo dispettoso gliela inondò di salsa tartara. Zac invano invitava alla temperanza.
Quando si fu placato il mandibolio, Zac gravemente si guardò intorno e disse: «In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà. E quando dico uno, sono ottimista».
«Io» disse Aldo «sono pronto a sostenere l’anima popolare della Dc. E quando io dico una cosa, dico proprio quella.» Un fulmine venne dal cielo e lo incenerì.
«Io» disse Mariano «non lo so, sono fuori dalle correnti...» Un fulmine lo rinviò a giudizio.
«Noi,» dissero Silvio e Antonio «con l’onestà che ci è riconosciuta...» Un fulmine biforcuto li polverizzò.
«Io penso» disse Arnaldo «che dobbiamo distinguere sport e politica, maggioranza e opposizione, ufficiali e truppa.» Un fulmine lo disintegrò.
«Per me,» disse Umberto «c’è tra di noi un malvagio, che ci blocca il processo di rinnovamento. Egli è il nostro spinterogeno sporco, la nostra gomma sgonfia, il nostro passaggio a livello. Si chiama Donat...» Un fulmine lo investì e proseguì senza soccorrerlo.
«Io che sono di sinistra più dei comunisti» disse Carlo, e un fulmine lo ridusse alle dimensioni di un bottone.
«Io» disse Emilio «non sono certo attaccato alla sedia...» Un fulmine gliela incendiò, e lui vi perì miseramente.
«Io» disse Giulio «sono sempre stato un po’ di sinistra.» Un fulmine lo fulminò.
«Io» disse Massimo «devo dire che sbagliate tutto. Ci vuole lo scontro fisico. Barricate! Grande diga! Armi in pugno! Filtro a centrocampo! Mollate le ronde! Slegate Costamagna! Moderiamo tutto a ferro e fuoco! E se qualcuno dice che sono un fascista...» Un fulmine lo polverizzò.
«Io» disse Amintore «sono l’unico che ti sono rimasto. Mettiamoci d’accordo. Io non ho mai avuto mire personali sul paese. Per me...» Una raffica di fulmini cadde a pochi centimetri da lui, poi una seconda e una terza. Una voce possente dal cielo gridò: «È piccolo e non sta fermo un momento. Come faccio a beccarlo?». Il discepolo si fermò un fatale istante. Un fulmine lo incenerì, ma aspettiamo a dirlo. Allora Zac alzò il volto al cielo. E disse: «O Signore, cosa farò io ora? Credevo di avere un partito e ho solo un mucchietto di ceneri. Ma mi rimboccherò le maniche. Ricostruirò il partito. Lo rifarò grande e forte. Signore, ancora per tanti anni, noi...».
Zac (il rumore del fulmine) incenerì Zac (il segretario della Dc).
Amen.

Da Miss Kappa le ultime notizie sulla ricostruzione in Abruzzo:

La telefonata


L'amico Daniele, volontario della Protezione Civile e persona degnissima che ho avuto il piacere di incontrare personalmente a L'Aquila, ha rettificato il numero di telefono al quale gli Aquilani si possono rivolgere per chiedere chiarimenti in merito al questionario da riempire in tempi brevissimi. Lo avevo fornito sbagliato. In effetti, fuorviata dalle cifre, scritte sciaguratamente senza differenziare il prefisso, lo avevo scambiato per una linea aquilana. Il numero esatto è 06 828885. Daniele ha anche provveduto a fornirmi un numero verde, dicendomi che entrambi sono attivi dalle nove alle diciassette. Stamani, alle nove, ho chiamato il numero verde. Una voce stentorea, preregistrata dalla Telecom, mi ha informata di essere spiacente di non poter dare seguito alla richiesta, la chiamata proveniva da un'area non abilitata. Rinunciando a cercare di capire quali fossero le aree abilitate, mi sono inoltrata nel numero a pagamento. La voce registrata, stavolta più suadente, mi ha pregato di attendere, avrebbe solertemente individuato un funzionario disponibile. Alla parola funzionario, mi sono illuminata. Anche se Daniele mi aveva avvertita che si trattava di un asettico call center. Avrei finalmente parlato con qualcuno in carne ed ossa? Addirittura un funzionario, al quale far presente i miei dubbi. Ho atteso speranzosa per ben centoquarantasei secondi per sentirmi dire, sempre con fare suadente e preregistrato, di consultare il sito internet della Protezione Civile. Mi è stata offerta la possibilità, però, di lasciare il mio recapito telefonico, per essere eventualmente contattata. Credo che lo scherzetto mi sia costato qualche euro. Non riesco a quantificarlo. E credo che sia l'ennesima presa per i fondelli. Ed esborso di danaro che ingrasserà le società telefoniche. Sempre tramite Daniele, davvero prezioso, sono riuscita poi a mettermi in contatto con il call canter, usufruendo di un canale preferenziale. E lì è stata l'apoteosi della presa in giro. Ho avuto il piacere di interloquire con quattro signorine, tre delle quali immagino pensassero di stare lì a vendere detersivi.
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Monique è una volontaria indipendente, racconta quello che succede a L'Aquila, le ingerenze e le angherie delle forze dell'ordine e della protezione civile:

Perché non ci volete a L’Aquila?

Che noi, e con noi intendo i volontari che sono arrivati a L’Aquila senza infilarsi una divisa, fossimo personaggi scomodi, era chiaro da tempo. In tanti siamo stati perseguitati dalla polizia che fa capo ai COM, dai NAS, da ogni ordine e grado di forze dell’ordine. Mine vaganti, ecco come ci definiscono, persone che non rispondono alla suprema autorità della Protezione inCivile, persone che ragionano con la propria testa e che non direbbero mai la frase, “stiamo solo eseguendo degli ordini”, anche perché ordini non ne prendono da nessuno. Persone che si sono attivate, hanno portato sia la loro opera sia gli aiuti di chi non poteva muoversi da casa ma voleva contribuire, hanno lavorato, giocato, consolato, riso e pianto, scritto e pubblicato quello che accadeva assumendosi sempre la responsabilità di ogni loro azione.

In questo paese questo non è il modo consueto di fare le cose.

Destabilizza.

Ho visto, in questi tre mesi a L’Aquila, tante cose che non andavano: alcune le ho scritte, ma su altre ho scelto di cercare la via del dialogo, e questo pare essere stato l’errore.

Ho visto volontari portare aiuto ai terremotati, trovare un vecchio fienile, un proprietario disponibile a prestarlo, e qui allestirvi un magazzino di distribuzione merci. Li ho visti fare continui viaggi da Roma a L’Aquila per portare abiti, cibo, farmaci. Li ho visti subire il trattamento della Protezione inCivile, che si presentava al magazzino e portava via scatoloni di merce, non per portarla in un campo, ma per portasela a casa.

Ho visto farmacisti della Protezione inCivile, che gestiscono un magazzino a Monticchio, rispondere a chi chiedeva farmaci per un campo che in quel campo avevano già avuto anche troppo. Peccato che in quel campo non ci fossero nemmeno un infermiere o un medico…

Ho visto poche settimane dopo, sempre in quel magazzino, farmaciste gentilissime e disponibili a dare tutto ciò che serviva.

Ho visto un ragazzo, uno sfollato, che da solo aveva creato ed organizzato un magazzino di abiti e cibo in un campo, venire cacciato dal campo stesso all’arrivo della Protezione inCivile, che si è accaparrata tutto quello che c’era.

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Sulla pillola abortiva RU486 si è parlato molto in questi giorni, un argomento che dovrebbe essere trattato dalle donne, qui di seguito alcuni interventi del mondo femminile, da Terezita:

FUORI dai Denti (RU486)

Pascal RENOUX

(tratto da un commento su altro blog)

Non ho mai digerito l’assurdo di certi dibattiti sulla sacralità della "vita a prescindere", svincolata dalle condizioni e dalle situazioni di reale riferimento contestuale.
Non ho mai tollerato senza bestemmiarci sopra certo contrargomentare di sinistra-da-bricolage, quella che si affanna e si arrampica su scale altissime per discutere “democraticamente” con interlocutori del tipo “Gran Cattolicone possibilmente Maschio” all’interno di varie occasioni televisive con divano di fondo e di sfondo: mi riferisco a quelle discussioni senza fine ( sia nel senso di scopo sia nel senso di termine) su quando si debba fissare l’origine della vita e, dunque, la sua messa sull’altare della cattolica inviolabilità.
Sono discussioni senza senso, ecco, solo questo mi sento di dire e, per la verità lo vorrei anche urlare per lo sfinimento.
Sono discussioni senza senso perché il concetto di inizio della vita, intesa sia come principio strettamente fisico sia come “principiare d’anima” ( e qui vai a vedere in quanti modi, religiosi e non, si può intendere l’anima!!!) è un concetto così vago, così inafferrabile, forse addirittura relegato per sempre nell’indimostrabilità scientifica che accapigliarcisi sopra e, soprattutto, accettarlo come presupposto/tema/nocciolo di discussione è né più né meno che come parlare di nouvelle cousine davanti ai denutriti del terzo mondo.
Che l’aborto sia un dramma lo sa chiunque, qualunque donna lo sa.

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E ancora da Viviana:

Basta un poco di zucchero e la pillola va giù, la pillola va giù…la pillola va giù…

Sono contraria, sono contraria per le controindicazioni che con troppa facilità vengono taciute, sono contraria perché sembra che la “pillola del giorno dopo” sia una specie di gomma da cancellare da usare con una serata trascorsa a tratto di lapis.

Non è questione di aborto-sì e aborto-no ma molto più superficialmente di assumersi le responsabilità dei propri gesti.

Sono stata educata dai miei genitori a tener conto dei rischi/errori con la libertà di fare entrambi e la consapevolezza della responsabilità che ne sarebbe seguita.

La Ru486 è una sconfitta per qualsiasi donna, NON è una conquista.

Se è una conquista lo è per quella fetta di umanità maschile per cui un “buco vale l’altro” (perdonate la metafora forse volgare), che a fronte del proprio piacere non ha intenzione di usare “nulla” e che non vuole complicazioni. Ci sarebbe da aggiungere: “peccato che tanta attenzione non l’abbiano usata i loro genitori”.

Si è in grave errore a considerare la RU486 come un antistaminico per allergici ai bambini; un aborto: terapeutico, voluto, spontaneo, indotto lascia, nella donna, tracce indelebili.

Non le sottovalutate in virtù di una vita apparentemente più facile nell’immediato, i nodi verranno al pettine, magari nel momento più impensabile!



Da Giovanotta con il suggerimento alla lettura del post di Floriana:

RSU 486

"Se gli uomini restassero incinti potresti avere un aborto anche dal barbiere" (Daniele Luttazzi)

e non lo scrivo ridendo, ma anzi molto ma molto incazzata!!! (mi perdonino gli amici di blog maschi intelligenti, la citazione non è per loro).

per chi desiderasse una riflessione un po' meno "sintetica" della mia, può dare uno sguardo al blog di Floreana2.

Le donne devono decidere sull'aborto e sulla pillola abortiva, ma il post di Voglio scendere è dalla parte delle donne:

Vade retro Ru486


Vignetta di Vukic

Le gerarchie ecclesiastiche - formate da maschi adulti e illibati che dai tempi della disturbante adolescenza vivono rigorosamente tra loro sorvegliando da lontano i gesti e gli occhi misteriosi delle donne - considerano la pillola abortiva RU486, la cosiddetta “pillola del giorno dopo” che agisce entro le 7 settimane di gravidanza, un “pesticida umano”, “un veleno”, che le donne usano contro la vita. La sua “facilità di impiego” la rende diabolica, addirittura “una crepa nella civiltà”. In difesa della quale volentieri aggiungono la minaccia futura della scomunica e la pratica quotidiana delle offese.

Guardandole solo da lontano e con rancore, i vescovi immaginano le donne dei sottouomini, con il peccato mortale incorporato nel cuore e specialmente nel corpo. Tutte figlie di Eva, intente appena possibile all’aborto, come gesto coerente che perfeziona il delitto della fornicazione, degenerato al punto da trasformare il suo contenuto vitale, in un viatico alla morte.
... Continua

La vera Ale ha iniziato a comporre template, chi volesse usufruire di questo servizio non ha che da contattarla:

Template abbastanza semplice a due colonne. Se non trovate le anteprime è perchè mi piace che il template sia personalizzato assieme a chi ne vorrà far uso. Assieme aggiungiamo tag, adesivi e quanto altro.


templateangelo


Da Iris Dark una splendida poesia:

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Si staglia sull’infinito
Quel gotico castello
E le sue note d’organo
Sospese alle finestre
Si lasciano cullare.


Da alcune dichiarazioni di tale Paolo Guzzanti deputato del PDL, pare che durante le ultime elezioni il Cavaliere abbia fatto dei patti non proprio etici con alcune donne che fanno parte della compagine ministeriale, Mauro Biani commenta:

Cucinare colpi di stato



Sui corpi di stato anche l'opinione di Natangelo:

Resumè

(quest vigntta si chiama ‘forza italia’)


Il futuro visto da Gavavenezia:

fiat dux






















Sono ormai diversi giorni che alcuni operai della Innse di Milano si sono abbarbicati su una gru, ad un'altezza di venti metri per protestare contro lo smantellamento dell'azienda, il commento di Maramotti:
























Stesso argomento trattato da Mauro Biani:

Tra Politico e privato. Consuetudini.


Pillola del giorno: Rapimento Moro: ZACCAGNINI Speriamo che vadano in ordine alfabetico.
"Il Male".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ahahahahahahahah.....!!!!!! L'ultima barzelleta è bellìssìma.... XD

Tanto...ìn un modo o nell'altro... luì cì ìnchìappetta sempre.... XD

aps07