giovedì 5 luglio 2018

Democrazia Diretta

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"Solidarietà ai rifugiati nel mondo"

Verso le dieci del mattino del 19 agosto del 1936 a barcellona, i volontari che costituivano la colonna Durruti cominciarono ad affluire al "Paseo de Gracia", dove una grande folla (decine di migliaia) era venuta ad assistere al discorso del responsabile militare della rivoluzione anarchica spagnola. Il leggendario Buenaventura Durruti. La colonna composta da duemila uomini e donne si fermò davanti alla caserma Bujaraloz, soprannominata "Bakunin" (una delle più terrificanti prima della liberazione di Barcellona). Migliaia di persone cominciarono a cantare "A Las Barricadas" l'inno della Federazione anarchica iberica e della confederazione C.N.T. Davanti alla folla, la figura enorme di Josè Hellin (che morì il 17 novembre, facendo saltare con due bombe per mano le autoblindo dei fascisti italiani, rimanendo ucciso) tra i vicecomandanti della colonna, che, brandendo una bandiera rossa e nera, richiamò alla calma la moltitudine di anarchici e anarchiche. Durruti voleva fare un piccolo discorso, prima della partenza per Aragona. Vicino a Durruti, il suo immancabile amico di lotta, "El Padre", un vecchio combattente delle file di Emiliano Zapata nella rivoluzione messicana del 1910. Durruti sapeva del pericolo e dei rischi altissimi nell'andare ad Aragona. Gli aerei dei nazisti e dei fascisti bombardavano a tappetto da giorni. Era ancora viva la memoria dei bombardamenti alle imbarcazioni dei rifugiati davanti a barcellona. Un discorso breve, quello di Buonaventura, ma che sarebbe rimasto nella storia. Qui un piccolo stralcio riferito agli affondamenti delle barche dei rifugiati:

<...Questa è la politica dei governi. 
Questa è la politica degli Stati, delle nazioni. 
Questa è la politica dei confini, dei muri. 
Questa è la politica dei criminali fascisti.
I nostri fratelli, le nostre sorelle
muoiono a migliaia in spagna
in messico, in brasile, in africa*
Nei mari del mondo.
Siamo anarchici e ogni rifugiato nel mondo è nostro fratello.
Muoiono a migliaia con l'approvazione
dei governi, degli Stati, dei confini.
Siete una montagna di merda.
Dal primo dei ministri all'ultimo infame che lo ha eretto.
Chi legittima questa barbarie
chi la giustifica, la difende, la perpetua
chi consapevolmente ne è felice
chi senza un barlume di rispetto ne amplifica la morte
chi ne ammette lo svolgimento
è complice. 
E da complice verrà trattato...>

Buenaventura Durruti

Alla conclusione della parte di discorso dedicato ai rifugiati, una folla oceanica, alzando il pugno Gridò:

(nella foto un manifesto anarchico della spagna del 36 sull'accoglienza dei rifugiati)

*In quei giorni in africa del nord (marocco e algeria) erano state affondate diverse imbarcazioni civili da parte dell'aviazione francese.


Democrazia Diretta

[Ho scritto e pubblicato questo racconto per la prima volta dieci anni fa. Allora mi sembrava fantascienza]

Claude fu bloccato da un paio di agenti davanti all’uscita del terminal.
– Benvenuto al confine dell’Italia, il paese più democratico del mondo! — Gli sorrise la donna.
– Fra qualche minuto le diremo il risultato della votazione — disse l’uomo.
– Quale votazione?
– Gli italiani stanno decidendo se permetterle di entrare nel nostro paese.
– E perché? Non sono mica un famigerato criminale, sono solo un turista qualunque.
La donna annuì.
– Lo sappiamo, ma i nostri cittadini hanno il diritto costituzionale di decidere direttamente su chiunque venga ammesso nel nostro paese.
– Chiunque? – Disse Claude, stranito — Ma c’erano più di duecento passeggeri sul mio volo, come possono gli italiani…
L’uomo estrasse il cellulare dalla tasca, e glielo mostrò.
– Coll’app Demophone — sul touch-screen Claude vide la foto del suo passaporto, una stringa dei suoi dati personali, e due pulsanti, rosso, e verde — Quando il cittadino italiano riceve la chiamata dal ministero, può votare dovunque si trovi semplicemente toccando il pulsante scelto. Il Demo ha rivitalizzato la democrazia, e debellato l’astensionismo. Naturalmente si può dare un solo voto per volta, e il touch-screen riconosce solo l’impronta del suo legittimo proprietario.
Claude scosse la testa.
– Non è possibile comunque, ci saranno decine di migliaia di persone che ogni giorno chiedono di entrare in Italia.
– Non più. Le nostre frontiere sono solide adesso — disse la donna, con una punta di orgoglio — Si entra quasi esclusivamente su invito. Il suo aereo è l’unico a essere stato autorizzato ad atterrare sul nostro suolo oggi.
– Autorizzato da chi?
La donna sorrise.
– Dal voto popolare, naturalmente.
– Ma questo sarà un disastro per l’economia — obiettò Claude. La donna s’irrigidì.
– La crisi c’è per tutti, e in Italia non è peggiore — scandì. Poi tornò a sorridere – Si accomodi pure nella sala, non ci sarà molto da aspettare.
Un paio d’ore dopo, l’agente richiamò Claude. Gli sorrise, e gli indicò lo schermo Demo, divenuto tutto verde.
– Congratulazioni, lei è stato ammesso con una percentuale del 54%
– Benvenuto in Italia, il paese più democratico del mondo! – Sorrise ancora la donna, e gli aprì la porta del terminal.
Appena uscito, Claude fu infastidito dallo sbalzo di temperatura. Si precipitò all’interno d’un taxi, comunicando l’indirizzo del suo albergo. Il tassista non accese il motore. Si voltò lentamente verso di lui, e disse
– È zona gialla.
– Cosa?…
Il tassista si rigirò verso il volante, e cantilenò con aria di sufficienza.
– I cittadini italiani hanno il diritto costituzionale di decidere quotidianamente in quali zone consentire il traffico, e sulle zone gialle oggi s’è votato no.
Claude notò che il tassametro era già partito. Fece per protestare, ma il tassista gli mise sotto il naso il suo schermo Demo tutto rosso, dove campeggiava un inequivocabile “No 61%”.
– Mi dispiace. La posso portare solo fino al limite della zona. All’albergo ci deve arrivare a piedi.
– Ma chi l’ha deciso? Chi l’ha dato questo voto?
– Gli italiani.
– Quali?
– Tutti quelli che hanno diritto di voto.
– Ma che ne sanno tutti gli italiani dei problemi urbanistici di ogni singolo quartiere? — Protestò Claude – Li conoscerà chi ci abita, no? Che ne sanno gli altri?
Il tassista si voltò verso di lui con aria torva.
– Guardi che noi siamo informati.
– Informati da chi?
Il tassista gli diede un’occhiata di disprezzo. Poi si rigirò, mise in moto, e partì.
– La porto al limite della zona — ripetè — Il resto a piedi.
Scaricato a vari chilometri dalla sua meta, Claude decise di mettere subito qualcosa sotto i denti. Entrò in una pizzeria, e si sedette. Una cameriera molto giovane e vistosamente incinta gli portò un menù diviso in due colonnine. Poi estrasse il suo cellulare.
– Non mi dirà che adesso gli italiani devono decidere a maggioranza quello che devo mangiare?
La ragazza ridacchiò.
– Ma no. L’hanno già deciso stamattina il menù giornaliero per le pizzerie di tutta Italia. Stavo solo controllando.
Claude si alzò, esasperato.
– E se io volessi mangiare un’altra cosa?
– Lei è straniero, vero? — Gli chiese un tipo corpulento, uscendo da dietro il bancone.
Claude si rimise seduto. Era affamato e stanco. Si sforzò di sorridere alla cameriera.
– Mi scusi. Porti pure quello che c’è. E auguri per il bambino. È il primo?
– Veramente è il terzo, ma gli italiani hanno deciso che li dovevo tenere tutti.
Claude chinò gli occhi sul menù, e finse di leggerlo.
Cenare prima di camminare non era stata una buona idea. A metà strada dal suo albergo, Claude sentì il bisogno di riprendere fiato. Era ormai notte. Si fermò davanti a un cinema che esibiva la scritta “Solo i film più votati”, poggiò sul marciapiede la grossa valigia, e ci si sedette sopra. Sentì una pacca sulla nuca.
– Ce l’hai una sigaretta?
Si girò, e vide tre ragazzotti dalle facce anonime e i vestiti firmati.
– Non fumo — rispose.
– Neanche io — ridacchiò il primo dei tre, e gli sferrò un cazzotto con un tirapugni, sbattendolo a terra.
– Cazzo, hai sentito che accento? Ma da dove viene questo? — Disse il secondo — Perché l’hanno fatto entrare?
– È che sul Demo l’accento non si sente, e di faccia sembra bianco — rispose il terzo. Poi sferrò due calci nello stomaco a Claude che si stava rialzando.
– Cazzo, dobbiamo rimediare — disse il secondo, e impugnò la spranga.
Il primo annuì, ed estrasse il cellulare.
Claude provò di nuovo ad alzarsi. Il terzo lo bloccò con una sprangata. Il secondo gli sferrò un altro paio di calci. Poi disse al primo
– E allora?
Il primo gli si avvicinò esibendo il cellulare.
– Ecco il risultato — lesse ad alta voce — “Eliminare barbone immigrato? Sì 78%”
– Come da pronostico — commentò il secondo, sollevando la spranga.
Claude vide la luce verde del piccolo schermo brillare nel buio.
Poi non vide più nulla.


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Vento Ribelle

Lettera di un buonista ad un cattivista

In questo posto
in cui si gioca con le parole
e ad ogni costo
si ribaltano i discorsi con infinite capriole.

Nonostante i politici trascorsi
di gente screditata,
è in voga l'anteporsi
della sortita screanzata.

Così, quando si parla di solidarietà
e di soccorso
in nome di chi sa quale ''primalità''
c'è chi cambierà discorso.

Solleticando l'incertezza
del più bieco qualunquismo
faranno cumuli di mondezza
definendolo buonismo.

Ma pensiamo sopratutto alle soluzioni affascinanti
che vengono proposte da questi benpensanti
per evitare il lutto che si abbatte sulle coste.

Rispondono alzando le reti,
respingendo la fame nel mare
ma non saranno questi divieti
a dissuadere l'onda di chi deve mangiare.

Lo chiamano problema, il nodo immigranti,
chi arriva qui rema,
in questo sistema
remiamo anche noi, se restiamo distanti.

L'arroganza di questo occidente
che ha per risposta la sola violenza
non ha compreso che questa gente
la sposta soltanto la sopravvivenza.

Domani apriranno con le cesoie
un pertugio nella vostra rete,
riprenderanno il mare fra le feritoie
senza indugio, dispersi nell'acqua, morendo di sete.

Se innalzerete un muro più alto
e affonderete i loro barconi
lo passeranno con un solo salto:
la fame non si controlla costruendo prigioni.

Caro cattivista,
mediocre italiano,
la soluzione naviga a vista,
è li vicina, a portata di mano.

Se vuoi risolvere il problema immane
di chi sta morendo della propria ferita,
non vedo altrimenti che dargli del pane,
con questo io intendo "ridargli la vita".

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