Violenta aggressione nelle prime ore del pomeriggio da parte della polizia tedesca ai danni dei/delle resistenti che, per oltre 24ore, hanno dato vita al blocco della linea del carbone.
A seguito di una delle più grandi azioni di disobbedienza civile che ha visto la partecipazione di oltre 5.000 persone provenienti da tutto il mondo, ieri pomeriggio circa 2.000 attivist* avevano occupato la linea ferroviaria utilizzata da #RWE per rifornire di lignite le rispettive centrali elettriche.
Autodeterminazione e Liberazione
Con una seduta lampo, il 25 settembre scorso i deputati del suddetto stato hanno aperto le porte all’industria agrochimica e a nuovi progetti minerari convertendo ciò che rimane della foresta amazzonica in aree destinate al saccheggio delle multinazionali che meglio sapranno approfittarne.
Terra storicamente soggetta al fenomeno del landgrabbing, dagli anni ’70 ad oggi circa l’80% dell’Amazzonia è già stato convertito in monocolture di soia e mais (in gran parte geneticamente modificati): coltivazioni intensive destinate all’ingrasso di quei viventi definiti “da reddito” rinchiusi negli allevamenti che occupano parte della foresta.
Il provvedimento siglato lo scorso 25 settembre rappresenta solo un anticipo di ciò che porterà con sé l’ascesa al potere di Bolsonaro.
Il leader di estrema destra che ha già dichiarato, nel corso della sua campagna elettorale, di voler abolire il ministero dell’ambiente accorpandolo a quello dell’agricoltura, subordinando così l’integrità ambientale a quelle che saranno le priorità dell’agrobusiness.
Uscire dagli accordi sul clima di Parigi, come già fatto in precedenza dal presidente statunitense Trump.
Per quanto la COP21 rappresenti già di per sé uno strumento a totale vantaggio delle multinazionali che speculano sugli equilibri climatici, questa decisione la dice lunga sull’impronta imperialista che Bolsonaro vuole dare al “suo” Brasile.
Ma, sopratutto, cancellare le riserve indigene, aprendole a progetti minerari che ne cancellerebbero la storia, oltre a destabilizzare ulteriormente i già precari equilibri climatici attraverso deforestazione e opere estrattive: l’industria mineraria rappresenta il secondo fattore a determinare il fenomeno del surriscaldamento globale, subito dopo quella della carne e dei derivati animali.
Settore agro-chimico-alimentare (agrobusiness) che ad oggi è riconosciuta come la prima causa di persecuzione e uccisioni di ambientalist* e difensori della Terra, con 57 omicidi registrati nel solo 2017 avvenuti proprio in Brasile.
Facciamo il Brasile per le maggioranze.
Le minoranze devono inchinarsi alle maggioranze.
Le minoranze si adatteranno o semplicemente scompariranno!
(Bolsonaro)
Un panorama di dominio che rischia di espandersi, consegnare Terra e viventi ad un’ulteriore era di neo-colonialismo e sfruttamento legalizzato a totale appannaggio di multinazionali e, più in generale, del regime capitalista.
Non esistono poteri buoni e l’arteria neofascista che al momento attraversa l’America, composta dall’asse Trump-Macrì-Bolsonaro, conferma e rafforza la necessità di una presa di posizione svincolata da ogni deriva che ne conservi anche solo il ricordo.
Da quell’infinita spirale autodistruttiva caratterizzata da anni di delega e asservimento alle briciole concesse dal sistema ben nota anche dalle “nostre parti”, rappresentata da quelle derive penta stellate e poterepartitiche che se un ruolo l’hanno avuto è stato quello di svuotare di ideali movimenti dal basso come quello notav.
La lotta di Liberazione della Terra deve consegnare l’assunto che non esistono devastazioni, dinamiche di dominio e prevaricazione che non riguardino da vicino, come le resistenze di Hambach, delle ZAD e del Rojava suggeriscono.
Oggi la Comune è in Rojava. Ma l’idea della Comune è internazionalista. Non si tratta solo del movimento per la libertà curdo. Rappresenta l’internazionalismo basato sull’idea che finché tutti in questo mondo non sono liberi, nessuno è libero.
(tratto dal sito Agirê Bablîsokê)
Ma perché questo sia realizzabile è necessario prima di tutto liberarsi da quegli scomodi, quanto controproducenti vessilli che rimandano ad una libertà fittizia sempre soggetta a qualche tipo di controllo verticistico, sostituendoli con autodeterminazione e Liberazione volta al rispetto della Terra e di chi la popola.
Fonte: Earth Riot
Hambach – MAZ 46: forme di vita Resistenti
La prevaricazione della Terra, che si tratti di grandi opere, agrobusiness, estrazioni minerarie, nocività o guerra deve essere vissuta come un attacco generale alla libertà di ogni vivente, a prescindere dal luogo colpito.
La Resistenza di Hambach, sin dagli albori, ha riconsegnato alla lotta di Liberazione della Terra quei valori primordiali che dovrebbero porla al centro del processo di Liberazione Totale.
Un mosaico di lotta talvolta irrealizzabile a seguito dell’assenza, voluta o meno, di alcuni imprescindibili tasselli che, se tralasciati, oltre a promuovere approcci settoriali e territorializzanti, agevolano l’auto-rigenerarsi di un sistema alla constante ricerca di nuove vittime se lo stesso non viene destabilizzato in ogni suo singolo aspetto.
Dopo le operazioni di sgombero nell’agosto 2018 più volte gli/le hambacher hanno sottolineato la necessità di azioni decentralizzate allo scopo di amplificare il significato della Resistenza condotta all’interno della foresta, mostrare il volto di mandanti e complici della devastazione in corso, e supportare altri obiettivi sensibili.
Il 13 ottobre scorso una di queste azioni si è tradotta nell’occupazione di alcune abitazioni dismesse nella piccola cittadina di Manheim, alle porte della foresta, attraverso la quale è stato possibile sviluppare la MAZ: Manheim Autonomous Zone.
Un progetto per lo sviluppo della vita autonoma, promuovendo spazi spazi liberi di socializzazione e relazioni col vicinato al fine di sostenere la resistenza di Hambach.
La cittadina di Manheim è una delle maggiormente colpite dalle opere estrattive e di espansione della miniera di lignite condotte da RWE, attraverso espropri e demolizioni forzate.
Un altro dei nostri obiettivi principali è stato quello di evidenziare la terribile situazione degli abitanti di Manheim e di altri villaggi vicini, che sono stati espulsi dalle loro case da RWE per motivi di ecocidio e profitto privato.
L’economia capitalista non ha il diritto di trasformare quella che per generazioni è stata la casa in intere famiglie in una fossa tossica.
E riaffermiamo la nostra intenzione di restituire le case di Manheim a tutti gli ex residenti che mostrino il desiderio di tornare.
Sin dai primi giorni di occupazione la MAZ è stata soggetta ad una violenta repressione da parte delle forze dell’ordine che hanno negato loro ogni forma di approvvigionamento, arrivando a perseguitare il vicinato solidale con percosse e arresti, fino alla perquisizione di un bambino che voleva portare biscotti ai/alle resistenti.
Giovedì 25 ottobre, alle 8 del mattino, sono iniziate le operazioni di sgombero della MAZ durate oltre un giorno, grazie alla resistenza di numeros* attivist* barricatisi sul tetto di alcune delle abitazioni.
Un progetto basato sull’autodeterminazione e l’auto-organizzazione, al pari della vita condotta nelle ZAD e nella stessa foresta di Hambach, espressioni che spaventano il sistema e ne minano le fondamenta, in quanto dimostrazioni pratiche di come sia possibile esistere indipendentemente da esso.
Una bandiera nero/verde indicava la MAZ, ma questo ormai è un aspetto dato per scontato nel panorama di lotta che caratterizza la Resistenza di Hambach!
Nessun commento:
Posta un commento