domenica 16 dicembre 2018

Gita autunnale fuori porta: racconto semiserio di Paloma

Evan


Dare da mangiare agli uccellini di inverno: ecco come fare
Scriccioli, cincie, merli e pettirossi sono gli incontri più probabili che potremmo fare in città, proprio sul nostro davanzale. Ecco come aiutarli a ripararsi dal freddo:

1 – Installare una mangiatoia in giardino o sul davanzale di casa. In città e in campagna è preferibile sceglierne una coperta, dotata di un piccolo tetto che tiene il cibo al riparo da corvi, tortore e piccioni

2 – Preparare un mangime calorico a base di noci, biscotti grassi, fette di panettone avanzato, pezzi di crosta di formaggio, lardo, prosciutto e pancetta, burro, burro di arachidi e semi di girasole.

Cosa dare da mangiare agli uccellini di inverno

3 – Preparare la ricetta consigliata dall’associazione Lipu, che da anni si dedica alla protezione dei volatili.

Gli ingredienti: margarina (o strutto), biscotti secchi,arachidi sgusciate, rigorosamente non salate, semi di girasole , uvetta a piacere.

La preparazione: Per prima cosa bisogna sciogliere la margarina e sbriciolare i biscotti secchi. Poi bisogna spezzettare le arachidi. A questo punto unire il tutto ai semi e alla frutta secca. Versare la crema di margarina e i semi in un vasetto, aspettare che l’impasto si solidifichi, tirare fuori l’impasto dal vasetto, mettendolo nella mangiatoia. Se non avete una mangiatoia, potete metterlo in una reticella, come quella della frutta e appenderlo al davanzale o sull’albero davanti a casa.

E se volete tentare l’incontro con specie specifiche di uccellini, ecco qualche dritta. Merli, pettirossi e cince, vanno pazzi per i dolci, tentateli con le briciole della torta! Fringuelli, verdoni e cardellini amano gli snack secchi come semi di mais e girasole. Se invece volete tentare il raro incontro con il picchio, provate con arachidi e noce di cocco.



Cosa ci fa Paloma in libreria?
E' una giornalista?
E' una in cerca di letteratura?
E' in pausa lavoro?
O è semplicemente in gita?
O, ancora meglio, in guerra?
Perché Paloma sono io?
E perché lo siamo, in qualche modo, tutti e tutte, Paloma?
Un mio breve racconto contro tutti quei paradigmi assurdi, quei moralismi feroci, quelle sovrastrutture alienanti e distruttive, quei luoghi comuni che, da sempre, dividono e ghettizzano, imprigionano, smembrano, percuotono, deridono e umiliano corpi altri. Corpi solo corpi. Il razzismo, il sessismo, l'omotransfobia etc etc etc, sono gli strumenti che, nella storia, hanno amplificato, massificato, fondato e mantenuto quelle disuguaglianze che devono, oggi, necessariamente essere combattute. Siamo tutte diverse e diversi ma identici nel nostro diritto inalienabile alla vita. La libertà è concetto semplice ma diventa irrealizzabile quando si pensa di essere più importanti e meritevoli di altri. O superiori. O legittimati ad avere più diritti. Corpi solo corpi...
Buona lettura

Gita autunnale fuori porta: racconto semiserio di Paloma
Paloma e le pietre che rotolano

Ogni volta che Paloma scende dall’alta valle e attraversa una buona fetta di pianura, per arrivare in città, si deve preparare psicologicamente. Quando poi succede col caldo autunnale, allora la preparazione è ben più profonda, consapevole dei 30 gradi con il 100 di umidità. A differenza di Totò lei non arriva in metropoli vestita con il cappotto ma l’esatto contrario. Una sorta di hippie dark-senzatetto con le scarpe da vampiro e la bottiglia di acqua legata con lo spago e tenuta a tracolla. Una “Santa Chiara moderna”, come ama definirsi (E’ molto vanitosa, pazienza). Naturalmente gli sguardi che si sente addosso fanno comprendere il disagio che hanno le donne quando camminano in estate. La differenza è che a Paloma non le fischiano, qualche sputo, ogni tanto per rinfrescarla, niente di più. E’ molto fortunata Paloma. Partita alle sette del mattino, quando la temperatura è di 7 gradi, arriva, 2 ore dopo, “serena”. Ama incontrare la calura cittadina di buon mattino. Intorno ai 26 in assenza completa di vento. Il motivo della discesa è la ricerca di un libro. Uno di quei libri dimenticati che neanche una ricerca su internet l’ha aiutata. Lei poi che come ricercatrice sul web sta come a bruno vespa col giornalismo di inchiesta. Entra in due librerie piccole, chiede quasi imbarazzata. La guardano con il punto interrogativo. Va bene, pensa tra sè e sè, proviamo con le librerie mega. Quelle per intenderci alla Feltrinelli, con 6 piani e il minigolf, dove, se acchiappi tutte le buche, ti regalano un panino e le patatine del fast food dentro la libreria. Quelle dove c’è il cinema d’autore in stile Christian De Sica.

Quello che segue è il dialogo intercorso tra Paloma e il mondo “letterario”, nei 30 minuti di presenza all’interno della libreria più fornita in città. Il dialogo in prima persona amplifica la “bellissima” conversazione:

–Ciao!–

Sorriso gentilissimo, quasi ammaliante. So, se voglio, essere affascinante.

–Buongiorno, mi dica, le posso essere utile?–

Sguardo assente della commessa, rivolto verso la rivista che sta leggendo. Manco mi guarda e mi da del -Lei-. Che inizio. Vabè dai, buongiorno lo ha detto.

–Ecco, stavo cercando un libro sull’antispecismo–

Lo so, sono un pò masochista.

–Sul chi??–

Lancia un veloce sguardo al di là della rivista, uno sguardo leggermente interrogativo.

–Eh…..sull’antispecismo–

Niente, il mio fascino non funziona. Strano.

–Ahh!, mi scusi, non avevo capito, si certo, antispecismo. Deve proseguire in fondo al corridoio e al secondo scaffale, a sinistra, c’è qualcosa. Il reparto è macrobiotica, vegetariano e crudistaok–

Torna alla rivista senza aggiungere nulla di più.

–Come mai nel reparto crudistaok?–

Eh lo so sono una rompipalle ma francamente mi era nuova la cosa.

–Senta, non sono io che sistemo i libri, ma so che sono lì quelli “Anti”…come ha detto lei–

–E chi sistema i libri?–

Sembro Sherlock Holmes dopo otto pinte di guinness

–Ma lei perchè fa tutte ste domande?–

Seria e scocciata. Anzi, adesso, comincia a sfogliare la sua rivista con fare decisamente nervoso. Le pagine non girano, volano.

Vai Paloma, tocca a te, traformati in Peppino De Filippo. E’ una vita che ne coltivo il sogno.

–Si, ecco… sto facendo un indagine di mercato e un articolo per una rivista!–

Lei si blocca, alza finalmente lo sguardo in modo completo. Certo l’abbigliamento a metà tra Janis Joplin e Marilyn Manson non aiuta, ma si sa come sono ste artiste-giornaliste delle riviste, un pò new-age un pò frikkettone. Sorride, finalmente. E con la voce incuriosita e decisamente meno antipatica mi chiede:

–Per quale rivista lavora?–

Ecco! mi dico, non so perchè, ma ho la sensazione chiara di stare per finire in un ginepraio. Velocissima penso a una rivista di quelle importanti, cosi, tanto perchè almeno non ho fatto un viaggio a vuoto. Almeno mi passa il tempo.

–Rolling Stone!–

Lo dico serissima, mi radrizzo anche con la schiena. La voce profonda tipo Gassman nell’Amleto. Tanto non può vedere dal bancone che ho gli scarponi rotti e verniciati di rosa fucsia.

–Ahh! Ooh! Che bello!, e quindi sta facendo un indagine su dove si sistemano i libri per un articolo sulle vendite?–

–Esattamente–

Riflessiva. Certo, a questo punto, potrei anche farmi offrire un bicchiere buono di bianco. Ma desisto, devo continuare, ancora un pò, la parte della grande giornalista.

–Allora le chiamo il responsabile di reparto, il vicedirettore, è lui che decide dove si mettono i libri sugli scaffali in funzione del tema trattato–

Fulminea scompare. Dopo due minuti arriva seguita da un uomo sui 60, con la barba alla Italo Balbo, sudatissimo. Perchè poi, mah. In fondo nella libreria ci sono i canonici 10 gradi sottozero coi climatizzatori. Talmente viscido che sembra un palo della cuccagna.

–Buongiorno, mi dica, le posso essere utile?–

Penso: ma perchè dicono tutti la stessa identica frase? Cos’è, fanno uno stage su come si parla con gli avventori?

–Si, salve, stavo cercando un libro sull’antispecismo per una indagine che sto facendo–

–Come??–

Aritonfa (che è poi come dire “Aridàje”)

–A.n.t.i.s.p.e.c.i.s.m.o–

Lo sillabo come William Wallace in Braveheart prima della battaglia contro gli inglesi. Mi mancava solo la bandiera scozzese disegnata sulla faccia.

–Ah! non avevo capito, si certo, deve andare nel reparto macrobiotica e ricette vegane–

Ecco appunto. Cristo di dio della maremma impestata (nella mia mente)

–Ecco appunto (due volte, in testa e a voce), come mai li? E’ lei che decide dove inserire i libri giusto?–

–Si giusto. Beh, ovviamente sono lì perchè sà io mi informo su tutte le mode del momento e ho letto su riviste e internet che l’antispecismo è il pensiero di quelli che mangiano l’insalata (breve pausa) Ahahahah!–

Si, ha cominciato a ridere. Giuro. Mi viene da ridere anche a me, non so perchè, la reazione più intelligente sarebbe stata quella del pugno in piena faccia ma, sarà il suo profumo alla lavanda che sta inebriando tutta la libreria e anche il mio corpo, sarà la giornata torrida, sta di fatto che mi ha fatto diventare euforica. Profumava come una bancarella di lavanda in Camargue.

–Ahahahahahah!– rido con quel ghigno terrificante alla Shining

Occhi allucinati. Un solo secondo, poi seri come i fari di Battisti quando li spegneva per impastarsi contro il muro. Proseguo:

–Ma veramente l’antispecismo è un’altra cosa–

Sguardo tenebroso. Lo so è inutile, scusate, ma è più forte di me.

–Mi perdoni eh, non si offenda, ma sarà mica UNO di quelli lì!–

L’ha detto, non ci voglio credere. Ha detto uno. Nel 2018 ha detto uno. Cazzo.

–Quelli lì, chi?–

Trattengo il riso. Stoica Paloma, stoica.

–Ma si ha capito, quelli un pò dietetici che pensano solo alla palestra e alle ricette (pausa). Quelli un pò dell’altra sponda, ecco–

Come l’ha capito? Dal rossetto? O dai pantaloni corti tipo majorette? O forse dal trucco meraviglioso che metto nelle grandi occasioni? Ed è solo a questo punto che devo, necessariamente, obbligatoriamente, raggiungere le vette dei film di Edwige Fenech e Lino Banfi. Ne va della mia integrità di neo attrice-giornalista.

–Quale sponda?–

Lo sguardo serio ma poco sveglio, calcolatissimo. Alla Fusaro. Vai che è una vita che voglio dire sta frase. Sono pronta e preparatissima. Italo Balbo continua, ignaro:

–Senza offesa eh, io non sono maschilista (??…Cristo), per me ognuno può fare quello che vuole (si, si certo) a casa sua (ah ecco) E oltretutto conosco due di loro!– (solo due? Strano avrei detto di più)

Divertito ha alzato la voce per farsi sentire dalla commessa, vuole farle capire che è un macho vero. Ma anche aperto e moderno. La commessa sembra imbarazzata. Ha un tatuaggio, sul polso, a forma di cuore con scritto: Simona e Ilaria solo gioie. Ah, la targhetta sulla camicetta della commessa dice: Simona.

–Quale sponda?–

Lo ripeto stavolta sorridendo, con sicura complicità, per farlo avvicinare. Si sentirà spalleggiato e, proprio per questo, esposto e indifeso. Pronto per essere azzannato. Lo sbrano sto stronzo. Giuro.

–Ma si, quelli sempre palestrati con la mania del mangiare vegano, quelli un pò così insomma, mi ha capito no? I gay!!

La commessa è diventata color cenere. Il tatuaggio pulsa furibondo. Mi guarda. Ho la netta impressione che stiamo per diventare amiche. Le faccio l’occhiolino. E’ il segnale al banchetto. Ora la dolce Paloma si fonde con l’amara Paloma e si trasforma in lupa. Povero il Balbo della domenica.

–Ahh!, ho capito finalmente!–

Sempre sorridendo:

–No no, assolutamente, non si preoccupi, non sono di quella sponda lì. Non sono gay ci mancherebbe altro. Io sono Frocio!–

Ecco, ora guardo la commessa. I suoi occhi perforano l’aria nella mia direzione. Mi vorrebbe baciare ma non c’è tempo. Il Megavicedirettoregalattico mi fissa, tra il divertito e l’imbarazzato, ora si avvicina pure un cliente con la giacca pesante. Fuori ci sono 70 gradi all’ombra ma la giacca da Arthur Rimbaud, quando si va in libreria, è imperativo morale.

–Ma non è la stessa cosa?–

Risponde l’integerrimo “responsabile” (le virgolette le ho messe io). La sua inutile fronte spaziosa e i suoi occhietti neri mi squadrano. Aspetta una risposta che non tarda ad arrivare:

–No, no per niente. Io sono all’antica–

Riprendendo Özpetek. E lo dico con la stessa profondità ironica. Le labbra socchiuse, passionali. Per intenderci alla Marlene Dietrich.

–Ah ecco. Mi scusi–

Non sembra più tanto baldanzoso il Balbo. Guardo la commessa. L’impressione è che stia per scoppiare dal ridere. Probabilmente conosce il film “Saturno contro” come me.

–Niente si figuri, sa spesso le persone confondono i gay con i froci, che ci vuole fare, bisogna portare tanta pazienza–

Anche io devo pizzicarmi le labbra, non posso credere di averlo preso per il culo così facilmente. Quella meravigliosa citazione dal film di Ozpetek funziona sempre.

Non ride più. Adesso è serio e mi rivolge la frase stando ben attento a non avvicinarsi troppo. Potrei contagiarlo con la “sindrome della frocite”: la malattia dei liberi e delle libere. Ora cerca di cambiare argomento.

–Mi stava dicendo che l’antispecismo non va negli scaffali della macrobiotica? E dove allora?–

Ora fa tutto il professionale, indica alla commessa un cliente e le dice di andare là. Il virus potrebbe colpire anche lei, non sia mai. Ignaro totalmente che l’ha già colpita da una vita. Che faccio? Rispondo o me ne vado in grande stile? Rispondo. Non imparerò mai. Bocca mia santa statte zitta.

–L’antispecismo andrebbe nello scaffale dei libri antirazzisti o antisessisti, per intenderci negli scaffali antifascisti. Che so, vicino a Gramsci.–

Ho pensato al nome più noto (scolasticamente parlando) per darmi un tono ma dalla sua espressione tonta capisco che dovevo dire J-ax. La lupa inizia a tendere i muscoli.

–Sa quelli che dicono che dobbiamo avere gli stessi diritti inalienabili nelle rispettive differenze? Ha presente? Ecco, lì–

Ora il poveretto è in un bagno di sudore. E non è più il caldo del negozio.

–Quindi mi sta dicendo che le ricette non c’entrano? Devo aver letto male su internet–

Cerca una via di fuga onorevole, ma è troppo tardi. Non ha ancora capito di essere preda, pensava, il tenero coglione, di essere Alpha. Cucciolo il vicedirettore macho. Le mie unghie affilate stanno uscendo e i canini pronti a colpire. Stamattina, la lupa, non ha ancora mangiato.

–No, no, non ha letto male. Nei media si vuole far passare il concetto di antispecismo come una moda da stronzi, ma è, viceversa, una lotta di rivolta contro il sistema, contro il potere che ci vuole tutti schiavi felici. Comprende vero il significato di schiavi volontari?–

Prima zampata. La ragazza ora è tornata alla cassa e si sta gustando la scena del: “Come ti disintegro un omofobo demmerda in 3 minuti e 40 secondi”.

–Ah ecco, non lo sapevo–

Vorrebbe scappare ma è il vicedirettore, non può, è una questione di onore per lui. Si allarga la cravatta e concentra, senza senso, gli occhi per comprendere meglio l’incomprensibile. La lupa carica il peso sull’altra zampa e continua:

–E’ la più alta forma di lotta contro chi vorrebbe ridurci a burattini che difendono lo status oppressivo delle catene, combatte la delega donata alle marionette manovrate dai fili dei carnefici. Comprende vero i fili dei carnefici?–

–Eh, non proprio. Mi scusi: ha detto marionette, burattini? Ecco mi spiace molto ma ora devo andare. Devo lavorare–

Prende un libro dal bancone e si avvia. Ma la lupa dopo le due zampate non può più fermarsi. Il balzo è già avvenuto.

–Certo, certo il lavoro. Ah dimenticavo! è pure contro le frontiere e gli Stati e contro l’omofobia, insomma è -Contro-. Lo capisce il termine Contro?–

Ora la mia voce ha i decibel del 747 Roma-Atene.

–E allora, mi scusi, dove andrebbero messi i libri antispecisti secondo lei?–

Un ultimo, inutile, slancio di coraggio.

–Pensavo al marciapiede al di là della strada, fuori da qui–

Lo indico. E’ proprio al di là dell’ingresso della libreria. Verso est, il più lontano possibile.

–Certo, capisco. Ora devo andare, arrivederci–

Ormai è certo che sono pazza.

–Si, si, vada, vada direttore–

Con voce da spelling inglese distorta e leggermente infantile:

–A-r-r-i-v-e-d-e-r-c-i!. Lei mi aspetti che prima o poi torno, non si preoccupi che torno–

Mi giro sconsolata, son stata pure a rispondere. Rimbambita che non sono altro. Nell’uscire vedo, sommerso da una pila di libri di emilio fede e qualche canterino della televisione, un libretto piccolo di poesie di Alda Merini. Non ce la faccio. La guardo seria, la sua foto risplende in quell’inutile baraccone commerciale di cultura dei nostri giorni. Mi avvicino e le dico a voce molto alta, severa. Definitiva:

-Si può sapere che cazzo ci fai in sto posto?-

Si girano tutti di scatto. Sono a un passo da un TSO. Garantito. Ormai ho perso qualsiasi credibilità e possibilità di passare per giornalista da rivista. Sono tutti certi che sia una squilibrata.

-Perchè ti hanno messo qui? Se fossi viva a calci in culo li prenderesti!. Andiamo? Alda?? andiamo!.-

Sempre con lo sguardo rivolto al libro, s’intende.

La commessa si avvicina, mi chiede se posso gentilmente uscire. Sto disturbando la lettura dell’ultimo libro di fabio volo. Neanche il tatuaggio può più far nulla.

-La verità è che vi meritate tutto questo!-

Continuo. Nessuno mi guarda negli occhi, vigliacchi. D’altronde pensano sia folle, mi perdonano tutto. “Un travestito” del cazzo è sempre perdonato. Esco rapida. Meglio salire in montagna alla svelta. Ma un’ultima frase, a quel vicedelnulla, la voglio proprio dire: apro la porta del megastore e fissando negli occhi il vicedirettore urlo:

-Sarò pure frocio ma ho mille fratelli e sorelle, tu invece sei uno stronzo parente di nessuno!-

Ormai sono sicura, nessun@, in quella libreria, è più convinto che sia “uno” di loro. Mi sono tramutata in aliena. Una Cher sfigata ai loro occhi.

Richiudo la porta e mi allontano velocemente. La sensazione è che abbiano chiamato le guardie.Va beh, potevo evitare, sarà il caldo.

Che caldo che fa fuori, mannaggia a me che sono scesa in città. Via alla stazione, torniamo tra i cervi, almeno loro non mi fanno domande idiote. Mi rimproverano, questo si, cammino sempre troppo lenta e faccio rotolare le pietre nel bosco creando rumore, ma poi facciamo pace. Mi sgridano perchè faccio rotolare le pietre in montagna.

Già, le pietre che rotolano….Rolling Stone.



L'immagine può contenere: cavallo, albero e spazio all'aperto

Perché amo gli animali?
Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande
e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature:
sono perfette
in questo amore che corre sulla terra
per arrivare a te.
(Alda Merini)

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