lunedì 19 marzo 2018

Finti Pellegrini Alternativi e Subordinazione Animale



Il veganismo ricreerebbe il paradiso terrestre, un luogo dove gli esseri umani vedono gli altri animali come esseri da ammirare, creature ispiratrici, mentre gli animali ci osservano con curiosità. È arrivato il tempo di riconnetterci con il mondo naturale, per il bene degli altri animali, dell'ambiente e degli esseri umani. Proteggere il più debole è il primo passo per elevare lo spirito, per essere veramente civilizzati.
(Gary Yourofsky)


A piedi e con un mulo sul quale sedersi o collocare i propri beni da trasportare: sembra la descrizione di uno dei personaggi di The Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer, e invece è una persona del XXI secolo, forse nostalgica del periodo medievale.

Finti alternativi incapaci di far fronte da soli alle proprie necessità.
Il ritorno alla moda dei pellegrinaggi in stile “Cammino di Santiago di Compostella” mette in risalto come quasi un millennio di storia (evoluzione di usi, costumi e pensiero) sia sostanzialmente vana davanti all’antropocentrismo, unito alla tendenza della nostra specie di subordinare tutte le altre. In base alle necessità.

“È una bellissima esperienza in cui uomo-animale si relazionano, entrando in simbiosi” ho visto scrivere qualcuno in risposta a critiche sull’etica del trascinarsi dietro un asino per il viaggio.

Simbiosi? Quale simbiosi? La simbiosi può nascere quando due individui, senzienti e consenzienti, decidono in egual modo di condividere qualcosa insieme. Scatta istintiva. In questo caso ad uno dei due non è dato scegliere. Deve solo obbedire, e l’obbedienza non è simbiosi.

Inoltre come si può definirla bellissima esperienza? Per chi? Forse per colui, o colei, che viaggia con la schiena alleggerita dal peso dei bagagli, egoisticamente collocati su quella dell’altro, solo perché ha quattro zampe. Se invece scodinzola, è esonerato dal facchinaggio. Questione di gerarchie interspecie.

“Meglio usato per due bagagli che allevato e macellato” ha esternato qualcun altro.

Un classico. Come se le opzioni fossero solo due: o il l’impiego per la forza fisica (e per il trasporto) o per fini alimentari. Aut aut. Guai a sforzarsi un po’ per riflettere e giungere alla terza, incomoda opzione: libero di vivere la sua vita senza obblighi. Perché no? Non basta forse ai muli il fatto che essi siano stati creati, voluti dall’uomo con incroci su incroci pur di ottenere caratteristiche fisiche ideali per il loro sfruttamento?

Chissà quando, e se, l’idea di rispetto universale riuscirà a diventare propria di ciascun umano presente sulla terra. Chissà se impareremo ad accettare la realtà dei fatti, ossia che gli animali sono presenti al mondo non per servirci ma per fare le proprie esperienze, come tutti gli esseri viventi.

Per adesso, continuiamo ad avere fra noi individui scorretti che si avvalgono del diritto di calpestare i diritti altrui, di manipolarne l’esistenza. Con la forza, con l’imposizione, che possono assumere anche la forma di briglie e portapacchi. O di pacchi pesanti.

Il cammino più importante da intraprendere resta però quello evolutivo, dove l’unico bagaglio a noi necessario è di tipo culturale e d’esperienza. E non c’è nemmeno bisogno di farlo trasportare da un mulo.

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