martedì 18 settembre 2018

Duemila Diciotti di Alessandra Daniele


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Toninelli è la risposta.
La domanda è: Può esistere un politico più ridicolo di Gasparri?
(Costanzo Pasquinucci)


Duemila Diciotti di Alessandra Daniele

Dopo aver ossequiato le peggiori dittature, e spacciato le peggiori razzie neocoloniali per missioni umanitarie, l’ONU è un pessimo pulpito dal quale predicare. E l’Unione Europea non è certo migliore.
L’Italia però è davvero un paese razzista. Abbastanza da tributare il 33% delle intenzioni di voto a un ministro dell’Interno che finora non ha fatto nient’altro che declamare proclami razzisti al suo smartphone.
Dopo la copertina di Time e l’intervista della BBC, dovrebbe ormai essere chiaro a tutti quanto Matteo Salvini stia a cuore ai media che lo hanno creato, anche perché oggi è esattamente quello che serve all’establishment come spauracchio contro cui cercare di mobilitare un Fronte Europeista in realtà non migliore di lui.
In Italia da anni praticamente tutti i media e tutti i partiti, compresi quelli che adesso si fingono scandalizzati, ripetono ossessivamente agli italiani che il loro paese sarebbe più sicuro, più ricco, più civile senza immigrati, dando a loro – il 7% della popolazione – la colpa di tutto, persino del crollo dei ponti, delle sconfitte della Nazionale di calcio, delle malattie trasmesse dall’aria condizionata.
Sfruttando il degrado delle periferie-ghetto causato da un modello di “accoglienza” classista e criminogeno, e facendo leva sui peggiori istinti atavici del paese che ha inventato il Fascismo, la propaganda ha avuto ancora una volta pieno successo nel dirottare sul capro espiatorio di turno tutta la rabbia popolare causata dalla finanza globalista che continua a depredare sistematicamente le classi più deboli.
In vista della legge di Bilancio, che inevitabilmente deluderà le aspettative degli elettori, il governo Grilloverde si augura perciò ogni mattina l’arrivo di un’altra nave carica di disperati. Una, cento, mille, duemila Diciotti per distrarre l’opinione pubblica fomentando l’odio razziale.
L’odio però è una una droga.
A chi lo usa per cercare di lenire le proprie frustrazioni ne serve una dose sempre maggiore.
Serve aggiungere sempre altri bersagli.
Gli africani, i musulmani, i pakistani, i Rom, gli slavi, gli arabi, i gay, gli ebrei – Salvini non manca mai di indicare Soros come finanziatore delle ONG – gli ambulanti, i mendicanti, gli studenti, i cingalesi, i maltesi, i cinesi, i francesi, i comunisti, i buonisti, i giornalisti, i sindacalisti… la lista s’allunga sempre di più.
L’odio è un incendio.
E se c’è una cosa che gli europei dovrebbero avere imparato è quanto sia facile che gli spacciatori d’odio finiscano bruciati dallo stesso fuoco che hanno appiccato.


L'immagine può contenere: auto e spazio all'aperto

Il villaggio era indifferente. Al sole, ai temporali, e a quelli che stavano fuori dal villaggio. Nel villaggio c’era una macchina; una vecchia macchina in verità. Tutta la gente del villaggio ogni tanto stabiliva chi dovesse mettere in moto la macchina e poi guidarla per andare giù in paese a fare scorte.
Da un po’ di tempo venivano scelti dei bambini, perché erano gli unici che passavano dal finestrino: la portiera non si apriva più. E si formavano fazioni litigiose su quale bambino dovesse mettere in moto la macchina, chi voleva quello biondo, chi quello moro, chi voleva il chiacchierone, chi il taciturno. Tutti i giorni si litigava, poi, a fatica si sceglieva il bambino, il quale s’infilava dal finestrino e tentava di avviare quella ferraglia arrugginita. Non ci riusciva.
Si tornava a litigare sul fatto che fosse il bambino sbagliato e che bisognasse trovarne un altro. E si ripartiva così; ogni volta. Finiti i bambini si ricominciava il giro.
Fuori dal villaggio si era stabilito uno sconosciuto, non si sapeva quando fosse arrivato. Costruì una baracca, ci mise un’insegna e ci scrisse sopra: Meccanico.
Dopo molti litigi e visto che non si riusciva a scegliere il bambino giusto, la gente del villaggio si rivolse a quell’uomo e gli chiese se conoscesse un qualche modo per avviare quella macchina.
L’uomo osservò il modello e scosse la testa, aprì il cofano usando un piede di porco che teneva nella sua borsa. Tutti si meravigliarono che, invece di tentare di aprire la portiera, avesse aperto il cofano, una macchina si guida col volante, mica dal cofano!
L’uomo disse: “La macchina non può partire, perché mancano molti pezzi del motore”.
“Lo sappiamo bene - gli risposero - ma bisogna tentare di metterla in moto per andare in paese a prendere i pezzi che mancano!”.
L’uomo tentò di far capire loro che dovevano smettere di portarsi via i pezzi del motore, che dovevano riportare i pezzi mancanti e forse lui avrebbe potuto tentare di aggiustare la macchina, anche se era un pezzo un po’ obsoleto.
Gli dissero che avevano venduto le cose prese nel cofano per comprare dei passaggi o per farsi portare qualcosa dal paese.
L’uomo disse: “Se così stanno le cose, dovrete prendere un carretto, metterci sopra quello che avete in casa, scendere a piedi in paese, vendere tutto e comprare un’altra macchina, oppure un motore da applicare a questa, perché in questa situazione, la macchina non può ripartire da sola!”
Si consultarono tutti, uno dice ma come si permette, l’altro dice invece di avviare l’auto viene ad accusare noi, l’altro dice ma chi si crede di essere. Volarono parole grosse e di lì si passò ai fatti.
In breve, la gente del villaggio uccise quell’uomo e rubò gli attrezzi dalla sua borsa per venderli.
In quanto all’automobile, dal giorno dopo si tornò ai bambini.

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