martedì 17 aprile 2018

Nuova Guinea: l’isola supermercato


Solo

Sono nato solo 
ho portato traballante i quaderni da solo
camminato in città notturne da solo
nonostante tutti sono
cresciuto da solo

ho ballato allo sfinimento da solo
distrutto dal lavoro in gabbie da solo
sono scappato nelle strade da solo
senza nessuna vergogna ho rubato da solo

Ho girato il mondo solo
letto e compreso altre lingue da solo
coltivato campi di zafferano da solo
staccato pezzi dal muro di berlino da solo
sono corso e caduto da solo

senza bende ho visto tramonti nascosti
e centinaia di albe gelide da solo
ho perso affetti da solo
attraversato foreste impenetrabili da solo

Mi sono addormentato all'aperto 
nelle spiagge e nella neve da solo
e solo visto il mare del nord in tempesta
ho navigato nell'oceano indiano da solo
e solo sono naufragato

pianto da solo
riso fino a star male da solo
mi sono ribellato da solo
e solo ho perso tutto

Mi sono liberato da solo
e solo ho liberato
ho visto i piccoli di aquila in picchiata da solo
arrampicato le montagne solo
sono stato abbandonato da solo

Immaginate quanta paura abbia 
ad invecchiare e morire da solo
immaginate quanto interesse abbia 
per la mia salute, per il mio amor proprio

immaginate quanto ci metto a dimenticare
il tempo di uno zaino...




Nuova Guinea: l’isola supermercato

Un paradiso terrestre tramutato in zona di saccheggi e nuovo teatro della deforestazione mondiale a causa delle opere di land-grabbing condotte dalle multinazionali, con l’immancabile sostegno degli stati.
La Nuova Guinea, isola dell’oceano Pacifico sotto il controllo del governo indonesiano, terzo tratto di foresta pluviale dopo quella amazzonica e del Borneo sta scomparendo, sostituita da un’implacabile deforestazione che si allarga a macchia d’olio: di palma!
Una deforestazione cresciuta del 70% nel giro di due anni che, solo tra il 2015 e il 2016, ha visto la conversione di 500.000 ettari di foresta in monocolture di palme da olio e la conseguente perdita di infinite specie vegetali indigene, oltre a mettere a rischio di sopravvivenza numerosi viventi tra cui gli uccelli del paradiso e i canguri degli alberi.
Tra quelli più colpiti c’è il distretto di Marauke, Papua occidentale, area della Nuova Guinea dove il neo-colonialismo affonda radici storiche, offrendo terreno fertile alle opere delle multinazionali grazie ad accordi che risalgono all’epoca del governo Nixon.
Un patto segreto siglato negli anni 70′ tra l’allora presidente degli Stati Uniti e Mohammad Suharto, che permise a quest’ultimo di instaurare una dittatura in Indonesia durata oltre 30 anni, ma i cui effetti ancora ricadono sulla libertà della West Papua.
Questo accordo fu la miccia di una guerra segreta le cui conseguenze riecheggiano ancora oggi e che, fino ad ora, ha provocato oltre 500.000 vittime tra i/le papuani.
Il patto siglato all’epoca tra Nixon e Suharto era funzionale a garantire al governo degli Stati Uniti il controllo dei giacimenti di oro e rame presenti in Papua: il monopolio delle miniere e l’importazione di questi minerali veniva risarcita con la fornitura di armi necessarie al presidente indonesiano per mantenere intatto il regime dittatoriale.
Da allora la Nuova Guinea vive un regime di perenne occupazione dove saccheggi e genocidi sono all’ordine del giorno, anche grazie ai contratti di affitto stipulati dal governo indonesiano che prevedono la concessione delle terre a multinazionali e aziende per 99 anni.
Invece di rilanciare lo sviluppo agricolo della zona, questi contratti hanno aperto le porte alla deforestazione che si è estesa anche in quelle aree per lungo tempo difese, tutelate e preservate dai popoli nativi.
La minaccia adesso è rappresentata dalle monocolture di palme da olio che nel distretto di Marauke hanno già convertito 34.000 ettari di foresta data in concessione alla multinazionale coreana POSCO Daewoo.
La POSCO Daewoo (derivazione della foreste più nota Daewoo che alla fine degli anni 90′ produsse alcuni modelli di automobile) multinazionale della Corea del Sud con filiali sparse in America, Europa, Africa e Medio Oriente, tra i vari progetti estrattivi che la vedono operare su tutto il settore dei combustibili si occupa della produzione e fornitura di olio di palma per la realizzazione dei finti bio-diesel, nonostante quest’ultimo (come per la soia e il mais) non rivesta i parametri necessari per essere impiegato a tal scopo.
Pur avendo vissuto una flessione per quanto riguarda l’impiego da parte dell’industria alimentare, l’olio di palma (come diversi altri prodotti di origine vegetale) rappresenta ancora una delle tre principali cause di deforestazione al mondo, con il settore dei “bio-carburanti” che va ad incrementare una già vasta presenza di monocolture di palme da olio sopratutto in Africa e nel sud est asiatico, a discapito delle foreste pluviali.
La veste del greenwashing indossata da numerosi marchi e multinazionali non ha fatto altro che generare linee di prodotti palm oil free paralleli a quelli già esistenti, un processo di marketing funzionale all’accaparramento dei/delle consumatori/trici al fine di mantenere invariati gli introiti.
Il boicottaggio resta sempre uno strumento efficace, diretto e alla portata di tutt* per destabilizzare alla base le opere di land-grabbing, deforestazione e oppressione del vivente che le multinazionali conducono con il nostro “voto” quotidiano, delegando a loro una schiavitù della Terra che si traduce in una finta idea di libertà.
Fonte: Earth Riot

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