giovedì 17 maggio 2018

La Palestina è sotto casa, il boicottaggio l’arma tra le tue mani


“Bisogna pensare a modelli diversi di società rispetto al capitalismo. Non è accettabile che nel XXI secolo alcuni paesi e multinazionali continuino a provocare l'umanità e cerchino di conquistare l'egemonia sul pianeta.”
(Evo Morales)


 
La Palestina è sotto casa, il boicottaggio l’arma tra le tue mani



Genocidi, regimi oppressivi, conflitti bellici, oppressione dei popoli, sfruttamento di terre e viventi, tutti fenomeni reali che troppo spesso vengono assunti come distanti, ma che molto spesso determiniamo in prima persona ogni qualvolta prendiamo in mano il portafoglio.
Quella del “voto”, che si traduce in delega, è di fatto una pratica quotidiana che si consuma ogni volta che acquistiamo un prodotto piuttosto di un altro, pensando che il tutto si esaurisca in una scelta che riguarda solo noi stessi, senza considerare chi e cosa stiamo andando a finanziare.
Attraverso un’azione che può apparire innocente, spesso frutto di disinteresse o sistematica disinformazione, si trasmette all’azienda, corporazione o multinazionale di turno il proprio consenso a proseguire il suo operato, rendendosi di fatto complici e finanziatori/trici delle varie espressioni di persecuzione, schiavitù e sfruttamento che caratterizzano la maggior parte dei marchi in commercio.
Un discorso generale che non deve gettare nello sconforto, ma condurre verso un’autodeterminazione che porti ad abbandonare il ruolo di consumatori/trici pedine del sistema capitalista verso una maggiore coscienza di se stessi, di ciò che ci circonda e di come con semplici gesti possiamo mutare delicati equilibri.
Sebbene marchi e multinazionali siano spesso implicati in più o in tutte le espressioni di dominio sopracitate, aspetto questo che vede nel boicottaggio una pratica estesa che deve proiettarsi oltre la singola questione, con questo breve dossier vogliamo puntare i riflettori sulle aziende direttamente interessate nel regime oppressivo del governo israeliano, a seguito dell’ennesimo atto repressivo mosso ai danni del popolo palestinese.

Teva, multinazionale israeliana fondata a Gerusalemme nel 1901, produce sopratutto farmaci equivalenti, i così detti farmaci generici che spesso vengono indicati perché la loro produzione non è frutto di sperimentazione animale in quanto vengono impiegati principi attivi il cui brevetto è scaduto.
Una pratica però, quella della vivisezione, propria anche di questa multinazionale attraverso l’azienda satellite TAPI (Teva Active Pharmaceuticals Ingredients) che si occupa della sperimentazione, realizzazione e produzione di principi attivi.
Presente in Ungheria, Repubblica Ceca, Croazia, Israele, India, Cina, Messico e Stati Uniti, in Italia Teva ha sedi a Gessate, Bulciago (Teva Pharmaceutical Fine Chemicals Srl) e Assago.

HP (Hewlett-Packard), multinazionale statunitense produttrice di sistemi informatici, pc e teconologia d’avanguardia.
Fornisce e gestisce gran parte dell’infrastruttura tecnologica che Israele utilizza per mantenere il suo sistema di apartheid e colonialismo sul popolo palestinese.
Hewlett Packard Enterprise è l’appaltatore principale del sistema di Basilea: sistema automatizzato di controllo degli accessi biometrico utilizzato all’interno dei checkpoint israeliani e del muro dell’apartheid.
Le carte d’identità distribuite come parte di questo sistema costituiscono la base della discriminazione sistematica di Israele contro i palestinesi. La tecnologia HP aiuta la marina israeliana a rafforzare l’assedio su Gaza.
Nel novembre 2015, HP si è divisa in due società: HP Inc. per hardware di consumo (PC e stampanti), e Hewlett Packard Enterprise per servizi aziendali e governativi.
Poiché le due aziende condividono agevolazioni, marchi e catene di fornitura, e collaborano in una vasta gamma di modi, entrambi rimangono profondamente complici dell’apartheid israeliano.
HP è stata descritta come la “Polaroid dei nostri tempi”, un riferimento alle enormi mobilitazioni contro l’uso della tecnologia Polaroid impiegata per il sistema di libretti del regime di apartheid sudafricano.
Tra gli altri marchi del settore che hanno interessi nel regime oppressivo israeliano vanno citati Intel, Siemens e Motorola.

Ventura, Hadiklaim e Jaffa (marchi reperibili in tutti i supermercati, biologici e non) si dividono buona parte del monopolio per quanto riguarda l’importazione e distribuzione di frutta secca, datteri, pompelmi e la produzione di succhi di frutta.

A queste si uniscono le maggiori multinazionali in circolazione, già note all’opinione pubblica per pratiche di land-grabbing (neocolonialismo), deforestazione, perseguzione, controllo, reclusione e sfruttamento dei/delle viventi, senza distinzione di specie.
Tra queste vi sono tutti i prodotti a marchio Nestlé, Unilever, Danone e Coca Cola, Nivea, Johnson&Johnson, Vichy, Kleenex, Garnier, Huggies, L’Oreal per quanto riguarda la cosmesi e la cura del corpo, Diesel, Caterpillar, Timberland, Calvin Klein e Adidasper quanto concerne il vestiario.

N.B.: se un determinato marchio non compare in questo elenco, non significa che il suo acquisto non determini un qualche tipo di sfruttamento, il boicottaggio è una pratica che va rinnovata ogni giorno, mettendosi direttamente in discussione, ponendosi dei quesiti ogni volta che ci si trova di fronte ad un marchio di cui non conosciamo la verità, perché il proprio consumismo potrebbe consumare altre vite e terre.

Fonte: Earth Riot

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