giovedì 5 gennaio 2017

Agripunk. Dove prima c’era sfruttamento, ora regna la libertà!

L'uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri animali con la frode, la violenza e la crudeltà.
(Charlie Chaplin)

Da quando sono vegan ho trascorso alcuni periodi della mia vita in alcuni rifugi di animali liberati,ho vissuto alcune settimane da Ippoasi in Toscana, nove mesi presso Vallevegan vicino Tivoli nel Lazio e alcuni giorni presso Thegreenplace nei pressi di Nepi sempre nel Lazio, esperienze entusiasmanti vissute a contatto con la natura e con tanti animali cosiddetti da reddito, cavalli, galline, cani, oche, gatti, conigli, mucche, capre, pecore e maiali, vivere in compagnia di tanti animali liberi giocosi e allegri è un'esperienza travolgente che tutti dovrebbero provare e mi piacerebbe un giorno visitare il rifugio I Musicanti di Brema sempre in Toscana;
Ma esiste in Toscana nella valle del Chianti un rifugio particolare, il suo nome è Agripunk un luogo speciale che come racconta EarthriotDove prima c’era sfruttamento, ora regna la libertà!
Potrebbe sembrare il titolo di una favola, di quelle a lieto fine, perché è così che dovrà essere. Una favola divenuta realtà ambientata nei giorni nostri alla quale tutti possono prendere parte recandosi ad Ambra di Bucine, in provincia di Arezzo, dove potrete trovare Agripunk.
Agripunk è una realtà antispecista che fa della cultura della nonviolenza la base sulla quale ha costruito un santuario per i cosiddetti “animali da reddito” salvati dalla sorte scritta per loro dall’industria della carne e dei derivati.Il santuario è stato eretto su un terreno dove prima sorgevano quelle espressioni antropocentriche, simbolo del dominio dell’uomo sulle altre specie. In questo caso si trattava di allevamenti di tacchini della ditta Amadori: circa 7 capannoni dove ogni tre mesi venivano uccisi 30.000 animali.
Cristina Polzonetti in questo articolo intervista racconta in maniera appassionata, entusiasmante, affascinante, e coinvolgente l'intrigante storia di questa Isola che c'è:
La prima volta che sono capitata ad Agripunk, era inverno e pioveva. Viaggiavo insieme ad alcune colombe che, dopo aver passato la vita in gabbia in quello che una volta era uno zoo, stavano per andare verso una nuova vita.
La prima cosa che vidi, come tutti quelli che arrivano, furono i capannoni. Una fila di edifici grigi come il cielo. Lo stesso freddo lurido aspetto di tanti altri capannoni che avevo avuto modo di vedere ed odiare. Da quelli di Green Hill a quelli di altri allevamenti, di galline, conigli, maiali.
Ma quei capannoni erano vuoti. Tra l’uno e l’altro facevano capolino ora una capra, ora una pecora. E in uno di essi entrammo con le colombe. Quella sarebbe stata la loro casa, per il periodo loro necessario a rinforzare la muscolatura, imparare bene a volare, e a vivere da uccelli liberi, sotto la guida del Tenente, il piccione padrone di casa.
Il fatto che questo posto, da prigione di tacchini destinati a morire ammazzati e venduti con il marchio Amadori (proprio loro: quelli che hanno vinto il premio “Good Chicken” di Compassion in Word Farming per il benessere animale nel 2012; quelli che sono stati portati a modello, sempre per il benessere animale, questa volta dei tacchini, durante un convegno organizzato ad Expo da Food and Feed for Well Being con la collaborazione dell’Università di Milano) si stesse trasformando in un’isola di tranquillità e pace per gli animali di ogni specie, è una sorta di augurio per chi, come me, crede in certi principi. Come se il miraggio di un mondo senza gabbie, sfruttatori, sfruttati, senza divisioni e prevaricazioni, si fosse realizzato.
Come se avessi trovato la strada per l’isola che non c’è...

...Due chiacchiere con gli Agripunkers
Leggendo la presentazione sul vostro sito, si arriva subito a trattare quel che mi interessa.
Innanzi tutto la storia della riconversione dell’allevamento.
Parlando della problematica legata a questa “moda” di acquistare animali dagli allevatori, sovvenzionando quindi chi gli animali li sfrutta, a prima vista si potrebbe pensare che anche voi, acquistando un allevamento, abbiate fatto la stessa cosa. Ovvero dare denaro (e tanto) a chi ha fatto i soldi sulla pelle di quei tacchini.
E questa, infatti, è una critica che a volte sento dire nei vostri confronti, da chi ha una conoscenza superficiale di voi, della vostra storia e di quel che siete.
Vi andrebbe di spiegare per bene come in realtà è nata la vostra idea, cosa avete fatto affinché divenisse realtà, cosa avete (anche emozionalmente, se vi va) passato nel periodo di forzata vicinanza con quei capannoni pieni di tacchini, come questo vi ha cambiato, e cosa in realtà state portando avanti come progetto? La vostra idea di mantenere almeno un capannone e farne una sorta di museo e monito, che mi era tanto piaciuta, è ancora valida?
Questa è una questione che di solito affrontiamo a voce. Chi ci conosce superficialmente si basa solo su quello che trova scritto su internet, forse per quello si pone questi dubbi, anche giustamente.
Chi è stato qui come te e tanti altri e queste cose ce le ha chieste, sa perfettamente tutta la storia e proveremo a spiegarla in qualche modo.
Comunque, innanzitutto vorremmo porre l’attenzione sulla differenza tra acquistare degli animali pagandoli ad un allevatore, finanziando la sua attività di sfruttamento e supportando la mercificazione delle loro vite, e tra lottare ogni giorno contro gli allevatori di Amadori come abbiamo fatto noi.
Come abbiamo fatto?
Abbiamo portato a conoscenza di tutte quelle irregolarità che non sconvolgono solo gli animalisti in quanto efferatezze nei confronti degli animali, ma anche quelle a livello sanitario ed economico, che di solito sono volutamente non viste dagli organi di controllo, facendo sapere chiaramente chi è a commetterle.
Abbiamo fatto foto e video di quello che succedeva nei capannoni, qualcosa abbiamo messo su internet e qualcosa abbiamo fatto vedere alle persone.
Quegli stessi organi di controllo, quando sono stati messi di fronte alla realtà dei fatti ma, soprattutto, quando hanno saputo che in tutti i paesi intorno si conoscevano questi aspetti nascosti dell’allevamento, sono corsi ai ripari.
Qui non si è solo fatto chiudere un allevamento (con il rischio di vedere riaprire questo o un altro), assolutamente. Non ci abbiamo dormito 2 anni per studiare bene la cosa e la soluzione era fare in modo che l’allevatore non potesse più riaprire altri allevamenti, ed è quello che siamo riusciti a fare facendogli levare il codice aziendale sia qui che nell’altro allevamento che aveva (chiuso pure quello) e rovinandogli la reputazione tanto che l’ASL della zona non gli concede di riaprirne altri.
Vorremmo poi precisare che chi beneficia del nostro affitto a riscatto, non è un allevatore. Lo era suo padre, ma lui ha sempre voluto un altro destino per questa valle. Lui stesso si rifiutava di vivere qui e cercava di convincere i soci a cambiare destinazione d’uso al podere e, quando gli abbiamo proposto il nostro progetto, ne è stato felice.
L’allevatore da noi non ha avuto nulla se non rogne.
Vero, è un impegno lungo e i soldi possono sembrare tanti ma, primo, è la metà almeno del suo valore. Ricordiamo che sono 26 ettari di cui almeno 20 a bosco e pascolo dedicati solo ed esclusivamente agli animali non umani.
Secondo, si tratta di assicurare un posto ampio e definitivo alla salvezza di animali che, ricordiamolo, mentre negli allevamenti muoiono dopo pochi mesi, in verità avrebbero una vita molto lunga. Alcuni dai 20 ai 30 anni.
Un posto che deve servire ad ospitare animali anche di una certa stazza e durata di vita, non può essere un posto precario dove da un momento all’altro ti possono buttare fuori.
Ospitando animali “da reddito” come suini, bovini, ovicaprini ed equidi devi tenere in considerazione che, se tutto va bene, quegli animali vivranno una vita lunga e completa e quindi avranno bisogno di un posto sicuro, tranquillo, che diventi la loro casa senza subire tanti traslochi e dove non ci sia difficoltà di approvvigionamento di cibo, così si avrà anche una riduzione delle spese per il loro mantenimento.
Poi c’è da considerare che non parliamo solo dell’allevamento, ma anche di 5 appartamenti – varie officine – uffici – camere e stanzini vari- 20 ettari appunto di pascolo e bosco più altri 6 di vigneto e frutteti.
Con 2000 euro al mese c’è chi si compra una villetta a schiera nel nuovo quartiere residenziale, creato dove prima magari sorgeva un’area verde, e magari costruita e venduta da impresari e speculatori edilizi senza scrupoli. Con la stessa cifra noi stiamo acquistando nuova vita per questo angolo di mondo.
Altra cosa che rende questo posto spettacolare è la varietà di possibilità a livello di piano regolatore.
Ti spiego: non in tutti i terreni che puoi trovare (anche a prezzi stracciati) puoi costruirci stalle o abitazioni (vedi problemi con vincoli urbanistici vari), come puoi trovare vicini di casa ostili perché infastiditi dall’odore degli animali.
Qui questi problemi non ci sono essendoci stabili già adibiti a stalle da tempo, ed essendo la gente qui intorno talmente disgustata dal puzzo e dalla vista dell’allevamento da non sentire altri odori ma anzi, da essere felici di aprire il balcone e scorgere da lontano gli animali al pascolo.
Proprio in questi giorni un ragazzo ci ha detto che i suoi, che sono nostri vicini di casa, ci adorano per quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, un altro vicino ci sta aiutando a sistemare la strada, nel territorio si sta ampliando la curiosità per l’antispecismo. Insomma, c’è una possibilità concreta di azione.
Non ci speravamo nemmeno in questi risultati.
Sai quante volte abbiamo pensato di andare via di qui?
Perché non sopportavamo quell’odore.
Perché non sopportavamo quella vista.
Perché non sopportavamo quei lamenti.
Perché pensavamo che qualsiasi cosa potessimo fare sarebbe stata inutile.
Però poi sentivamo l’energia di questo posto, con le sue sorgenti, con la sua biodiversità. Come se ci chiamasse per chiederci aiuto a risorgere. Ed abbiamo ascoltato la sua voce, la loro voce.
Le cose hanno funzionato, ci sono tante persone che credono in noi, che si sono fidate e che ora iniziano a vedere i risultati e molte altre si stanno aggiungendo!
Lavoriamo senza sosta perché ci arrangiamo da noi sia per la ristrutturazione, sia per la gestione degli animali, sia per le coltivazioni sia per quel che riguarda la gestione amministrativa e di informazione.
L’idea del capannone come museo ovviamente rimane, per raccogliere lì dentro oltre 50 anni di dolore e per farlo sentire a chi ancora non lo conosce, a chi ancora crede alle favole della propaganda dei produttori di carne.
Per far vedere che la carne felice e il benessere animale non esistono e non potranno esistere mai finché anche solo uno di loro muore.
Chi viene qui, prima che vedere gli animali liberi e felici, vogliamo che entri in un capannone e provi cosa significa essere un oggetto, un deportato, uno schiavo, un prigioniero. Per assaporare poi la gioia nell’uscire all’aperto e respirare l’aria limpida.
... Continua
Per concludere la presentazione di questo luogo magico vi invito a visitare il loro sito internet e visionare il loro ultimo video:

Un Video Lungo 2 Anni (e oltre)

Volevamo fare un breve video che riassumesse quello che è cambiato e quello che è successo da quando è iniziata la nostra avventura.
Abbiamo iniziato con qualche fotina e poi "no metti anche questa", "nooo questa ci deve essere", "aspetta ne ho fatte ora di nuove bellissime" e insomma alla fin fine ci siamo ritrovati con un film di un'ora e rotti.
Abbiamo provato ad accorciarlo in qualsiasi modo ma ogni pezzetto che si provava a levare sembrava così significante da dover restare e ci dispiaceva.
Sappiamo benissimo che NESSUNO (genitori a parte) avrà mai la forza di guardarlo tutto, perchè troppo lungo però ogni cosa, ogni istante, ogni fotogramma di questo video è un pezzo importante di storia, della nostra storia perlomeno e di quella di tutt* coloro che dall'inizio ci aiutano e supportano.
Se è troppo lungo per voi, mettetelo in pausa e guardatelo "a puntate".
Se la musica non vi piace, guardatelo con il mute.
Se non ve ne frega nulla, non guardatelo..

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