sabato 24 agosto 2019

La riparazione del Nonno di Stefano Benni. (versione integrale)

- Prego cosa prendete?
- Un tramonto per due vista mare  grazie!

Nella foto: Tramonto a Por de Sol da http://www.fotoantologia.it/






Uno scrittore senza un gatto è inconcepibile. Certo è una scelta perversa, poiché sarebbe più semplice scrivere con un bufalo nella stanza piuttosto che con un gatto. Si accucciano tra i vostri appunti, mordicchiano le penne e camminano sui tasti della macchina da scrivere.

(Barbara Holland)

Questa è una delle citazioni più belle sui gatti... Mi trovo da quasi un mese nel mare di Formia, la mia piccola abitazione si trova all'interno di un antico teatro, qui trovate alcuni link che parlano di questo sito archologico: http://www.retedimorestorichelazio.it/…/complesso-archeolo…/ e ancora https://it.wikipedia.org/…/File:Formia_-_Teatro_Romano_a_Ca… e inltre http://www.welcometoformia.it/teatro-romano ... Ebbene oggi pomeriggio intorno alle 18,30, vorrei fare un video in streaming per farvi ammirare questo teatro e all'interno di questo teatro vorrei raccontarvi brevemente una mia idea su questa cittadina sul mare, vi dico solo che la mia abitazione/teatro, si trova a cinque minuti dal mare ed a cinque minuti dalla stazione ferroviaria dalla quale transitano e si fermano tutti i treni che dal nord vanno a sud e viceversa, una posizione strategica... In questo luogo magico mi piacerebbe organizzare un evento del quale vi racconterò più tardi le modalità...A più tardi, vi lascio con questa simpatica espressione felina e nel prossimo post vi invito a leggere un gustosissimo racconto di Stefano Benni, "La riparazione del Nonno"!


Per ricordare i tempi passati, propongo questo esilarante racconto di Benni, da leggere davanti al caminetto.

La riparazione del Nonno 
di Stefano Benni.  (versione integrale)

Ai miei tempi, che non erano solo i miei, ma di tante altre persone, non avevamo la televisione, ma avevamo il camino, e davanti al camino c'era un nonno acceso che raccontava.

Noi eravamo fortunati perchè avevamo in assoluto il miglior nonno della zona. Alcuni avevano dei nonni che si spegnevano subito e si addormentavano, altri dei nonni rimbambiti che non sapevano raccontare, altri ancora non avevano neanche il nonno, e passavano tristemente la sera guardando la brace e ascoltandone lo scoppiettio. Ma il nostro nonno Telemaco, un robusto esemplare di 87 anni, era uno straordinario narratore da camino, e venivano da ogni dove per ascoltarlo. Dicevano: "Stasera andiamo alla casa rossa, hanno un Telemaco 87 due pollici che racconta la storia della grande siccità...". Oppure: "Mamma, stasera Telemaco fa il programma di fiabe e filastrocche per bambini, possiamo andare?". Il venerdi' c'era la serata a luci rosse, racconti piccanti e maialate locali, il sabato c'era il racconto di guerra. Ma io preferivo la domenica, perchè quella sera il nonno Telemaco beveva il doppio, gli partiva una gran chiacchiera e i programmi duravano fino alle tre di notte.

Mi ricordo che sedevamo tutti intorno al camino, dove c'era un bel fuoco, e nonno Telemaco rientrava dall'aia, dove era stato a dar da mangiare agli animali, si toglieva le scarpe e per prima cosa dava le previsioni del tempo, tastandosi i calli.

Seguiva il notiziario del giorno: uva, mucche, liti in paese, guasti a trattori. Poi, dopo un gran sbadiglio, che era la sigla finale delle notizie, nonno Telemaco si schiariva la voce con un gargarismo di Barolo e iniziava.

Prima e dopo il programma c'era sempre qualche spot. Gli spot erano di due tipi: nel primo caso Telemaco sparava dei gran rutti, punteggiando il racconto, e quello era il segno che aveva mangiato bene, quindi erano da ritenersi spot pubblicitari della cucina della nonna.

Il secondo spot era quando il nonno faceva una pausa, gli ciondolava la testa e stava per addormentarsi. Più che uno spot era come quando appare la scritta "ci scusiamo per la momentanea interruzione dei programmi", ma bastava buttare una castagna intera sul fuoco e al rumore del botto nonno telemaco riprendeva.

E iniziava la serata: c'erano favole, itticomachie, lezioni di agricoltura, leggende della valle e serial epici, come Il Grande Duello delle Ruspe o La cattura del Toro Innamorato o La costruzione del Campo di Calcio. Ma la mia preferita era L'Invasione delle Rane Giganti, un kolossal di fantascienza-horror ispirato a fatti realmente accaduti cinquant'anni prima. Tutta la valle era stata invasa da migliaia di grossi batraci di provenienza misteriosa, che gracidavano diversamente dalle rane nostrane, forse in tedesco. Divoravano tutta la lattuga e non c'era veleno che potesse distruggerle, finchè qualcuno si era accorto che erano ghiottissime di funghi ma non sapevano riconoscerli. Un quintale di amanite velenose nei punti strategici e non ne restò viva una, tra vomiti, schizzi e spasimi. Era un racconto affascinante e spaventoso. Invece le serate più noiose erano quelle rosa, quando venivano le signore e volevano sapere Come il Nonno Aveva Incontrato la Nonna e Come Falli' il Matrimonio del Fattore, e dopo si facevano un pò di pettegolezzi e il dibattito.

Il nonno avrebbe preferito raccontare altro, ma il suo era un servizio pubblico e doveva accontentare tutti. Verso mezzanotte c'era la sigla finale, uno sbadiglio che sembrava un assolo di corno inglese, e poi tutti a letto.

Io ero fiero di mio nonno, e non avrei perso una serata davanti al camino per nulla al mondo. Ma il destino era in agguato, una notte d'inverno.

Era una notte da lupi, c'era un bufera con lampi infernali e tuoni che spostavano le montagne come sedie. Il vento ululava nel camino, facendo danzare il fuoco come un'odalisca. Stavamo stretti vicino al fuoco, aspettando la programmazione horror, perchè con un'atmosfera come quella il nonno raccontava sempre la Leggenda della Capra dai Denti di Ferro o La Storia dei Sette Lupi alla Porta, tutte storie vere o quasi, mentre dal camino scendevano gli effetti speciali, sciabolate di vento e colonna sonora di tuoni e la legna umida spetardava facendoci sobbalzare.

Nonno Telemaco arrivò tutto gocciolante e si tolse gli stivali. Non diede le previsioni del tempo perchè c'era poco da prevedere, accese la pipa e con voce profonda intonò la Storia dei Sette Lupi, una banda di animali sanguinari che aveva terrorizzato la zona nell'anteguerra.

"Il capo si chiamava Nerofumo, era il diavolo in persona, e aveva ucciso più pecore di un'epidemia. Una notte buia e nebbiosa io e il mio amico favilla tornavamo a casa, sul calesse, e dovevamo passare attraverso la Gola della Civetta, stretta stretta e circondata da un folto bosco di abeti, l'ideale per un agguato."

Il nonno tirò una boccata di pipa e socchiuse gli occhi, creando una pausa piena di suspense (che allora si chiamava cagotto). "Beh, eravamo a metà della gola, "prosegui'", "tirava un vento gelido e io aguzzavo gli occhi nel nebbione, cercando di vedere la strada. Il cavallo ansimava, e i denti di Favilla battevano nel buio, 'ta-ta-ta-ta', sembrava di sentire beccare un picchio, e allora dissi 'Ohè Favilla, te la stai facendo sotto?'. ma dicevo cosi' solo per fare lo spavaldo, in verità avevo una gran paura anch'io! e in quel momento guardo verso l'abetaia e cosa vedo? Due braci rosse, due occhi di bestia che mi guardano minacciosi."

Il nonno fece una pausa ancor più lunga; si sentiva solo lo scoppiettio del fuoco, e le sedie cigolare. I nostri cuori battevano forte, immaginando Nerofumo pronto a balzare e mordere la gola. E improvvisamente tutto accadde. Nell'aria si diffuse un rumore di carta stagnola stropicciata, un crepitare sinistro, i capelli del nonno si rizzarono sulla testa, il fuoco diventò nero - giuro - nero come la pece, e dal camino entrò qualcosa di spaventoso, qualcosa che faceva il rumore di un drago e di una trebbiatrice insieme, ci fu un lampo abbagliante, uno schianto, le braci volarono come farfalle infuocate e una nube di cenere riempi' l'aria.

Quando il mostro se ne andò, c'era una gran puzza di strinato ed eravamo neri come fuliggine. Il ciocco nel camino era carbonizzato e il gatto, nudo e pelato, sembrava una gallina lessa. Un fulmine era sceso dalla cappa, un caso su un milione. Si disse che era stato attirato da un vassoio d'argento sulla tavola, oppure dai denti d'oro del nonno.

Per altri, invece, era stato evocato dal racconto spaventoso. "Il diavolo," disse una vecchia, "invidia chi sa far più paura di lui." Non ci furono feriti, o morti o danni eccessivi. Ma qualcosa di terribile era accaduto: il nonno centrato dal fulmine, si era rotto.



Ebbene si'. Cercammo di fargli riprendere il racconto, ma lo schoc era stato devastante. I capelli da grigi gli eran diventati bianchi, le mani tremavano. Gli rimettemmo la pipa in bocca, gli facemmo bere il vino preferito e riprese un pò di colore. Fece due o tre spot da sotto (la paura era stata tanta) e poi riprese a raccontare cosi:

"Allo-lo-lo-lora vi-vi-vidi que que que que que que-gli oc-oc-oc-chi-chi-chi fiammeggian-gian-gian-ti che mi gua-gua...".

Orrore! Il nonno balbettava, il suo audio era lesionato e anche i suoi gesti, abitualmente lenti e descrittivi, sembravano quelli di una marionetta. Favilla, il suo amico, gli inoculò un altro mezzo litro di rosso e provò ad aggiustarlo col sistema Carnera, quello con cui faceva partire i trattori. Gli tirò un tale pugno nella schiena che l'interno del nonno rimbombò come una botte da cinquecento litri. Telemaco fece un altro spot e riprese a raccontare cosi':

"Allora il lupo nitri' e si impennò e fiammeggianti la luna vidi mentre gli abeti sul calesse favilla disse che occhi che c'era intorno nera addio il cavallo ululò e il fucile si cagò sotto e dissi arbeit frei Caterina levati i mutandoni mentre le orribili zanne del sergente Muller urlavano aiuto aiuto, rubano il maiale!".

I circuiti narrativi del nonno erano fusi, e se ne era venuto fuori un pasticcio composto di brani del racconto interrotto, episodi di guerra, ricordi vari e anche particolari intimi del rapporto con la nonna.
Fu fatto un ultimo tentativo. Il nonno fu messo a testa in giù, scosso violentemente e liberato dal surplus di elettricità nonchè di vino e polenta. Rimesso sulla sedia cosi' parlò:
"Cerene sette lupeche più froce Neirofummo qui sgozzolavan ipekkore me unnait me and mai friend Favilla kun chelesse e chevelle trans itavam dint'a golla della chouette, la charmante Colette".
Autentico marasma di slang ipervocalico, con la sorprendente comparsa delle lingue straniere, che il nonno non conosceva, e l'inquietante apparizione di una francesina che mandò in bestia la nonna. Decidemmo perciò di soprassedere, e aspettare il decorso del caso. Il nonno dormi' due giorni e due notti. Quando si alzò fece le solite cose, diede da mangiare alle bestie, andò a zappare l'orto, fece un salto da Favilla a parlare di imbottigliamento, tornò, mangiò e si sedette vicino al fuoco. E stette zitto.
Immobile con due lacrimoni che gli rigavano le gote rugose. Era chiaro che Telemaco 87 due pollici era rotto e bisognava ripararlo, perchè non potevamo vivere senza i suoi racconti.

Per prima cosa convocammo un medico, il dottor Faina. Egli dichiarò che c'era uno squilibrio neurologico-elettrolitico e si poteva provare a dargli della camomilla, ma dare della camomilla al nonno, anche diluita nella grappa, era come ucciderlo.
Il veterinario Schioppagatti disse che secondo lui si trattava di un problema psicoepizootico, una perdita di memoria e identità come ad esempio un papero viene allevato da una tacchina o un gatto da una cagna, e suggeri' di farlo dormire con i maiali. La mattina il nonno era uguale a prima, mentre tutti i maiali avevano preso il vizio di fumar la pipa.
Venne chiamato Ciappino, un riparatore di tritacarne e televisori, il quale disse che non aveva mai visto un modello di Telemaco 87 e comunque non essendoci valvole o manopole lui poteva farci poco, provò a tirargli le orecchie e a strizzargli un coglione ma il nonno gli tirò un cazzotto in faccia che per poco non lo accoppava.
Allora intervenne Favilla e sentenziò che bisognava chiamare un riparatore di nonni: ce n'era uno dall'altra parte della montagna, si chiamava Ufizeina e lui ce l'avrebbe portato ad ogni costo.
Infatti due giorni dopo una giardinetta si fermò nell'aia e insieme a Favilla ne usci' un ometto basso, con gli occhietti da gallina e una borsa da attrezzi grande due volte lui.
Ufizeina esaminò attentamente il nonno, lo misurò con un amperometro, gli auscultò la schiena, proprio come i medici, gli fece fare un rutto nel misuratore di pressione delle gomme, poi diede il responso.
Il nonno aveva subito una strinatura elettrica del cervello, nella sua testa c'era un albero di Natale di neuroni ed elettroni e positroni che si accendevano quando pareva a loro, e i ricordi e le parole non potevano andare dritti, perchè prendevano la scossa, deviavano e rimbalzavano uno contro l'altro. Insomma, dentro al nonno c'era troppa elettricità, infatti gli mettemmo in bocca una lampadina da sessanta watt e brillava che era un piacere. Il rimedio evidentemente era uno solo. Uno schoc si cura con un controschoc: il nonno doveva beccarsi un'altro fulmine, e secondo Ufizeina c'erano quattro possibilità:

il fulmine succhia via l'elettricità eccedente del nonno e tutto torna normale;
il nonno succhia un'altra dose di elettricità e diventa pazzo completo;
il nonno si carbonizza e diventa un mucchietto di fondi di caffè;
non lo so perchè non l'ho fatto prima.

Poichè la prospettiva era rischiosa, fu convocata un'assemblea di famiglia, e ognuno disse la sua.

Nonna disse che era troppo pericoloso e non valeva la pena, e comunque, a parte quel difetto nel raccontare, funzionava ancora benissimo. D'altronde erano anni che lei sognava l'elettricità in casa e quella era una fortuna da sfruttare, magari, se gli costruivamo un seggiolone bello alto da li' poteva illuminare tutta la cucina.

Mio zio disse che il nonno non era felice ed era giusto rischiare, ma forse bisognava fare prima una prova e lui suggeriva un volontario, ad esempio sua moglie Marcella.

Zia Marcella disse neanche per sogno, e poi a lei i racconti del nonno non piacevano neanche tanto, anzi suggeri' di prendere un altro nonno da camino, una Romualda 92 che conosceva tante belle storie romantiche e ricette di cucina e non faceva tanti spot come il nonno.

Mio babbo disse che avrebbe rotto la Romualda a bastonate, perchè nonno Telemaco era unico e bisognava tentare di tutto per aggiustarlo.

Mio fratello disse che era incerto, perchè se il nonno moriva non solo non avremmo più ascoltato i suoi racconti, ma sarebbe toccato a lui tenere dietro l'orto.

Mia mamma disse che la cosa migliore era chiedere al nonno.
Il nonno rispose: Voglio vivere cosi', non posso guarire.
Ufizeina, controllandogli il potenziale elettrico sul coppino, disse che era ancora sotto shoc, e in realtà aveva detto: Voglio guarire, non posso vivere cosi'.
Perciò ci preparammo all'operazione "Controsaetta due", che fu lunga e difficile. Bisognò preparare l'attrezzatura e aspettare l'occasione adatta. E una sera di febbraio nubi nere oscuravano il cielo e si videro, lontano, bagliori di lampi. Stava per arrivare un temporale coi fiocchi.
Il nonno fu messo in mezzo al campo, con uno scolapasta come elmo e le tasche piene di forchette. Sulla testa aveva un'antenna costruita da Ufizeina con sette metri di fil di ferro e una caffettiera in cima. Ai piedi gli avevamo legato due ferri da stiro.

Ci posizionammo a un centinaio di metri. La nonna pregava, lo zio accettava scommesse, io non sapevo se essere impaurito o eccitato. Ed ecco che cominciò a diluviare, e caddero i primi fulmini: uno su un ippocastano, un altro sulla strada, un altro nella vigna.
"E' li', è li'", urlavamo tutti indicando il nonno, ma i fulmini non ne volevano sapere, uno addirittura puntò il nonno ma all'ultimo momento scartò e fece secca la giardinetta di Favilla.
Dieci minuti di bombardamento non sortirono effetto alcuno. Poi il nonno ebbe un'idea geniale. Guardò in su, portò le mani alla bocca e gridò con tono di sfida:
"Non mi prendi, non mi prendi...".
Si udi' un brontolio irato, e la nube nera si gonfiò. Quale che fosse la divinità evocata dal nonno, la provocazione era andata a segno.
"Favilla", gridò il nonno "hai presente il geometra Biondi, quello che si dà delle gran arie da cacciatore? Beh, una volta l'ho visto tirare venti schioppettate a una lepre zoppa senza prenderla. Mi sa che quel signore lassù ha la mira del geometra Biondi!"
Stavolta si preparava qualcosa di grosso. La nube triplicò il volume, e scaricò ruggendo non uno, ma quattro fulmini che centrarono il nonno esattamente sul cranio. Lo spostamento d'aria ci buttò tutti a terra. Quando ci riprendemmo il nonno giaceva a terra esanime, e la pioggia era cessata di colpo. Le campane annunciavano l'alba.

Grazie a Dio, il nonno era brucicchiato, ma vivo! Fu messo davanti al fuoco, rifocillato e subito gli chiedemmo:
"Telemaco ci racconti una storia?".
"Era il novembre del 1943," iniziò lui "io e Favilla eravamo sulle montagne, temendo una rappresaglia tedesca. Erano circa le sette di un fresco mattino autunnale, tirava vento da est e i campi erano pieni di brina, ricordo che io vidi un bel pò di funghi porcini, circa trentasei, ma proprio mentre stavo per raccoglierli sentii rumore di motori e vidi avanzare sulla strada sottostante un'autocolonna comandata dal maggiore Hans Rieger di Dusseldorf, Sparkstrabe 124, comprendente cinque camionette Magirus con ventitrè soldati più un mortaio da 120 e una jeep con due mitragliatrici leggere da centottanta colpi al minuto guidata da tale caporale Otto, un bavarese alto circa un metro e settanta, sottili baffi biondi, una cicatrice sotto l'orecchio destro..."
Il nonno aveva ripresi a raccontare con una lucidità e una precisione di particolari del tutto nuova. Come disse Favilla, "gli si erano ricaricate le pile".
Il problema fu che non si riusci' a spegnerlo. Parlò ininterrottamente per undici anni e la notte dovevamo chiuderlo nel pollaio insonorizzato perchè se no teneva svegli tutti.
Nessuna cura funzionò. Ma il nonno era felice: raccontava storie alle galline, raccontava zappando nell'orto, vendemmiava raccontando e raccontava mangiando.
Cessò le trasmissioni una mattina di luglio, a novantatrè anni. Non lo dimenticheremo.

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AMICIZIA

Non posso darti soluzioni 
per tutti i problemi della vita
non ho risposte per i tuoi dubbi o timori
però posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare
né il tuo passato né il tuo futuro
però quando serve starò vicino a te

Non posso evitarti di precipitare
solamente posso offrirti la mia mano
affinchè ti sostenga e tu non cada

La tua allegria
il tuo successo e il tuo trionfo
non sono i miei
però gioisco sinceramente
quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni
che prendi nella vita
mi limito ad appoggiarti
a stimolarti e aiutarti
se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti
dentro i quali devi muoverti
però posso offrirti lo spazio
necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza
quando qualche pena ti tocca il cuore
però posso piangere con te
e raccogliere i pezzi
per rimetterlo a nuovo

Non posso dirti
né cosa sei né cosa devi essere
solamente posso volerti come sei
ed essere tuo amico

In questo giorno pensavo
a qualcuno che mi fosse amico
in quel momento sei apparso tu

Non sei né sopra
né sotto né in mezzo
non sei né in testa
né alla fine della lista

Non sei né il numero uno
né il numero finale
e tanto meno ho la pretesa
di essere il primo, il secondo
o il terzo della tua lista

Basta che mi vuoi come amico
non sono gran cosa
però sono tutto quello che posso essere...
.
Borges

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