mercoledì 27 agosto 2008

Racconto di Stefano Benni: Adelmo Ferrari, scritto in occasione di una vittoria della Ferrari di qualche anno fa.

Nella foto immagine da http://www.donfrenchphotography.com/ViewFull.php?image=221

Nuovo racconto di Stefano Benni: Adelmo Ferrari.

Grazie, Ferrari Adelmo. La Ferrari, ha vinto e siamo tutti contenti, anche se la Formula uno e i suoi eroi ci annoiano mortalmente. Ci annoia Schumacher, l'uomo dalla mandibola carenata che guadagna dieci milioni al minuto, cioè un milione ad ogni inspirazione di benzina, è l'unico al mondo col rimborso spese per l'inquinamento. Ci annoia Luca di Montezemolo, il fighetto col ciuffo che arraffa presidenze e soldi ovunque, il Berlusconcino del futuro. Ci annoiano le gomme con la mescola dura, con la mescola molle, coi foruncoli da pioggia e con l'eritema da sole. Ci annoia questa storia che "i piloti sono atleti": cento giri del circuito di Indianapolis sono una passeggiata in confronto ad una Bologna -Firenze in agosto. Ci annoia vederli piangere e gioire agli inni nazionali e poi prendere la residenza a Montecarlo. Ci piacciono soltanto i meccanici Ferrari, perchè sembrano una cooperativa di diavoli, ci piace la Minardi perchè non vince mai e soprattutto ci piace Alvaro Vitali, che dopo una breve carriera nel cinema, ha saputo cambiare vita e vincere con lo pseudonimo di Jean Todt. Ma soprattutto ci dispiace come la vittoria della Ferrari abbia fatto passare sotto silenzio un evento molto più importante: e cioè che dopo ventuno anni Adelmo Ferrari ha vinto la gara del parcheggio sotto casa. Poichè nessun giornale lo riporterà, saremo noi a raccontarne le gesta e a dire: grazie, Ferrari Adelmo.
La battaglia di Via Monza
Da ventuno anni, via Monza, alla periferia della città, è considerato il circuito più pericoloso d'Europa. La si imbocca dopo il semaforo di via Lenin, l'ultimo semaforo comunista, tredici minuti di rosso e solo quattro secondi di verde. La via è formata da quattro curve a precipizio, tra cassoni della spazzatura, buche nell'asfalto, lavori in corso e sgorghi di fogna. Si entra nella via sgommando ai cinquanta, poi si ingrana la prima alla chicane della Velda.
Nonna Velda ha ottant'anni e ogni sera si mette seduta fuori della porta, solo che non si è accorta che da vent'anni hanno tolto il marciapiede a sta con la sedia esttamente sulla mezzeria. Schivata nonna Velda e superata la chicane, si entra nella curva del pataccaro, davanti al manifesto gigante di Berlusconi, poi si toccano i sessanta all'ora sul breve rettilineo di Nerone, cosi detto perchè vi si possono ammirare lavori in corso risalenti a epoca romana, e in controsterzo si affronta la famosa curva delle acque, o della pozzanghera Tabarroni.
Qui da vent'anni, per un problema di tombini intasati, c'è una profonda pozzanghera attraversando la quale le auto schizzano fanghiglia nel giardino di Palmiro Tabarroni, che reagisce tirando sassi, secchi d'acqua e talvolta palate di merda. Superata questa pericolosa curva si apre a tutto gas sul rettilineo dei Calabroni Pazzi, e schivando i ragazzini che vanno su una ruota sola in motorino, si arriva al traguardo, cioè l'unico parcheggio disponibile nella via, uno spiazzetto tra due platani butterati. Qui, per ventuno anni è sempre arrivata prima la Mecedes grigia del fornaio Mirko Micàcchini, boss della baguette rionale, detto "il finlandese" per la chioma bionda ossigenata. Qui ogni mattina dopo il lavoro notturno, per ventuno anni ha cercato invano di infilarsi la Fiat Cinquecento rossa di Adelmo Ferrari, infermiere, residente proprio davanti al parcheggio. Domenica , in concomitanza col circuito di Suzuka, si è svolta l'ennesima sfida.
Fine prima parte.
Pillola del giorno: La bruschetta
Ar tempo che la gente popolana
bruscava ancora er pane sur carbone,
a roma lo chiamavano "Cappone",
come "fettunta" dicheno in Toscana.
'Na fetta de pagnotta paesana,
cò sale ajo e ojo, a colazione
fa bene: l'ajo è contro l'infezione,
l'ojo, pè chi va duro, è un toccasana.
Se magni solo, te la poi aggustà
a la burina, senza che te tocca
stà a bocca chiusa pe smorzà er crà-crà.
Carica d'ajo, è inutile a discute,
certo nun spunteranno fiori in bocca
ma l'alito profuma de salute.
Aldo Fabrizi.

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