martedì 28 febbraio 2017

L'incredibile messaggio per gli esseri umani che pensano di essere liberi.


Tratto dal saggio L'illusione della libertà, bestseller di Amazon nella categoria sociologia. Disponibile anche in download gratuito al seguente indirizzo.

Siamo fermamente convinti di avere la libertà d'espressione, di stampa e di culto, il libero mercato, le frontiere libere, la libertà di poter scegliere il percorso di studio preferito e di cercare, o inventare, liberamente il nostro lavoro.

La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case dei lavoratori assopiti davanti alla Tv, insinuandosi perfino nelle menti malinformate di chi legge gli articoli scritti dai pennivendoli asserviti al potere.

Ma che strano: perché tutta questa necessità di rimarcare il concetto di libertà?

Se vivessimo realmente in condizioni di libertà che bisogno ci sarebbe di sottolinearlo continuamente?

Siamo davvero così liberi come ci dicono o forse ci stiamo soltanto illudendo di esserlo?

Per cercare di rispondere a queste domande, vorrei raccontarvi la storia di un normale essere umano che visse per tutta la vita credendo di essere libero.

Una storia che riguarda da vicino un po' tutti noi...

Salve, io sono un essere umano e so di essere libero, proprio come voi che state leggendo questa storia! Come faccio a esserne certo? Oh, è molto semplice: basta ripercorrere le tappe fondamentali della mia vita, o meglio, della nostra vita...

La libertà permea così a fondo l'esistenza da manifestarsi sin dal preciso istante nel quale veniamo al mondo.

Nostro padre è talmente libero da non riuscire a trovare il tempo necessario per veder nascere suo/a figlio/a. No, non è una scusa! Vorrebbe essere proprio lì con noi, ma non può perché è troppo impegnato con il lavoro.

Tornati a casa dall'ospedale, pochi mesi più tardi, anche nostra madre ci abbandona per molte ore al giorno, perché il congedo di maternità finisce, ed è di nuovo libera di tornare a lavorare.

I papà e le mamme sono talmente poco condizionati dalle rispettive attività lavorative, che non possono veder crescere i loro figli se non in modo fugace, sfruttando quei rari momenti di vigore e lucidità recuperati nei giorni festivi.

Quasi sempre, in virtù esclusiva della loro libertà, i nostri genitori sono costretti a consegnarci a delle apposite strutture: prima gli asili nido e poi gli asili d'infanzia.

Difficilmente un genitore può permettersi il lusso di rimanere a casa, perché con un solo stipendio si è liberi di non riuscire ad arrivare a fine mese.

E per fortuna i nostri genitori ce l'avevano un lavoro, stabile e sicuro, altrimenti sarebbero stati talmente liberi, che non avrebbero neppure pensato di metterci al mondo, visto che poi non sarebbero riusciti a sfamarci.

Poco dopo aver iniziato a camminare e a proferire parola, siamo talmente liberi che i nostri genitori ci spediscono diritti a scuola.

E meno male che ci sono i rientri pomeridiani, altrimenti quegli stacanovisti dei nostri genitori avrebbero dovuto assoldare i nonni, bene che vada, o una baby-sitter.

A scuola siamo talmente liberi di scoprire il mondo e di formare la nostra visione personale, che fin dai primi giorni ci costringono a stare seduti per tutto il tempo, al fine d'inculcarci delle verità precostituite, avvalendosi di meccanismi traumatici e ricattatori, come le note disciplinari o, peggio, la bocciatura.

Lo fanno a fin di bene, ovviamente! Se non fosse che i programmi scolastici sono stabiliti dal Ministero dell'Istruzione, un dicastero fondamentale del governo italiano, al servizio del benessere di tutti gli esseri viventi.

Scusate, mi sono confuso, quello avviene nel mondo delle fiabe! Già, perché nella realtà lo Stato è il più potente strumento al servizio del capitale.

Così, in un'economia capitalistica, i suoi mezzi saranno liberamente utilizzati per favorire gli interessi di una élite, non di certo della collettività.

A tal fine, i programmi e i metodi d'insegnamento vengono stabiliti così bene e in modo così libero, che a scuola c'insegnano che non si deve esercitare lo spirito critico, e che si devono imparare a memoria le presunte verità che l'insegnante ci presenta esattamente come sono, senza discutere, sulla base di un validissimo principio di autorità.

La logica, la matematica, l'approccio scettico-razionale e quello scientifico? No, quelle sono cose inutili, ostiche, difficili, che interessano solo le menti geniali, che conducono alla pazzia e all'emarginazione sociale.

Nei programmi inseriscono pure qualche ora d'indottrinamento religioso, l'IRC, tanto per esser sicuri che i membri delle nuove generazioni non imparino mai a pensare, e invece credano in modo acritico-fideistico a ogni sorta di assurdità.

Ovvio, se non fosse così, il giovane studente, divenuto adulto, potrebbe esercitare il suo spirito critico per rimettere in discussione il potere, e questo, come tutti sanno, è bene che non accada in una società dove regna la libertà di asservire i propri simili esercitando il controllo sociale.

Abbiamo la libertà di culto, eppure siamo così liberi, ma così liberi di scegliere la nostra religione, che stranamente quasi tutti praticano il medesimo credo dei propri genitori, salvo rare eccezioni.

Siamo talmente liberi che arrivati a 13/14 anni già bisogna scegliere un indirizzo per la scuola superiore, senza neanche avere la più pallida idea di che cosa significhi realmente quella scelta per il nostro futuro.

Eppure, ci dicono, è bene che decidiamo liberamente in prospettiva del lavoro che vorremmo fare da grandi.

Siamo talmente liberi che a scuola iniziano a catalogarci e a etichettarci, impartendoci un sapere settorializzato e marchiandoci a vita con delle valutazioni.

Non esiste un corso di studio il cui scopo sia far esprimere il vero potenziale racchiuso in ogni essere umano, perché chi detiene il potere non ha bisogno che fioriscano simili individui, ma di specifici automi, omologati e non-pensanti, disposti a sacrificare la propria esistenza asservendosi liberamente alle loro necessità.

Il capitale pretende che scuola e università sfornino macchine programmate per svolgere un preciso ruolo, che devono essere intercambiabili l'una con l'altra, in modo da avere uno scarso valore commerciale ed essere così maggiormente ricattabili.

Gli studenti non devono capire di essere "umani", vale a dire individui unici e irripetibili, che hanno un valore intrinseco incommensurabile.

Non devono neanche comprendere il reale valore del tempo della vita, la straordinaria importanza della libertà, e tanto meno il fatto che la complessità dell'esistenza gli riserverà uno spettro pressoché infinito di possibilità.

Ma la cosa più importante è che si convincano nella maniera più assoluta che non possa esistere un'altra realtà, altrimenti non sarebbero più disposti ad accettare in modo libero e volontario le assurdità dell'odierna società.

Dopo 5 ulteriori anni di studi demotivanti, noiosi e forzosi, che finiscono per allontanare quasi tutti gli studenti dal libero pensiero e dalla vera sete di conoscenza, saremo talmente liberi da dover effettuare un'altra gravosa scelta:

andare a lavorare oppure continuare gli studi per poi andare a lavorare, sempre in virtù esclusiva della libertà di poter scegliere che cosa fare della nostra vita.

Ovviamente prima d'iniziare a lavorare, sia chiaro, sempre e comunque in modo volontario, dovremo cercare "il" lavoro che pensiamo di voler fare, che però dopo qualche mese di ricerca diventa un lavoro che vogliamo fare che, dopo un altro po' di attesa, diventa "un" lavoro, che per molti si trasforma in un apprendistato sottopagato, in un tirocinio non retribuito, in un'attività di volontariato o nella disoccupazione.

Iniziamo così a sperare liberamente di poter lavorare a qualsiasi condizione. Qualcuno è perfino eroicamente disposto a darsi per mare per cercare fortuna in terre lontane.

Ma siamo liberi, quindi, se il lavoro non c'è possiamo inventarcelo, diventando imprenditori di noi stessi!

Esattamente, siamo talmente liberi che le attività che possiamo pensare di avviare devono essere necessariamente remunerative, altrimenti non sarebbero economicamente sostenibili.

Quindi, se per disgrazia ciò che ci piace fare non genera profitto, l'economia di libero mercato c'impedisce di farne la nostra principale attività di vita.

Pazienza, chiuderemo liberamente i nostri sogni in un cassetto, perché la nostra scelta libera è di lavorare e non di fare ciò che vorremmo fare!

Così, se non possiamo vivere di rendita, né sfruttando gli altri, e siamo anche così sfortunati da non avere abbastanza capitale, o idee adatte, per avviare un'attività che generi profitto, bisognerà, sempre in tutta libertà, mendicare il lavoro da chi invece di capitale ne possiede perfino in abbondanza, a causa della libertà d'impossessarsi di risorse e beni comuni e di accumulare in eccesso rispetto alla media, nonostante moltissimi esseri umani stiano liberamente vivendo in povertà da qualche altra parte del mondo.

Li chiamano imprenditori, datori di lavoro o benefattori, perché ti offrono la possibilità di poter lavorare in cambio della maggior parte della tua vita e del frutto del tuo lavoro, che gli vengono riconosciuti grazie alla tua volontà di donarglieli.

Dopo mesi di libere ed estenuanti ricerche, finalmente riusciremo a trovare un lavoro.

Una volta firmato un contratto, con il quale legalizzeremo e puntualizzeremo le modalità del nostro sfruttamento, saremo liberi d'iniziare a lavorare.

Per ringraziati del fatto che con il tuo lavoro manterrai lui e la sua famiglia, consentendogli perfino di vivere nel lusso, il capitalista, o chi per lui, sarà libero di sottoporti a ritmi di lavoro disumani, e sarà anche libero di licenziarti, se per disgrazia ti rifiutassi di svolgere diligentemente le mansioni che ti verranno assegnate.

Tu invece, essendo un lavoratore subordinato, sarai libero di ringraziare per la possibilità di essere sfruttato, o di rimanere senza lavoro, rischiando di diventare povero e finire per strada.

Prima di tutto, però, per meritarti l'assunzione, dovrai liberamente sottoporti a dei ridicoli test psico-attitudinali, come se fossi una cavia da laboratorio.

Perché ci fanno questo? Siccome non c'è posto per tutti, sono costretti a scegliere il migliore, ovvero quello che dimostra di essere più schiavo degli altri.

Ovviamente quelli che rimangono fuori sono liberi di trovarsi un altro lavoro, ammesso che ci riescano.

Proprio così! Perché in un mondo dove regna la libertà, gli esseri umani non hanno la certezza di trovare un lavoro dignitoso che gli permetta di vivere serenamente la vita, no!

In un mondo veramente libero, il lavoro è mal ripartito: invece di lavorare tutti 4-6 ore, c'è chi lavora 8-12 ore e chi niente;

così gli esseri umani devono competere per farsi assumere, provocando la disperazione degli altri e la propria - illusoria - felicità, che durerà ben poco.

Infatti, chiunque riesce a trovare un lavoro, ben presto si accorge di essere talmente libero, ma talmente libero, da non avere più tempo per fare niente al di fuori dell'ambito della propria attività lavorativa.

Il lavoro diventa la sua vita e la sua vita diventa il suo lavoro: è questa la massima espressione di libertà per un lavoratore subordinato.

Ma come ci ricorda quella scritta in ferro battuto tristemente nota: «Il lavoro rende liberi». O forse no?

Di norma, chi lavora è talmente libero, ma talmente libero, che si comporta come un carcerato temporaneo, che si rinchiude volontariamente nella propria cella per 8-10 ore al giorno per 40 anni, bene che vada.

Che lavorare sia estremamente bello, salutare e divertente è un fatto altrettanto evidente.

Lavorare piace così tanto alle persone che stranamente non perdono occasione per allontanarsi da esso ogni qual volta si presenti una festività.

Altri, invece, da quanto sono innamorati del proprio lavoro, inveiscono contro il governo non appena l'età pensionabile viene spostata un po' più in là.

Il lavoratore medio è così motivato, e si reca talmente liberamente al lavoro il lunedì mattina, che i medici si sono dovuti inventare un nome per una nuova sindrome che, con molta fantasia, hanno deciso di chiamare "sindrome del lunedì" (1).

Quando un lavoratore si ammala, il medico gli prescrive dei giorni di riposo forzosi. Infatti, come tutti sanno, lavorare fa così bene alla salute che per guarire è meglio stargli lontano.

Ma in molti amano talmente tanto il proprio lavoro da chiedere un certificato di malattia anche quando non sono ammalati.

Lavorando, prima o poi, ci si accorge che il ruolo che pensiamo di aver scelto liberamente tra quelli disponibili e rispetto al quale abbiamo avuto la libertà di adattarci, non è stato concepito per essere bello, piacevole o motivante, ma è stato ideato per essere funzionale alla realizzazione del profitto.

Così, pur subendo volontariamente un furto da parte dei capitalisti e nonostante svolgeremo un ruolo incompatibile con la nostra natura umana e il nostro essere, avremo un misero stipendio, con il quale compreremo una bella macchina da usare tutti i giorni per andare a lavorare;

una casa, che utilizzeremo per dormire quando non saremo al lavoro; del cibo per mantenerci in vita, in modo tale da poter lavorare in modo efficiente;

dei vestiti firmati, che però resteranno quasi sempre in armadio perché non avremo neanche il tempo per indossarli;

un non ben precisato numero di oggetti, anche inutili e di scarsa qualità, acquistati e riacquistati di continuo a seguito di pressanti condizionamenti mentali dovuti alla pubblicità, all'invidia o ad altri meccanismi quali l'obsolescenza programmata (2).

Già, perché i produttori sono liberi di indurre il bisogno al consumo e di commercializzare beni appositamente concepiti per deteriorarsi rapidamente, o per guastarsi allo scadere della garanzia senza possibilità di essere riparati.

Lavorando saremo liberi e felici di far arricchire i nostri benefattori, coloro che ci hanno concesso la possibilità di farci rubare una parte consistente del tempo della nostra vita e del frutto del nostro lavoro;

di pagare un mutuo, che ci costringerà "amorevolmente" a lavorare per altri 20-30 anni, con somma gioia degli strozzini della banca verso la quale ci siamo indebitati;

e di alimentare i processi consumistici, che innescheranno ritmi di produzione-consumo sempre più rapidi, in modo da generare un maggior profitto per i capitalisti, oltre che un indesiderabile inquinamento ambientale per l'intera umanità.

Con il nostro libero consumo di prodotti, che si guastano, non sono riparabili, diventano obsoleti e fuori moda, alimenteremo la crescita economica, permettendo così anche ad altri esseri umani di procurasi liberamente la propria condizione di asservimento nei confronti dei detentori dei mezzi di produzione.

I vestiti alla moda e l'auto nuova, però, aumenteranno la probabilità d'incontrare il/la compagno/a della vita che, in modo del tutto libero, e non a causa di consuetudini sociali, decideremo di sposare, salvo divorziare altresì liberamente dopo un po' di anni.

Il tutto non prima di aver messo al mondo delle creature indifese che, a loro volta, saranno liberamente costrette a subire le conseguenze dovute alla stupidità dei propri genitori e alle inevitabili complicazioni di una convivenza forzosa basata su di un mix illusorio di fedeltà e amore eterni.

Mentre i nostri figli cresceranno, e faremo di tutto affinché anch'essi ripetano i nostri medesimi errori, la vita andrà avanti tra stress e libere privazioni dovute alla mancanza di tempo e/o di denaro, entrambi riconducibili all'attività lavorativa, ma nonostante tutto andremo avanti imperterriti, sperando di poter continuare a lavorare fin quando non saremo vecchi.

Fine della storia.

Perché? È semplice: non succederà più niente di significativo. Saremo diventati dei perfetti ingranaggi della macchina economica.

Strapperemo i fogli dal calendario uno dopo l'altro, conducendo giornate sempre più simili, sempre più vuote, sempre più inutili e insensate.

Il resto della nostra vita volerà via un po' come in quel film, nel quale il protagonista ogni mattina si sveglia ed è condannato a rivivere la medesima giornata.

Solo che a ogni ripetizione saremo un po' più stanchi, un po' più spenti e un po' più vecchi...

fin quando il capitale, dopo averci sfruttato per 40 anni, ci getterà come dei rifiuti industriali perché non saremo più utili per generare profitto.

A quel punto saremo effettivamente liberi di smettere di lavorare, percependo addirittura una misera pensione.

Ma avremo 68 anni, o forse più, e molto probabilmente verseremo in condizioni psico-fisiche indecorose.

Impiegheremo quasi tutto il nostro denaro per acquistare i medicinali che ci faranno sopravvivere altri 10-15 anni, con somma gioia delle multinazionali del farmaco.

Prima di andare liberamente a finire in un ospizio, in un letto d'ospedale o di passare a miglior vita, dovremo decidere che cosa fare di quel poco tempo libero che avremo ancora a nostra disposizione;

ma a quel punto ci renderemo conto che lo spettro delle infinite possibilità, che da giovani si manifestava innanzi ai nostri occhi in tutta la sua magnificenza, la cui vista, però, ci veniva sapientemente preclusa dai condizionamenti del sistema, si sarà ridotto così tanto, ma così tanto, che saremo liberi di scegliere un qualsiasi elemento di un insieme vuoto.

In quel preciso istante, ripercorrendo all'indietro la nostra esistenza, coglieremo l'inganno e realizzeremo di non aver vissuto un sol giorno in condizione di libertà, ma di esserci illusi quotidianamente, tra una costrizione e l'altra, di essere liberi.

Il tempo a nostra disposizione sarà svanito, così come le nostre forze e non avremo vissuto neanche da vivi.

A quel punto non ci resterà che aggrapparci alla magra consolazione derivante da un'altra illusione: quella di una vita migliore nell'aldilà.

Inspiegabilmente lo Spirito del Tempo s'introdurrà nella nostra mente e comprenderemo una sconvolgente verità:

Perché dall'infinito spettro delle possibilità che ci prospetta la complessità dell'esistenza, ci riduciamo a scegliere tra una manciata di ruoli preconfezionati, che poi speriamo di svolgere per tutta la vita?

È la società che interferisce e modella i nostri comportamenti, le nostre credenze, le nostre scelte, quello che pensiamo sia giusto o sbagliato, il vero o il falso.

Non siamo veramente liberi fin tanto che non comprendiamo questa verità, piuttosto ci convinciamo di esserlo.

Siamo certamente liberi di scegliere tra chi deciderà se sarà o meno il caso di sfruttarci; siamo liberi di comportarci secondo i dettami imposti dal sistema, ma quando proviamo a uscire dagli schemi veniamo immediatamente emarginati, presi per pazzi e rischiamo di finire in povertà.

Siamo al tempo stesso guardie e prigionieri che giudicano gli altri senza pensare alla follia della propria condizione esistenziale.

Non costruiamo la nostra strada, percorriamo una di quelle già realizzate dal sistema.

La complessità di un essere umano è straordinaria, le sue potenzialità sono sterminate e noi, che cosa diventiamo? Una commessa, un operaio, un'impiegata, un meccanico, una giornalista, un avvocato...

Sacrifichiamo 8-12 ore al giorno per il lavoro e così non ci resta più tempo per vivere.

Le giornate si appiattiscono, diventando indistinguibili l'una dall'altra, perché non abbiamo modo di esprimere la nostra unicità.

É il capitale che delinea le scelte della nostra vita, facendoci credere che l'alternativa consista nel morire di fame o nel vivere di auto-produzione, emarginati e derisi dal resto della società.

Non è così, tutti insieme potremmo agire per ripensare e costruire un'altra società.

Ci hanno insegnato a credere che la condizione derivante da un lavoro totalizzante e subordinato rappresenti un diritto da invocare a gran voce per conquistare indipendenza e libertà;

ma poi, quando la sperimentiamo, conduciamo una non-esistenza, incastrati tra mille impegni e altrettanti condizionamenti, che sono innanzitutto mentali.

Dopo anni di formazione, propaganda e lavoro, la maggior parte degli esseri umani non è più neanche in grado di pensare in modo libero, ma si adatta a schemi e idee già esistenti in modo acritico-fideistico, figuriamoci se simili individui possono essere in grado di agire in modo libero!

Per essere liberi, prima di tutto bisogna liberare la mente da dogmi, pregiudizi e condizionamenti, e per farlo l'unica via praticabile è quella di adottare una forma mentis scettico-razionale, allenandoci a esercitare lo spirito critico e il libero pensiero.

Non saremo liberi fin quando non ricominceremo a pensare, perché se la mente è ridotta in catene allora anche il corpo non può che vivere in condizione di privazione della libertà.

Ma ormai saremo vecchi e, purtroppo, anche se avremo imparato la lezione, la nostra opportunità sarà sfumata.

Così, come unico, vero, e autentico atto eroico di un'esistenza altrimenti priva di significato, decideremo di raccogliere le ultime forze per concepire un breve messaggio da destinare alle nuove generazioni dell'intera umanità:

Siete veramente liberi?

State ben attenti, non lasciatevi ingannare!

Non gettate al vento la vostra opportunità.

Chiudete gli occhi e concentratevi. Pensate!

Rimettete in discussione il sistema sociale nel quale vivete; per farlo, usate la logica e la razionalità.

Cercate di fuggire dai condizionamenti e dalle false necessità, analizzatele e smontatele una a una.

Scacciate i sentimenti di odio, di rancore e d'arrivismo.

Allontanate la sete di fama e di successo.

Ripudiate il potere e l'opulenza.

Capite la follia di sfruttare gli altri e del farsi sfruttare; l'importanza di avere il giusto, il necessario.

Ammettete l'inutilità e la follia della guerra e della violenza.

Allontanate l'ideologia del merito e della competizione.

Riconoscete la superiorità della cooperazione rispetto alla competizione.

Aprite il vostro cuore ai sentimenti di amore e di fratellanza.

Pensate a voi stessi e alla natura che vi circonda; guardate agli altri e siate consapevoli di ciò che potreste fare per migliorare l'esistenza di tutti gli esseri viventi.

Concentratevi ancora, e riflettete... prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno... cercate tra le vostre passioni più sincere, tra i vostri reali interessi e domandatevi: che cosa voglio fare realmente?

Bene, ascoltate la vostra voce interiore, quella è la risposta esatta, mettetela in atto e portate a compimento con pienezza la vostra vita.

Mirco Mariucci
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Note:

1) Si tratta di un malessere dovuto al rientro forzoso al lavoro il lunedì mattina. Nota anche come sindrome della domenica è caratterizzata da apatia, ansia, angoscia, insonnia, difficoltà di concentrazione, lacrimazione agli occhi e tensione muscolare. In Italia ne soffrono 6 lavoratori su 10.

2) L'obsolescenza programmata è una strategia volta a definire il ciclo vitale, ovvero la durata, di un prodotto, in modo da renderne la vita utile limitata a un periodo prefissato.

Il link del Video sull'argomento del post:

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