giovedì 18 ottobre 2018

Ottobre è magico: le castagne, i funghi, le noci

L'immagine può contenere: cibo

L'immagine può contenere: oceano, cielo, spiaggia, acqua, spazio all'aperto e natura

Un amico poeta di 80 anni un giorno mi disse: 

"Nella vita puoi scrivere mille poesie e più, tante saranno belle, poche saranno meravigliose. MA solo una sarà perfetta e parlerà della tua vita. Ma ricorda Olmo: se un giorno avrai il coraggio di scriverne una d'amore non dimenticarti mai che sarà l'ultima."

Ecco perché ogni volta cerco di convincermi che le poesie che scrivo non possono essere d'amore, troppo pericoloso. Potrebbero essere le ultime. E gli amori invece sono tanti. Alle volte anche troppi, per un solo cuore. E poi cos'è l'amore se non mistero. Può essere uragano o flebile brezza, ghiaccio spesso antico o torrente di disgelo, accennato raggio di sole tra le fronde di un carpino ricurvo o bollente fuoco che arde la terra, sentiero morbido delicato di foglie o precipizio di rocce taglienti. L'amore è tutto ed è niente. Perché non è una parola, un termine che può essere relegato in un libro, in un codice è uno stato d'animo incomprensibile. E' freccia che devasta il corpo o carezza che lo riscalda. E' lampo che illumina il campo o luna scura che lo rende impenetrabile. Noi tutti parliamo sempre di amore ma lui, indispettito, rimane polvere sollevata dai mulinelli della nostra miseria. Esiste forse potenza più grande nella nostra esistenza? Ne rincorriamo il profumo pensando di riconoscerlo ma ogni battito di ciglia esso cambia profumo. L'amore passa dietro il nostro sguardo, ci sfiora e poi cambia direzione. In una vita lo si riesce a toccare raramente solo per un caso fortuito, quando è lui che lo decide. Inseguiamo una parentesi astratta pensando sia granito quando invece è solo schiuma di mare. 

Ecco perché i poeti dicono sempre che non scrivono poesie d'amore. Ne sono terrorizzati. Lo sanno che dietro le rime, la prosa si può nascondere la morte. La morte del poeta è la confessione a se stessi di aver pensato per un solo attimo all'amore in versi..



Ottobre è magico: le castagne, i funghi, le noci

Mio padre diceva sempre:

"Ama ottobre perché il dolore, la fatica, le ferite, la perdita, la disillusione e anche la passione, se vuoi, possono cadere con le foglie. Diventano poi l'Humus che da nutrimento alla terra ma scompaiono velocemente. Alle prime piogge autunnali. Non le dimentichi, non puoi farlo, saranno presenti nella terra, ma te le lasci dietro il cammino. Ti accompagneranno per sempre ma come terra non come foglie. Le ricorderai nel cuore ma la vita va avanti. Ci saranno altre foglie, altri amori e altri dolori. E altre primavere con foglie nuove. Ma non saranno mai quelle di prima".

E aveva ragione.

Ho fatto 20 traslochi nella vita. Un numero enorme. Alle volte penso di essere fortunato a non avere radici, altre volte mi mancano. La mia famiglia mi ha sempre spronato al cambiamento. "Vai!!" mi dicevano sempre. "Cambia, vivi, viaggia!". E io li ho presi in parola. Da quando avevo 16 anni. A 22 anni avevo già fatto 6 traslochi. A 30 anni 11. Lo zaino sulle spalle e via. Per le strade d'europa. Oggi i conoscenti mi dicono: "Sei fortunato a non avere figli, puoi fare quello che vuoi, non avere casa, lavoro, responsabilità". E non si rendono conto che mi feriscono. La vita si sceglie. Il lavoro, i figli, la casa, sono scelte. Nessuno ci obbliga. Certo, il potere ci fa credere che dobbiamo essere tutti uguali, con le stesse certezze. Che poi non sono mai certezze. Crollano al primo soffio di vento impetuoso. Il lavoro lo perdi, l'amata o l'amato lo perdi, la casa la perdi e i figli partono. Ma le responsabilità non mi sono mai mancate. Le ho sempre avute anche senza figli, lavoro, casa. Le responsabilità sono personali ancor prima di essere estese ad altri. Puoi avere "tutto" e non essere responsabile. Puoi avere niente ed essere molto responsabile.

Cosa mi riserverà il futuro prossimo? Non lo so. Ma so per certo che lo zaino non l'ho mai messo in soffitta. E mai lo farò. E il prossimo trasloco lo farò con gioia. La vita è questa per me. Non ne conosco altre. Spesso parlo con i giovani di 20-30 anni e rimango basito. Molt* sono già vecchi. Pensano di essere arrivati, avendo un lavoro, una casa, una famiglia. E non lo giudico, ci mancherebbe altro, Ognun* sceglie la propria vita. O come direbbe mio padre: "le proprie catene". E' comprensibile avere paura dell'ignoto, della solitudine. L'importante è essere convinti della propria vita. Se no poi a 50 anni si è devastati dai rimpianti. E io di cinquantenni devastati dai rimpianti ne conosco un'infinità. Per quello che giro sempre e ogni volta che posso dico ai giovani di partire, di andare via, di fare esperienze. Di vivere. Ecco perchè mi danno del matto. Ma quando lo fanno i cinquantenni o sessantenni io sorrido e lo capisco il perchè (mi vedono come un ragazzino mai cresciuto) ma quando a dirmelo sono i giovani di 30 anni allora rispondo: "Cristo! mi vedi matto, ma vivi, maremma impestata". La vita è breve, troppo breve.

E io di traslochi ne ho fatti ancora troppo pochi.

Ora torno a mangiare le noci. Chissà se dove andrò ci saranno dei bei noci...

Olmo Vallisnera


L'immagine può contenere: gatto e spazio all'aperto

L'ASSEGNAZIONE DEI POSTI LETTO 

Con l'arrivo delle piogge e in previsione dell'imminente freddo, il gattaro che dispone di spazi esterni appronta le residenze invernali della colonia.

Il gattaro riveste scatole, saccheggia armadi alla ricerca di vecchie coperte e prepara cucce termicamente isolate nel cortile e sotto le tettoie. Una volta finite le operazioni, sosta sotto la pioggia (inizia sempre a piovere alla fine delle grandi manovre, non so perché) cercando di convincere i gatti a prendere in considerazione i rifugi. Alla fine, i gatti più piccoli e malconci sembrano accorgersi della novità e, dopo aver annusato tutto per bene, entrano guardinghi e si accoccolano. Ed è a questo punto di massima soddisfazione per il gattaro che il gatto più forte e prepotente della combriccola decide che la cuccia sarà solo sua.

Entra, si stende sugli altri gatti che protestano debolmente, soffia un paio di volte e li sloggia. 
La frustrazione del gattaro raggiunge il massimo, soprattutto perché già sapeva che sarebbe finita così. 
Per qualche ora, e sempre sotto la pioggia, il bipede continua a buttare gatti nella cuccia come se spalasse carbone in una vecchia caldaia, a ciclo continuo. I gatti entrano, vengono minacciati dal gatto prepotente ed escono di nuovo, intercettati dal gattaro che li ributta dentro. Così per ore.

Col sopraggiungere del buio, i gatti rifiutano di continuare questa commedia e cercano di convincere il gattaro che la vita va così, che il gatto prepotente non si lascerà convincere per stanchezza alla convivenza forzata, e l’umano rientra in casa. La notte sarà in bianco, pensando ai gattini chissà dove, sotto la pioggia. Al risveglio il gattaro si alza ed esce, pronto a rimproverare il boss del quartiere, ma nella cuccia, troverà 6 teste e un groviglio di zampe: mai sottovalutare la magnanimità del boss!
E soprattutto, mai sottovalutare il fatto che il boss, con altri 6 coinquilini, sta più al caldo. Un’altra notte buttata, cercando di forzare i gatti (che si godono la vita più di noi) a seguire i nostri tempi.

Nessun commento: