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So cute, lovely, compassion, empaty… tutti aggettivi che si ritrovano spesso nei molti filmati che girano in rete, per descrivere cuccioli, non solo, di animali non umani.
Maialini con il cappottino, agnelli al guinzaglio e pulcini al mare, questa sembra essere la nuova frontiera dell’antropocentrismo: umanizzare chi umano non lo è.
Suscitare tenerezza, compassione ed empatia tramite filmati divertenti, pensando che si possa in qualche maniera aiutare gli animali, generando quella presa di coscienza nell’umano che conduca a non consumare più carne, pesce e derivati.
Affermare di continuo quanto gli animali siano intelligenti, dando importanza al fatto che rispondano al nome a loro assegnato come i “nostri” amici più fedeli, i cani, non fa altro che rimarcare quanto la nostra visione antropocentrica e specista sia ancora ben radicata e presente nel quotidiano.
Specismo che si riflette nel prendere in considerazione solamente certe specie animali ignorandone altre, perché ritenute non abbastanza “carine” o “amorevoli”, dando così maggiore risalto ad immagini di maiali, vitelli e agnelli (questi sono quelli che vanno per la maggiore) ai quali viene attribuito il ruolo di “ambasciatori” di quell’universo animale da rendere libero.
Spesso viene fatto riferimento solo ad alcune specie animali, in quanto considerate cibo, dimenticandosi del resto come se la Terra fosse concepita a compartimenti stagni e la vita di un vitello valesse di più di quella di una formica solo perché, all’occhio umano, le due specie non suscitano la stessa empatia, o perché non ricambiano di quelle attenzioni proprie di alcuni animali.
Maialini con il cappottino, agnelli al guinzaglio e pulcini al mare, questa sembra essere la nuova frontiera dell’antropocentrismo: umanizzare chi umano non lo è.
Suscitare tenerezza, compassione ed empatia tramite filmati divertenti, pensando che si possa in qualche maniera aiutare gli animali, generando quella presa di coscienza nell’umano che conduca a non consumare più carne, pesce e derivati.
Affermare di continuo quanto gli animali siano intelligenti, dando importanza al fatto che rispondano al nome a loro assegnato come i “nostri” amici più fedeli, i cani, non fa altro che rimarcare quanto la nostra visione antropocentrica e specista sia ancora ben radicata e presente nel quotidiano.
Specismo che si riflette nel prendere in considerazione solamente certe specie animali ignorandone altre, perché ritenute non abbastanza “carine” o “amorevoli”, dando così maggiore risalto ad immagini di maiali, vitelli e agnelli (questi sono quelli che vanno per la maggiore) ai quali viene attribuito il ruolo di “ambasciatori” di quell’universo animale da rendere libero.
Spesso viene fatto riferimento solo ad alcune specie animali, in quanto considerate cibo, dimenticandosi del resto come se la Terra fosse concepita a compartimenti stagni e la vita di un vitello valesse di più di quella di una formica solo perché, all’occhio umano, le due specie non suscitano la stessa empatia, o perché non ricambiano di quelle attenzioni proprie di alcuni animali.
L’antispecismo deve rappresentare quella scintilla che porta a concepire la Terra come un tutto costituito da animali umani, animali non umani, specie vegetali e minerali, dove ogni singolo individuo porta con sé un valore unico e assoluto: non esistono animali più intelligenti di altri, non è questo che deve determinarne il rispetto espresso nei loro confronti, ogni specie ha le sue peculiarità e per questo va rispettata, in quanto vita.
Non dobbiamo domandarci se un serpente sia meno intelligente di un polpo, o se il maiale sia o meno più loquace di un cane, il punto non è provare eguale empatia nei confronti di ogni animale non umano, ma rispettarlo a prescindere da questo.
Purtroppo sta prendendo piede una tendenza nel mondo “vegan” che vede alcune associazioni animaliste portare avanti campagne speciste dedicate, puntando sull’intelligenza e “umanità” che questi fortunati (per modo di dire, considerando che i consumi di carne sono in aumento) esprimono, cercando così di invogliare il consumatore a cambiare alimentazione puntando sul fatto che gli animali non umani siano come noi.
Determinare il rispetto da esprimere nei confronti degli animali non umani in relazione a quanto essi possano rispecchiare l’umanità degli animali umani, o tentando di rifletterla su di loro, è solo un’altra forma di prevaricazione che azzera la loro soggettività, mantenendo viva la cultura antropocentrica.
Non dobbiamo domandarci se un serpente sia meno intelligente di un polpo, o se il maiale sia o meno più loquace di un cane, il punto non è provare eguale empatia nei confronti di ogni animale non umano, ma rispettarlo a prescindere da questo.
Purtroppo sta prendendo piede una tendenza nel mondo “vegan” che vede alcune associazioni animaliste portare avanti campagne speciste dedicate, puntando sull’intelligenza e “umanità” che questi fortunati (per modo di dire, considerando che i consumi di carne sono in aumento) esprimono, cercando così di invogliare il consumatore a cambiare alimentazione puntando sul fatto che gli animali non umani siano come noi.
Determinare il rispetto da esprimere nei confronti degli animali non umani in relazione a quanto essi possano rispecchiare l’umanità degli animali umani, o tentando di rifletterla su di loro, è solo un’altra forma di prevaricazione che azzera la loro soggettività, mantenendo viva la cultura antropocentrica.
Fonte: Earthriot
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