giovedì 14 agosto 2008

Seconda parte del racconto Il dottor Niù di Stefano Benni.


Seconda parte del racconto Il dottor Niù di Stefano Benni.
Il giorno dopo torno a casa e non trovo più mia moglie. Il dottor Niù mi spiega che era un vecchio modello, e che bisognava rimodernarla. Me la riporta dopo una settimana liftata, siliconata e liposuzionata. Sembra un incrocio tra Emilio Fede e Moira Orfei. Preferivo il vecchio modello, dico a bassa voce per non farmi sentire. Perchè lei è vecchio, ammonisce il dottor Niù. Nei tempi della tecnologia, la vecchiaia è un errore di programmazione, una colpevole resa. Investa in giovinezza.
Mi fa un new prestito al quaranta per cento e mi chiudono in una clinica. Mi spianano le palpebre, mi massaggiano, mi drenano, mi mettono una pompa idraulica nel pistolino, mi trapiantano tremila capelli sintetici e un rene di una bambina thailandese. Non ho il coraggio di guardarmi allo specchio, ma il cane mi ringhia contro, mia moglie piange e mio figlio scappa di casa.
Non ne posso più. Mentre mi stanno consegnando il computer che ho ordinato la settimana scorsa, il dottor Niù lo blocca sulla porta, spiegando che in una settimana è già invecchiato di due generazioni. E' lento, ci mette sedici secondi ad entrare in rete, un'eresia nel tempo veloce della tecnica. E cosi mi fa comprare un computer della Nasa con quattro gigabyte, e una web cam con cui, in sette secondi, posso far vedere il mio culo in tutto il mondo.
Ma se tutto deve essere nuovo, obietto, come mai in Italia conserviamo da trenta anni in una salamoia di fard, tanti politici pataccari che propongono sempre la stessa televendita? La politica è una cosa, risponde, la tecnoeconomia un'altra. A proposito, il suo prestito è scaduto, lo rinnova? Assolutamente no, ringhio.
Forse mi sono liberato del dottor Niù. La mattina mi sveglio. Il fedele cane Ricky non mi viene incontro. Ho un sospetto. Nella nuova cuccia blindata c'è un pitbull tysonberger reichwailer che conosce le arti marziali ed è collegato alla questura con un lunghissimo guinzaglio. Ah questa poi no! Vado a recuperare il vecchio modello di Ricky al canile.
Quando torno ritrovo il dottor Niù nel mio giardino, nervoso. Adesso basta gli dico, non ho più un centesimo, mi lasci in pace! Va bene va bene, siete tutti irriconoscenti, risponde. Guarda il cielo, le piante, l'orizzonte e sbuffa. Cosa c'è che non va? gli chiedo. Caro mio, risponde, questo mondo è un vecchio modello. Troppi boschi, pochi parcheggi. La Silicon Valley è senza elettricità, il petrolio sta finendo, e lo sprechiamo alle Galapagos. Il traffico aereo è intasato, il clima si ribella, l'aria è irrespirabile. E' un mondo sorpassato, non può più sopportare le esigenze della crescita tecnologica, è una materia prima in esaurimento. E allora cosa pensa di fare? ho chiesto.
Questo, ha detto il dottor Niù con un'espressione folle nel fisico da quarantenne. Ha estratto una scatola nera con un pulsante, ha premuto e all'orizzonte è apparsa la nube di un'esplosione, poi un'altra e un'altra ancora. Come in un film americano, piovevano dal cielo camion, mucche e cabine telefoniche. La gente gridava, l'aria era rovente. Disgraziato, ho detto, il mondo era un vecchio modello, ma avevamo solo quello. Adesso che lo avete distrutto con cosa lo sostituirete?In effetti, ha detto il dottor Niù, non ci avevo pensato.
Ho udito un rumore lancinante, ho gridato di terrore, è la fine, è la fine. Invece era il trillo della sveglia: era tutto un sogno! Meno male ho pensato, balzando giù dal letto. Ho baciato mia moglie, la pentola, il cane, il mio vecchio telefono.
In quel momento hanno suonato alla porta. Era un signore con gli occhiali neri che si è presentato come dottor Niù, consulente di aggiornamento tecnologico per famiglie.
Ho mangiato il suo fegato con un piatto di fave e un buon bicchiere di Chianti.
Fine.
Pillola del giorno: Maccaromania.
Dice: "Sortanto pasta? Ma è da pazzi!".
So pazzo, embè, vabbè, chi se ne frega!
Finchè nun c'è quarcuno che me lega,
nun ce rinuncio manco si m'ammazzi.
Quanno la magno, vojo che me sazzi
fintanto che la cinta nun me sega;
la panza è panza si nun cià 'na piega,
sinnò è n'imbottitura da pupazzi.
Dopo magnato invece, carmo e cormo,
nun godo più la vita sarv'ognuno
pè er semprice motivo che m'addormo.
Ma si nun uso pentola e tigame,
e resto svejo, è un cavolo e tutt'uno
pè via che nun ce vedo da la fame.
Aldo fabrizi.

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