martedì 20 marzo 2018

Salviamo gli alberi e le foreste



Le querce e i pini, e i loro fratelli della foresta, hanno visto sorgere e tramontare così tanti soli, e visto andare e venire così tante stagioni, e svanire nel silenzio così tante generazioni, che possiamo ben chiederci cosa sarebbe per noi “la storia degli alberi”, se questi avessero la lingua per narrarcela, oppure se le nostre orecchie fossero abbastanza sensibili da comprenderla
(Maud Van Buren)


Salviamo gli alberi e le foreste
Testo e foto Claudia Quattrone

In Polonia lo stato sta abbattendo gli alberi della foresta Bialowieza, l’ultima foresta primordiale Europea. Con la scusa di un’infestazione da bostrico, è stata predisposta un piano di disboscamento intensivo. Più di 50.000 alberi sono stati abbattuti e il legno viene venduto per ricavare pallet e compensato, creando così importanti profitti [1].

Le foreste tropicali si trovano in Cina, Africa, Brasile, Colombia, Madagascar. Costituiscono non solo un importante fonte di ossigeno per tutta la Terra, ma determinano anche il livello delle piogge e il clima [2] non solo per le zone in cui queste si trovano ma anche per i paesi del nord del mondo. Le foreste tropicali stanno morendo. Già più della metà sono state rase al suolo

“Ogni albero centenario e`l’habitat di centinaia di specie animali e vegetali. Alle popolazioni umane, le foreste forniscono loro, da sempre, ciò che è necessario per la sopravvivenza come alimenti, acqua, legname e altri prodotti vegetali, medicinali e un contesto profondamente adatto alla conservazione della loro cosmovisione ancestrale e persino la possibilità di svolgere attività ricreative. Circa 60 milioni di indigeni o popolazioni contadine ancestrali vivono e dipendono dalla foresta per la loro esistenza. Ogni albero caduto fa si che tutti questi benefici spariscano e l’equilibrio fra le popolazioni, gli animali e le piante venga progressivamente distrutto. Le foreste hanno dei limiti.

A causa della pressione degli interessi commerciali e mercantili, la relazione con la foresta smette di essere basata su un rapporto di scambio e si trasforma in mero sfruttamento.

Il polmone verde è seriamente minacciato dal taglio indiscriminato per il legname e l’espansione della frontiera agricola per gli agrobusiness dell’allevamento, della palma da olio e della soia; la costruzione di strade, grandi infrastrutture, progetti petroliferi e minerari di oro e rame tra quelli più diffusi. Gli sforzi per diminuire il ritmo della distruzione delle foreste non stanno dando risultati soddisfacenti. Ogni anno spariscono 10,4 milioni di ettari di foreste tropicali, delle quali 6,3 milioni sono foreste primarie. Ogni minuto sparisce una superficie di foreste della grandezza di 40 campi di calcio, vittime delle motoseghe , i bulldozer o gli incendi.

Oranghi, felini e tucani hanno bisogno necessariamente della foresta per vivere. Assieme ad ogni porzione di foresta disboscata muoiono, sicuramente ed irreversibilmente, diverse specie vegetali ed animali – si stima che ogni giorno spariscono 150 specie. In molti casi sono le stesse popolazioni originarie che diventano le protagoniste della difesa della biodiversita` contrastando le pressioni della “modernita` sviluppata” [3].

Le foreste non sono però terra di nessuno. Esistono su di esse dei veri e propri diritti di proprietà. Se in America Latina, Asia e Pacifico la percentuale di foreste possedute dalle popolazioni locali si attesta intorno al 30% in Africa è solo il 2% della popolazione locale che può vantare dei diritti di proprietà su queste zone [4]. Senza parlare del fatto che molte di queste popolazioni che abitano le foreste stanno fuori dal meccanismo economico proprio dei paesi ricchi e che, non solo non riconoscerebbero la proprietà come forma di relazione con il territorio, ma non avrebbero la forza contrattuale per ottenerla. Quando è iniziato il processo di acquisto e vendita delle foreste?

Esistono foreste che sono protette e che costituiscono riserve naturali, ma anche in quel caso esiste una proprietà ed un recinto che le limita e costituiscono una percentuale irrilevante sul totale delle foreste abbattute.

Se questo è quanto sta accadendo nel sud del mondo, a nord vediamo le foreste diminuire a causa dei devastanti incendi che distruggono interi ettari di spazi verdi (ricordiamo solo questa estate l’enorme incendi avvenuto in Spagna con migliaia di ettari di foresta devastati, o quello che ha colpito il nord del Portogallo e la Galizia [5]). Vediamo sparire anche gli spazi verdi non solo all’intorno delle città ma anche all’interno delle stesse città. Senza nessun reale motivo assistiamo alla scomparsa di interi filari di alberi. La giustificazione data riguarda la salute degli alberi o la loro pericolosità in termini di potenziali cadute. Entrambi i motivi, se fossero veri, sottolineano ulteriormente la responsabilità di chi pretende di gestire queste zone verdi. La potatura estrema di un albero (cosa che vediamo con i nostri occhi molto frequentemente) determina in realtà un grave danno per la pianta che dovrà fare un enorme sforzo per ripristinare la condizione naturale, espone le ampie zone tagliate a infezioni, funghi, batteri ecc e rende la possibilità di caduta della pianta molto più alta [6]. Come per le foreste pluviali che solo le popolazioni che le abitano cercano di difendere, molto spesso vediamo nelle città i comitati di quartiere levare deboli voci in difesa di queste zone verdi e in entrambi i casi le forze contro cui si scontrano sembrano essere sorde alle richieste.

Se l’abbattimento di un singolo albero va fermato così tutti gli alberi vanno tutelati e protetti. Non solo per la loro importanza intrinseca (fonte di ossigeno) ma anche come habitat di intere comunità di animali ed essenziali per quelle popolazioni che a differenza di noi sono rimaste a vivere in simbiosi ed armoni con a natura stessa.

Da Rocco Malgeri alcune sue immagini:
Amici alati
Ancora un paio: scricciolo e zigolo nero.....

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