mercoledì 18 aprile 2018

Intervista ai Giardinieri Sovversivi Romani

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Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se ne sono andati di soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche.
(Herman Hesse)





Intervista ai Giardinieri Sovversivi Romani



A cura di Danilo Gatto

1)Come nasce la vostra attività e con quali finalità?

Noi Giardinieri Sovversivi Romani nasciamo nel 2010, dalla passione per la natura e per la lotta al sistema di una ragazza sovversiva, che decide di mettere insieme un gruppo di persone per riappropriarsi ed autogestire spazi verdi della città.

Nasciamo, quindi, come movimento dal basso; le nostre finalità sono quelle di riuscire a sensibilizzare uno sguardo critico nei confronti delle brutture che ci circondano e di conseguenza a risvegliare un desiderio di bellezza.

Siamo un gruppo orizzontale, non ci sono capi, ognuna e ognuno di noi propone idee che vengono discusse in assemblea. Siamo apartitici, non prendiamo sovvenzionamenti dalle istituzioni, né accettiamo sponsor privati. Siamo aperte e aperti a tutte le forme di collaborazione, purché rispettino i fondamenti di antifascismo, antirazzismo, antisessismo, antispecismo e di favolosità queer.



Le nostre guerriglie partono dalle periferie, nello specifico dalle aiuole abbandonate nelle periferie, con l’intenzione di costruire riflessioni sull’importanza che la presenza del mondo vegetale ha nelle nostre vite cittadine. Il mondo vegetale è per noi fonte di ispirazione ideologica: nel mondo vegetale la diversità e la convivenza sono legge, le specie imparano a dividere lo stesso spazio, a condividere le risorse nutritive ed energetiche, non vi è il dominio di un sesso sull’altro, alcuni alberi cambiano persino sesso nel corso della loro esistenza (e non c’è lattuga che si scandalizzi).



2)Ritenete possibile la creazione, oltre che di giardini, anche di orti urbani?

Assolutamente sì. Nella stessa Roma sono presenti numerosi orti urbani, esperienze spesso partite da collettivi e associazioni che si sono riappropriati di un bene comune, il più delle volte lasciato all’incuria e alla negligenza delle istituzioni o dei privati.

Grazie all’amore ed al sudore queste riappropriazioni sono divenute luoghi di aggregazione, gestione collettiva, scambio di saperi e, in alcuni casi, anche di sostentamento, in nome dell’autoproduzione e dell’autosufficienza.



3) Se sì, esistono degli ostacoli tecnici (ad esempio il tipo di terreni)?

Sì, esistono ostacoli tecnici quando si decide di realizzare un orto urbano, dal momento che, a differenza delle piante ornamentali, gli ortaggi verranno mangiati, quindi sarà necessario effettuare analisi biochimiche del terreno.

Gli ortaggi, a differenza della frutta, si trovano a contatto diretto con il suolo e rischiano quindi di essere contaminati da metalli pesanti ed altre eventuali sostanze nocive presenti nella terra.

Tuttavia non dimentichiamoci che frutta e verdura che nascono fuori dalle città, in modo industriale, sono spesso trattate chimicamente con pesticidi, fertilizzanti ecc…

Per il resto, con il tempo, quasi ogni terreno potrebbe essere bonificato, per esempio con interventi di fitodepurazione: si sfruttano le capacità delle piante (es. i Pioppi, specie arborea a rapido accrescimento) di eliminare, trattare, stabilizzare o contenere gli inquinanti presenti nel terreno.

L’ostacolo tecnico maggiore, però, è rappresentato dal fattore umano: infatti dovremmo capire che gli spazi comuni appartengono a tutte e tutti, e che non dovremmo limitarci ad attendere passivamente l’approvazione delle istituzioni o la vincita di un bando di finanziamento per modificare le nostre vite e direzionarle verso un approccio più ecosostenibile e verso la riappropriazione delle terre.



4)Qual è l’elemento che più di tutti trovate costante nelle vostre guerriglie?

La curiosità dei passanti (cani inclusi), l’entusiasmo dei bambini, l’interazione con le persone che abitano il quartiere scelto per la guerrilla e il loro coinvolgimento nelle fasi successive alla guerriglia stessa. Come è avvenuto, ad esempio, a Centocelle, in via dei Noci, dove parte del quartiere ha continuato a curare l’aiuola nata durante la guerriglia e l’ha resa un punto di ritrovo e un fiorente giardino nel bel mezzo del trambusto e del caos quotidiano.



5)Com’è il rapporto con le istituzioni e con gli abitanti dei territori in cui svolgete le vostre azioni?

Non vogliamo avere rapporti con le istituzioni, in quanto non crediamo in esse ed il potere ci nausea. Dire che abbiamo un rapporto con le istituzioni sarebbe un ossimoro, dal momento che schifiamo i verticismi e non vogliamo trovarci nella condizione di essere strumentalizzati dal governante di turno.

Con gli abitanti dei quartieri in cui svolgiamo le guerrille è diverso. In alcuni tutto il quartiere si è mosso per rendere l’aiuola durevole nel tempo. Ma non è sempre così: c’è da dire che, purtroppo, a volte, il coinvolgimento attivo e la collaborazione da parte del quartiere non ci sono stati, addirittura è capitato che alcune piante venissero prese dall’aiuole anche poche ore dopo la guerrilla gardening.

Ma questo è nelle regole del nostro “gioco”. Noi mettiamo un seme, tentiamo
di far capire che è possibile una cittadinanza attiva… poi sta al quartiere coltivarlo e renderlo frutto.



6)Credete possibile un aumento della socialità e dell’autonomia dei quartieri attraverso pratiche simili alla vostra? Avete avuto esperienze in tal senso? La guerriglia può quindi ricoprire un ruolo prettamente politico?

Crediamo assolutamente all’aumento della socialità e all’autonomia dei quartieri attraverso queste pratiche, l’aiuola in via dei Noci a Centocelle ne è l’esempio.

La guerriglia, così come per definizione, è un’azione fatta da piccoli gruppi contro un grande potere. Quando zappiamo o rendiamo verde e fiorita un’aiuola noi contrastiamo le istituzioni, la nostra vita è politica. Questa è una delle tante pratiche per dichiarare “guerra” ad un sistema che non ci appartiene e ci soffoca.

La guerriglia gardening nasce come lotta multicolore contro quel sistema di potere che ci vuole omologati al grigio e alle brutture delle nostre culture cittadine. Si tratta di una pratica politica in senso olistico, non solo propone un riavvicinamento al verde e alla Natura (che è fuori ma anche dentro di noi), ma combatte il capitalismo che si manifesta nello spazio urbano attraverso un disegno iperlavorista che pone la velocità, l’efficienza produttiva, la prestanza fisica, il successo (reale o simbolico), l’eccesso di norme securitarie, la tendenza al controllo delle singole vite.

Quello che vogliamo proporre è una prospettiva dove i lenti ritmi delle persone, degli animali e delle piante ricalibrino i nostri orologi, dove le persone che sono (o si percepiscono) fuori dagli schemi dell’efficienza capitalista (ovvero le donne e gli uomini non-in-carriera, i froci e le frocie fuori norma, le immigrate e gli immigrati, le bambine e i bambini, le anziane e gli anziani, le disabili e i disabili) possano riappropriarsi degli spazi urbano e viverli mettendo al centro le persone, la terra, l’alimentazione prodotta da sé, la vicinanza tra le generazioni, la condivisione dei saperi, la convivenza tra culture e specie viventi diverse.







7) Sapreste indicarcii realtà simili alla vostra in Italia o all’estero?

Il movimento di Guerrilla Gardening è oggi attivo in tutta Italia.

Possiamo nominarne alcuni:

-Piante Volanti (Milano);

-Terra di Nettuno (Bologna);

-Libero Orto (Latina);

-Friarelli Ribelli (Napoli);

-Ammazza che Piazza (Taranto);

-Gnomi Giardinieri (Cagliari);

-Guerrilla Gardening (Palermo);

-Fluid Flower (Sulmona);

-Badili Badola (Torino).

All’estero la GG nasce in maniera differente, come forma di attivismo di singoli individui, prima che di gruppi. La prima GG nasce nel 2004 dall’idea di un inglese, Richard Reynolds, che iniziò con l’intenzione di abbellire un quartiere periferico di Londra.

uno dei molti gruppi esteri è per esempio

-The Brussels Farmers (Bruxelles), ideatori della “International Sunflower Guerrilla Gardening Day” che si svolge ogni 1° maggio in tutto il Mondo.



8) Come vi vedreste, qualora già non ne facciate parte, all’interno di una rete di quartieri sempre più in cerca di una minima indipendenza alimentare?

Siamo favorevoli, e ci stiamo attivando. Queste pratiche oltre a dare una minima indipendenza alimentare, creano un modo per uscire in piccola parte da un sistema capitalistico e di produzione di massa, rendendo il cittadino sempre più consapevole ed indipendente dalle reti di lobby industriali che attraverso la produzione di cibo, inquinano il pianeta e finanziamo guerre e progetti eticamente scorretti e deleteri.

In questo periodo di forte crisi imposta, dove lavoro e pensioni sono al collasso, l’autoproduzione di cibo può essere un’alternativa importante, che oltre a sostenere le persone può inviare un messaggio forte, sia alle istituzioni, che ai cittadini stessi.

GS 10
Fonte: L'Irragionevole

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