domenica 27 febbraio 2011

Libia ultimo atto, attese sanzioni dall'ONU

In alto: Immagine tratta dal blog http://sedutainriva.splinder.com/

Le idee sono come le tette, se non sono abbastanza grandi si possono gonfiare.
Stefano Benni.



Libia ultimo atto, attese sanzioni dall'ONU

Dopo Tunisia ed Egitto, finalmente anche il popolo libico si è ribellato al sanguinario dittatore Muammar Gheddafi, il quale non ha esitato a bombardare gli oppositori, ma dopo oltre dieci giorni di guerriglia e di massacri di civili siamo ormai all'epilogo, il macellaio libico controlla appena alcuni quartieri di Tripoli.


Nelle piazze e nelle strade di Tripoli non si registrano per ora atti di guerriglia. Secondo però la tv araba al-Jazeera, un gruppo di attivisti in città sta creando un coordinamento di tutti i gruppi di opposizione presenti nel Paese, primi fra tutti i gruppi di ribelli che controllano la città di Bengasi e la Cirenaica. L’erede al trono in Libia, il principe Mohammed Senussi, al giornale arabo al-Sharq al-Awsat ha dichiarato: “Gheddafi controlla ormai solo la zona intorno alla caserma di Bab al-Azizia, a Tripoli, dove è al momento asserragliato” e ha aggiunto “la situazione in Libia è drammatica, sarebbero duemila i morti e ci sono ampie zone che sono state liberate, si sta vivendo una tragedia umanitaria per le vittime delle milizie di mercenari che Gheddafi ha messo in piedi nel corso degli anni”. Il principe è convinto che la fine del Rais sia vicina, “perché ha perso il controllo delle città orientali del paese e ora lui e i suoi familiari sono asserragliati in caserma”. Un giornalista libico avrebbe riferito alla tv al-Jazeera che “le milizie fedeli a Muammar Gheddafi schierate a Tripoli questa mattina si stanno concentrando tutte intorno alla zona che ospita la caserma di Bab al-Azizia”, in cui è blindato il colonnello (fonte Il Fatto Quotidiano)

Le armi che il dittatore libico utilizza per reprimere gli oppositori alla dittatura sono state fornite in buona parte dalle nostre industrie come dimostrano i seguenti articoli, da Marco Boschini:

Di chi sono i fucili di Gheddafi?

L’Italia non solo è uno dei principali partner commerciali della Libia, ma è il maggiore esportatore europeo di armamenti al regime di Gheddafi. I Rapporti dell’Unione europea sulle esportazioni di materiali e sistemi militari (qui l’ultimo rapporto e un’analisi) certificano che nelbiennio 2008-2009 l’Italia ha autorizzato alle proprie ditte l’invio di armamenti alla Libia per oltre 205 milioni di euro che ricoprono più di un terzo (il 34,5%) di tutte le autorizzazioni rilasciate dall’UE (circa 595 milioni di euro). Tra gli altri paesi europei che nel recente biennio hanno dato il via libera all’esportazione di armi agli apparati militari di Gheddafi, figurano la Francia (143 milioni di euro), la piccola Malta (quasi 80 milioni di euro), la Germania (57 milioni), il Regno Unito (53 milioni) e il Portogallo (21 milioni).

A differenza dei colleghi europei, il ministro degli Esteri Frattini si è guardato bene dal dichiarare anche solo la sospensione temporanea dei rifornimenti di armi a Gheddafi. Eppure da quando sono iniziate le manifestazioni di piazza in diversi paesi del nord Africa non sono mancate le dichiarazioni in tal senso delle principali cancellerie europee.

Ha cominciato la Francia annunciando la sospensione dell’invio all’Egitto non solo di sistemi militari ma anche di ogni materiale esplosivo o destinato al controllo dell’ordine pubblico tra cui i gas lacrimogeni. Ha proseguito la Germania dichiarando l’interruzione delle forniture di armi verso l’Egitto manifestando specifiche “preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani nella risposta alle proteste” da parte delle forze dell’ordine vicine al presidente Mubarak. Il 17 febbraio la Francia ha quindi esteso lo stop alla vendita di armi anche al Bahrain e alla Libia. E lo stesso Foreign Office britannico, inizialmente poco propenso ad ammettere l’uso di armi inglesi contro la popolazione a Manama, il giorno successivo ha revocato numerose autorizzazioni all’esportazione di armi in Bahrain e Libia. Tra i principali esportatori europei di armamenti solo l’Italia tace.

Eppure non sono mancate le sollecitazioni. Dopo i primi tumulti nei paesi del nord Africa,Rete Disarmo e la Tavola della pace avevano chiesto esplicitamente al Governo italiano di sospendere ogni forma di cooperazione militare con Algeria, Egitto e Tunisia e di fatto con tutti i paesi dell’area. Simili richieste sono state inoltrate dalle associazioni pacifiste in Germania, in Francia e nel Regno Unito. I cui governi,inizialmente refrattari, hanno dovuto rispondere all’opinione pubblica. Solo il ministro Frattini è sordo ad ogni sollecitazione.

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E da Il Cambiamento:

Libia, le armi che sparano sui civili vengono anche dall'Italia

Negli ultimi anni l'Italia ha rappresentato il più importante partner commerciale della Libia nel ramo degli armamenti. Lo autorizzava espressamente il Trattato di Bengasi del 2008, ed oggi la posizione dell'Italia, come quella di Francia e Russia, fa discutere, perché le armi che sparano sui civili vengono proprio dall'Europa.


armi libia
Negli ultimi anni l'Italia ha rappresentato il più importante partner commerciale della Libia nel ramo degli armamenti

Nelle stesse ore in cui si svolge la guerra civile in Libia e il governo italiano valuta le misure da adottare con le centinaia di migliaia di rifugiati provenienti dal Nord Africa, può essere utile tener presente che i rapporti fra Italia e Libia sono molto più complessi e articolati di quanto non emerga dalle cronache degli ultimi avvenimenti.

Secondo il dettagliato rapporto stilato dall'Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo, Tripoli rappresenta un importante partner commerciale per l'Italia in ambito militare. La firma del Trattato di Bengasi del 30 Agosto 2008, ratificato dall'Italia nel Febbraio 2009 e dalla Libia il 2 Marzo, costituisce una tappa saliente rispetto agli anni Settanta, Ottanta e Novanta, quando le tensioni fra la Libia e i paesi occidentali erano state più forti e controverse.

La normalizzazione dei rapporti fra Italia e Libia, siglata dal Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione da Berlusconi e Gheddafi nel 2008 (ma al Preambolo avevano già iniziato a lavorare Prodi e D'Alema), prevede, oltre agli impegni di consultazione politica, cooperazione culturale e collaborazione energetica, “la realizzazione di un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari” (Art. 20, comma 2). Nel 2008 il Trattato sollevò polemiche soprattutto per la promessa di una “ricompensa” italiana alla Libia nella forma di stanziamenti di cinque miliardi di dollari in 20 anni e per la mancata messa in discussione dell'Alleanza dell'Italia con la Nato.

berlusconi gheddafi
La normalizzazione dei rapporti fra Italia e Libia prevede peraltro "la realizzazione di un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari"

Tuttavia, nel 2008 il valore delle spese militari libiche ha cominciato a crescere, raggiungendo, secondo i dati SIPRI elaborati dall' Archivio disarmo, la cifra di 1,1 miliardi di dollari nel 2008. Ciò significa che la Libia ha consolidato nell'ultimo periodo la sua posizione di partner commerciale nel ramo militare, di cui l'Italia, come anche la Francia e la Russia, hanno particolarmente beneficiato.

In particolare le tabelle che esprimono il valore delle autorizzazioni alle esportazioni italiane in Libia dal 2006 al 2009, stilate dai Rapporti annuali del Consiglio dei Ministri in materia di armamento, attestano una costante crescita degli investimenti italiani in Libia a partire dal 2006.

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Ancora due testimonianze a favore del popolo libico, da Giovanotta:

Il Mediterraneo dei Gelsomini


FERMIAMO IL MASSACRO IN LIBIA

Pane, lavoro, democrazia, accoglienza

IL MEDITERRANEO DEI GELSOMINI

C'è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo.

Il profumo dei gelsomini arriva anche nel nostro paese, anche nelle barche piene di giovani con la loro domanda di futuro.

Il messaggio che porta con sé ci dice che non è obbligatorio subire il furto di futuro, il sequestro della democrazia, né la fame di pane, lavoro e libertà.

Ci conferma che è possibile riprendere in mano il proprio destino, e scrivere insieme una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero.

Dimostra che il vento del cambiamento si può alzare anche dove sembra più difficile.

Oggi soffia da una regione rapinata dai colonialismi vecchi e nuovi, oppressa da dirigenti corrotti e venduti, violentata da guerre e terrorismi, troppo spesso contesa, divisa, umiliata.

Alzare la testa si può, anche quando costa immensamente caro, come il prezzo che il popolo libico sta pagando in queste ore per aver sfidato il dittatore.

Siamo tutti coinvolti da ciò che accade aldilà del mare. Le speranze e i timori, i successi e le tragedie delle sollevazioni arabe disegnano anche il nostro futuro.

Viviamo conficcati in mezzo al Mediterraneo ed è da qui che è sempre venuta gran parte della nostra storia.

Non possiamo restare in silenzio, mentre il Governo italiano tace, preoccupato solo di impedire l'arrivo di migranti sulle nostre coste, e ancora difende il colonnello Gheddafi.

Uniamo le nostre voci per chiedere la fine della repressione in Libia e in tutti gli altri paesi coinvolti dalla rivolta dei gelsomini, dallo Yemen al Bahrein fino alla lontana Cina.

Per sostenere i processi democratici in Tunisia e in Egitto e lo smantellamento dei vecchi regimi.

Per rafforzare le società civili democratiche che escono da anni di clandestinità e di esilio.

Per politiche di vero dialogo tra culture e per promuovere i "diritti culturali" delle popolazioni coinvolte.

Per la revisione degli accordi ineguali e ingiusti imposti dalle nostre economie ai vecchi regimi.

Per la fine delle occupazioni e delle guerre in tutta la regione.
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E da SilveGirl09:

libia

Io so solo gioire con la popolazione libica
che finalmente!
si sta liberando da un regime dittatoriale
le cui atrocità saranno note anche a noi,
"sonnolenti" europei!
appena il blocco delle informazioni verrà totalmente rimosso.

La paura che sta avvolgendo la gran parte della popolazione italiana
dei possibili nuovi "arrivi"
è, secondo me, nella gran parte fomentata dalla gran-cassa mediatica
che dà voce a quello che il governo non fa altro che ripetere da giorni,
fino ad arrivare a dichiarazioni ridicole ("non lo voglio disturbare...")
o facendo persino supporre un "è meglio Gheddafi piuttosto quello che potrebbe venire dopo!"
Dichiarazioni che ci stanno rendendo, ancora una volta, invisi al resto del mondo!

La presa da distanza del nostro B., amico di Gheddafi, ancora non è arrivata forte e chiara!
E l'ansia che si sta fomentando,
a cominciare dal ministro degli interni,
per i possibili sbarchi, per l'esodo delle popolazioni
è davvero miserevole!

Cosa avrebbero dovuto fare gli americani, allora, quando sono venuti in europa a liberarci dal fascismo e dal nazismo?



Io sto con il popolo libico!





Veniamo alle miserie di casa nostra, il nostro piccolo premier ormai è assodato porta sfiga, i suoi amici più fedeli stanno miseramente scomparendo, da Ben Ali' a Mubarak adesso è la volta di Gheddafi, a quando la dipartita di Putin e del Cavaliere? Intanto per non farci mancare niente la televisione pubblica inglese per bocca di Charlie Broker sputtana ancora una volta il nostro capo del Governo (da Net1News):

LONDRA - Siamo ufficialmente una barzelletta. Bastano 30 secondi a Charlie Brooker per demolire Silvio Berlusconi, "a terrible shit", che tradotto significa "una terribile merda". Il comico inglese attacca il Presidente del Consiglio italiano senza alcuna pietà sui suoi scandali sessuali: un annichilimento completo che va da Ruby ad Annalisa Minetti, dalle leggi ad personam, al controllo sui media e non risparmia nemmeno l'aspetto estetico di Silvio Berlusconi. Un satira feroce che in Italia coninciderebbe con l'espulsione da qualsiasi televisione. Fortunatamente Charlie Brooker è un comico inglese, e può permettersi di fare satira su Berlusconi nel suo 10 O'Clock Live, che è un programma che va in onda dal vivo, su Channel 4, un canale televisivo pubblico. Addirittura impensabile per gli italiani la cesura finale, in cui Brooker descrive Berlusconi come: "Ghignante, decrepito, coi capelli trapiantati, avizzito come un bisonte morente". Il filmato è stato sottotitolato dal sito ComedySubs.org: guarda il video


Ma che succederà quando finalmente il Cavaliere mollerà la poltrona? Se lo chiede Byoblu:


E dopo Silvio Berlusconi...




Molti mi chiedono cosa succederà dopo Silvio Berlusconi. Niente. Non succederà assolutamente niente.

Quando guardate quel vecchio signore che sembra una caricatura della banda degli onesti, il capolavoro di Totò, in realtà state guardando la punta dell'iceberg di un sistema sommerso che permea tutto quanto, da palazzo Grazioli all'azienda dove lavorate, passando per i direttori di banca, gli uffici degli avvocati, i cartelloni pubblicitari, i funzionari di borsa, i primari degli ospedali, le catene di supermercati, i trasporti pubblici e i vigili urbani, per arrivare, dopo un lungo giro tortuoso che collega tutti i puntini numerati, all'industria dei contenuti televisivi.
Credete che il conflitto di interessi si risolverebbe, se Berlusconi dovesse cedere il potere formale a qualcun altro? O magari se dovesse abbandonare il suo vetusto pondo? Non credo che siate così ingenui da pensarlo davvero. Potete mettere a Palazzo Chigi il cittadino animato dalle più lodevoli intenzioni, ma il sistema di potere economico, il serpente tentacolare che divora qualsiasi topolino osi fare capolino fuori dalla tana, continuerebbe a manovrare ogni singola leva del potere reale di questo paese. Indisturbato. E sapete perchè? Perché un politico non è altro che l'espressione di un sistema di potere preesistente, mentre non si è mai visto il contrario: nessun politico è in grado di creare o disfare un sistema tanto pervasivo e colloso come quello, commisto al malaffare, che scrive ogni giorno la vera costituzione del nostro paese, con le sue regole, i suoi tribunali, i suoi ministri e il suo sistema di appalti parassiti. In altre parole, la politica si può vedere come la copertura, l'attività regolare che maschera i traffici illeciti di faccendieri ricchissimi e senza scrupoli, i veri proprietari del paese, coloro che decidono cosa e come deve essere fatto.

Facciamo un esempio banale, facile facile... Il conflitto di interessi. Già da molto tempo prima che Berlusconi scendesse in politica, Mediaset era asservita ai desideri di un politico, Bettino Craxi, che in cambio di un sistema di finanziamenti illeciti - ma evidentemete anche di supporto a livello di manipolazione delle informazioni - permetteva a Berlusconi di continuare a costruire il suo impero multimediale. In Parlamento non c'era direttamente il proprietario dell''industria televisiva privata, ma c'era un suo rappresentante diretto, a lui legato a doppio filo. In teoria il Parlamento poteva decidere di staccare la spina alle televisioni di Berlusconi in qualsiasi momento, essendo illegali, ma il potere economico dettò l'agenda politica e furono emanati addirittura tre Decreti Legge (quindi si ritenne che la questione avesse nientemeno che i requisiti della necessità e dell'urgenza). il serpente tentacolare era più forte dei piccoli e deboli uomini che componevano il Governo Craxi. La p2 era già stata individuata e apparentemente sciolta, ma come vediamo anche oggi il suo sitema di potere, evidentemente vincente, continua ad essere riproposto continuamente. Il risultato è quel che sappiamo.
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Il movimento Rete dei Cittadini si è costituito a Roma, aderite e partecipate all'assemblea pubblica che si terrà nella capitale il giorno 27 febbraio 2011:

Chi siamo


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RETE DEI CITTADINI (RdC) è una federazione di associazioni, comitati, liste civiche e gruppi, formali e informali, di singoli cittadini, accomunati dai principi espressi nel Manifesto e dalla volontà di appropriarsi della sovranità popolare per migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.


Il nostro MANIFESTO

Il nostro STATUTO

Chi siamo
RETE DEI CITTADINI
- è un’associazione che prima di parlare di democrazia agli altri, la usa al proprio interno (una testa un voto, cariche revocabili e a turnazione, programmi partecipati, riunioni aperte anche online, sito aperto ai contributi di tutti, anche dei non iscritti, ecc).
- conta chi vive il territorio: non ci sono leader nè guru a cui sottostare
- è uno strumento aggregante dove ogni persona e gruppo aderente mantiene la propria identità e la esprime nella completa parità e libertà
- pochi e chiari principi da condividere (manifesto).

Cosa vogliamo:
- unire persone e gruppi che lavorano su singole battaglie e iniziative legate al territorio, ma affrontando anche tematiche ad ampio raggio politico, sociale, culturale ed economico
- mettere in contatto realtà diverse, ma accomunate dalla voglia di migliorare una parte della realtà che le circonda
- ridare al popolo la sovranità politica ed economica, o, più semplicemente, il potere di decidere della propria esistenza
- costruire un progetto ampio di trasformazione della società a partire dai singoli
- costruire, partecipare, sostenere la formazione di liste partecipate a tutti i livelli istituzionali del paese

Perchè esistiamo
- perché la stragrande maggioranza dei cittadini non hanno voce
- perché le tante realtà territoriali difficilmente riescono a trovare il tempo e le energie per dialogare fra di loro trarre forza dal confronto
- perché sentiamo l’esigenza di essere “leader di noi stessi” e partecipare attivamente alla vita della nostra società
- perché i sistemi partitici che hanno gestito finora il potere in modo verticistico e centralistico senza alcuna responsabilità verso le promesse elettorali hanno fallito.
- perché gli attuali gruppi di potere hanno prodotto una società insostenibile e antidemocratica.

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Siamo un grande popolo, la satira è la nostra migliore arma per contrastare i nostri rappresentanti in Parlamento e nelle istituzioni pubbliche, dal blog di Jacopo Fo:

Siamo un grande popolo!


Gli stranieri ci deridono perché sono invidiosi! (Italians do it better! Gli italiani lo fanno meglio!)

Ci ho un rigurgito patriottico. Tutta colpa di Benigni. E mi permetto di osservare che l’Italia sta attraversando un momento grandioso dal punto di vista della satira. Luca e Paolo a Sanremo, Grillo, Hendel, Luciana Littizzetto, Paola Cortellesi, i Guzzanti, Daniele Luttazzi, Paolo Rossi, Albanese, Crozza, la Dandini, Vergassola, Benni, Vauro, Staino e anche Travaglio che si è messo a recitare i suoi pezzi forsennati… stanno dando tutti il meglio di sé. Non esiste un solo paese al mondo che possa vantare un’armata di comici irriverenti paragonabile a quella italica.

Ma dove può succedere che due comici come Dario Fo e Franca Rame, tanto per restare in famiglia, riescano a mandare in onda un’intera commedia senza audio? Vi ricordate Atlantide tv? Un’ora e 45 minuti di film muto su un canale Sky a causa delle minacce di Dell’Utri… I giornali di mezza Europa restarono a bocca aperta. Sono livelli poetici della satira surrealista che gli stranieri non riescono neanche a immaginare. È che noi italiani siamo veramente diversi. Siamo esagerati in tutto, a partire dall’arte. Ha ragione Benigni quando dice che noi italiani abbiamo lastricato i musei del mondo con i chilometri di opere d’arte che ci hanno depredato.

L’Italia è un paese dove si incrociano strane correnti, così esposti come siamo in mezzo al Mediterraneo. Abbiamo invaso il mondo e poi abbiamo subito tutte le invasioni possibili. Perfino i normanni ci sono venuti a rompere i coglioni! Han circumnavigato l’Europa pur di venire fin giù da noi. Perché ci abbiamo il sole, sappiamo far da mangiare, suoniamo da Dio e a far l’amore non ci batte nessuno. Da noi si sta bene. Sappiamo vivere.

Adesso ci pigliano in giro per Berlusconi. Ma si guardino i mortacci loro! Cioè, io a Berlusconi gli mordo i polpacci. Ma non permetto a un inglese di farmi la morale. Ma scherziamo? Cioè, loro hanno un Blair che alla fine ha ammesso che sulla storia delle armi di distruzione di massa in Iraq han dovuto stare zitti perché tanto gli Usa volevano la guerra e se la Gran Bretagna intendeva conservare la sua posizione privilegiata nei confronti degli Stati Uniti doveva partecipare all’impresa. E cos’hanno fatto gli inglesi? Una scoreggina?

E i francesi, pure loro è meglio che si guardino le loro piattole invece di guardare la pagliuzza nel nostro occhio. Vogliamo parlare delle responsabilità della Francia nei massacri africani degli ultimi 30 anni? Vogliamo parlare di Bokassa il cannibale? Quello che divorava gli studenti di sinistra e poi regalava i diamanti a Giscard?

Chi ci fa la morale? Il New York Times? Ma fatemi scoppiare a ridere! Vi siete tenuti una serie di presidenti che hanno impestato il mondo e i soldati americani con l’uranio impoverito… torture, massacri di civili… E il sostegno a tutti i dittatori fascisti del mondo.
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In Abruzzo le promesse mirabolanti del Cavaliere sono rimaste solo promesse, la ricostruzione dei centri colpiti dal terremoto è di là da venire, la testimonianza di Miss Kappa:

La speranza che non c'è

Il catastrofico terremoto di Christchurch riporta immagini a noi Aquilani tristemente familiari. E le vittime, i dispersi, i feriti, i sopravvissuti, i loro volti, come quelli dei soccorritori, sono i nostri stessi volti. Il dolore è il medesimo. E per noi son trascorsi quasi due anni. Quel dolore non è mitigato dal tempo. E', addirittura, da esso rafforzato. Perché noi, per certo, abbiamo vissuto, e viviamo, un dopo terremoto che è, per alcuni versi, peggiore della catastrofe di quella notte. Due anni son tanti. Due anni sono stati niente per noi e per la nostra città. Perché la gestione del nostro post terremoto ci sta togliendo la speranza. E tutti sappiamo quanto la speranza sia necessaria per ricostruire le vite. La speranza può partire solo da qualche certezza, seppur minima. Ebbene, noi di certezze non ne abbiamo. Se qualcuno mi chiede una previsione di rientro a casa mia, non so proprio cosa rispondere. Dico dieci anni, forse venti. Perché nulla so. Vedo, però, che, a due anni, le macerie sono ancora lì. E non abbiamo individuato un sito di stoccaggio. Non sappiamo neanche esattamente quante tonnellate siano.
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Eppure sarebbe stato talmente semplice affrontare l'emergenza terremoto, bastava prendere esempio dai popoli nomadi della Mongolia, da secoli queste popolazioni si spostano con le loro case, le yurta, dal blog Solleviamoci:

Case troppo care? La Yurta potrebbe essere la soluzione


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Non è difficile innamorarsi della Yurta, col suo senso di armonia, la sua bellezza intrinseca, la libertà di spazio in una abitazione disponibile ovunque.. Un’idea per l’abitare di oggi, con la crisi economica crescente e una rinnovata voglia di ‘cambiamento’ in positivo dei nostri consumati stili di vita. Quelli sì poco naturali. Un modo d’abitare che invita la creazione di ‘villaggi’ dove la gente può magari praticare nuove forme di solidarietà, di vita, tutta da inventare..

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Come sono fatte le yurta? Syusy Blady ne ha importata una direttamente dalla Mongolia e spiega come montarla e arredarla:

La storia della mia yurta



Una normale giornata al supermercato raccontata da Phoebe1976:

Estensione del dominio della lotta (al logorio della vita moderna)

Esco per una volta quasi in orario dall'ufficio.
Che bello, mi dico tra me e me, tra poco sarò a casa e potrò rilassarmi!
Ultimamente sono un po' stressata, non riesco a conciliare tutte le varie componenti della mia vita e mi sembra di correre come una trottola. Ma non stasera!
Le mie rosee prospettive si infrangono subito contro la triste realtà: il frigo è così vuoto che rimbomba e se non voglio mangiare le scatolette di Nevruz urge una deviazione per la spesa.
Che ci vorrà mai, mi rincuoro, al massimo cinque minuti! Accatto due cose e vado!
Salgo in macchina e suona il cellulare: mia suocera. Ma che vorrà? All'improvviso ricordo: io le ho detto di chiamarmi a quest'ora per una faccenda legale seria che la riguarda e su cui vuole un consiglio.
Vabbè, tanto sono in macchina. E così parto verso il supermercato disquisendo di diritto del lavoro.
Arrivo, parcheggio, saluto la suocera. E il mio arrivo al supermercato è accolto da grandi sbracciate di Alì, il panettiere pakistano. E' in lotta con il Penny Market per motivi che riguardano la sua locazione commerciale e vuole un consiglio.

Se rinasco faccio l'estetista, penso mentre Alì mi mette due frappe in una busta per regalo. Io sono intollerante, ma l'Amoremio apprezzerà.

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Una vera vergogna, il nostro piccolo premier che bacia la mano al sanguinario dittatore libico, l'articolo di Alessandro Robecchi:

In ginocchio da te. Quando Silvio faceva il baciamano a Gheddafi

Un vero statista, nonostante la statura. Un primo ministro europeo che bacia la mano a un dittatore africano, che in questi giorni non esista a bombardare con l’aviazione i propri cittadini. Non solo le feste, le tende, l’accoglienza strepitosa, gli harem di hostess pagate per andare a sentire il verbo del Colonnello, gli affari, le figuracce internazionali. Tutte cose già dette su Silvio e Muammar, compresa la strabiliante affermazione dei giorni scorsi quando Berlusconi disse di "non voler disturbare" chiamando Gheddafi. Intanto, il ras di Tripoli faceva sparare sulla folla, anche con aerei e armi anticarro, senza che nessun organo di stampa italiano ci dicesse quante di quelle armi pesantie quanti di quegli aerei usati per la repressione fossero gentilmente forniti dal governo italiano. Del resto, Gheddafi è recentemente diventato azionista di Finmeccanica, la grande azienda di armi italiana. Mentre il mondo chiede che cessino le violenze in Libia, mentre i cittadini libici tentano di rovesciare un regime che dura da quarant’anni, il ministro degli esteri italiano, il famoso maestro di sci dei figli di Berlusconi Frattini e il suo capo, se ne stanno zitti. Questa foto (per vedere il video completo clicca qui) ci dice tutta la saggezza e la lungimiranza del nostro attuale premier: un baciamano, un inchino al più grottesco dittatore del Mediterraneo, una vergogna mondiale lui e chi gli fa il baciamano. Bravo Silvio, sù, ora puoi rialzarti.

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L'anniversario dei centocinquanta anni dell'unità d'Italia sarà celebrato in pompa magna, Michele Serra è in grado di rivelare i dettagli:

Una festa nel segno di Swarovski

Per festeggiare i 150 anni dell'unità d'Italia il governo deve barcamenarsi tra austerità e grandeur. Con effetti sorprendenti. Per esempio, Calderoli ha invitato Napolitano a Cascina Sbreganzona... (25 febbraio 2011)
Fervono i preparativi per il 17 marzo, centocinquantenario dell'unità d'Italia. Il comitato per i festeggiamenti, che si riunisce su una panchina al Pincio, ha tagliato i fondi per finanziarlo, ha ricevuto i giornalisti davanti al chiosco dei gelati per fare il punto.

Parata militare. Berlusconi avrebbe voluto che fosse aperta dalle giovani allieve ufficiali, che lo eccitano molto, promettendo a ciascuna una baionetta Swarovski, una cartucciera Swarovski e - solo per le bersagliere - una tromba Swarovski. Le autorità militari, pur apprezzando l'interessamento, hanno fatto presente che Swarovski non è tra i fornitori ufficiali delle Forze armate. Comprendendo la situazione, il premier ha proposto di rinunciare a soldatesse e soldati, troppo prevedibili, e far sfilare centocinquanta ballerine in bikini Swarovski, ciascuna accompagnata da un reduce della battaglia di Solferino per sottolineare che, quando si è uniti dal patriottismo, la differenza di età non conta. Le autorità militari hanno comunicato a Berlusconi che l'ultimo reduce di Solferino è morto nel 1937. Contrariato, il premier ha affidato a Gianni Letta il compito di coordinare la parata militare, in collaborazione con il Capo di Stato Maggiore e con il rappresentante in Italia della Swarovski.


La Lega. Bossi ha fatto sapere che il volo delle Frecce Tricolori nei cieli del Nord Italia per la Lega non costituisce un problema, purché avvenga solo sopra le città munite di antiaerea. Calderoli, famoso per i suoi abili compromessi, ha proposto a Napolitano di festeggiare il 17 marzo a Cascina Sbreganzona, il paesino lombardo che contende a Roma il titolo di capitale d'Italia da quando, nel 1912, il suo sindaco uscì di senno. Le famose salamelle con fagioli e carote che hanno reso celebre Cascina Sbreganzona sono state già inviate a Napolitano per invogliarlo a partecipare.


Giornali.
Quasi tutti i quotidiani italiani hanno promesso di partecipare attivamente alle celebrazioni. Il "Corriere della Sera" darà una lettura "terzista" del Risorgimento: un editoriale di Panebianco spiegherà come le intemperanze dei Carbonari abbiano impedito al Papa e ai Borbone di abdicare spontaneamente, come avevano intenzione di fare già da metà del Settecento. "Giornale" e "Libero" pubblicheranno, rispettivamente, un'inchiesta sull'omosessualità di Cavour e Mazzini, e l'elenco completo dei garibaldini che hanno usufruito di affitti di favore. "Avvenire" prepara un inserto sulla Breccia di Porta Pia, con un duro attacco all'impresa costruttrice che aveva lesinato sul calcestruzzo. WikiLeaks ha già offerto a "l'Espresso" venticinque bauli con tutti i documenti ufficiali della diplomazia austriaca dal 1820 al 1870. Purtroppo le parti divorate dai topi erano le più rilevanti.
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Le immagini delle amiche blogger, da Oro Fiorentino:





Da Sonya58:


Da Solesenzanuvole:


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• Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore.

Pablo Neruda

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• Potranno tagliare tutti i fiori, come hai fatto tu,

ma non fermeranno mai la primavera.

Pablo Neruda

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• L’amore è breve, dimenticare è lungo.

Pablo Neruda

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• Ormai non l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora. È così breve l'amore e così lungo l'oblio.

Pablo Neruda

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Da DalfusodiTaiwan:


Se non fai da brava...


...chiamo l'UOMO NERO


Dal maestro della satira Vauro, gli ultimi avvenimenti di questo sventurato paese:









E ancora satira da Enteroclisma:

IL FUOCO DELLA RIVOLUZIONE

Le cose si mettono male.
La crisi internazionale mette in pericolo gli approvvigionamenti di gas,
ma una soluzione si trova sempre.
Nei legumi il futuro energetico italiano.

MODELLO ITALIANO

Il regime libico è in difficoltà.
Il compagno di bunga bunga è nei guai, incalzato dai ribelli ( sicuramente comunisti mandati da Bersani e Franceschini ), ma Supersilvio ha già una soluzione
... i suoi avvocati sono già al lavoro.

Pillola del giorno: Crozza a Ballarò ultima puntata




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