venerdì 25 marzo 2011

Salviamoci con la Permacultura l'orto sinergico e la canapa, contro nucleare e petrolio

In alto: Immagine tratta dal blog http://sedutainriva.splinder.com/


Se lei si spiega con un esempio non capisco più niente.
Ennio Flaiano.

Salviamoci con la Permacultura l'orto sinergico e la canapa, contro nucleare e petrolio

In Giappone la centrale nucleare di Fukushima è ormai fuori controllo, a niente sono serviti i numerosi tentativi dei tecnici impegnati a contenere le radiazioni emesse dai reattori, evacuato il reattore 2 per l’altissima radioattività sprigionata. Radiazioni elevate arrivano dal nucleo del reattore 3 e l’agenzia nipponica per la sicurezza atomica non esclude di alzare di nuovo il livello di rischio per la centrale di Fukushima Daiichi, che così arriverebbe a 6, “grave incidente” (Chernobyl fu classificato a livello 7), Greenpeace dichiara:

Un nuovo studio commissionato da Greenpeace Germania al Dr. Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, rivela che già dal 23 marzo 2011 l'incidente alla centrale di Fukushima in Giappone aveva rilasciato abbastanza radioattività da essere classificato di livello 7, secondo la International Nuclear Event Scale (INES). 7 è il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto in precedenza solo durante l'incidente a Cernobyl del 1986.
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La follia del nucleare, le guerre per il petrolio (dopo l'Afghanistan e l'Iraq adesso è toccato alla Libia) stanno inesorabilmente portando il pianeta al collasso ambientale, eppure ci sarebbero delle soluzioni per evitare questo sconquasso, le fonti rinnovabili la permacultura gli orti sinergici sono fra queste, una delle fonti rinnovabili più rivoluzionarie è senz'altro la canapa questa pianta meravigliosa la cui coltivazione potrebbe risolvere gran parte dei problemi ambientali la vera alternativa al petrolio ed ai suoi derivati, a proposito di orti sinergici in Piemonte presso l'associazione La Zattera a Frassinello Monferrato (AL) organizza un corso per la realizzazione di un orto sinergico, ecco i riferimenti:

CORSO DI ORTO SINERGICO

Quando: 15/04/2011



Laboratorio teorico-pratico di agricoltura sinergica a Frassinello Monferrato dal 15.04 al 19.04.2011

Progettazione e realizzazione di un nuovo orto:
formazione dei bancali completati con sistema d’irrigazione, tutori e semina; il compost e i sistemi di riciclaggio della materia organica, programma della semina, il ciclo ossigeno-etilene e aratura naturale, Bio-char energia …Visione di film, sia informativi che di intrattenimento e festa finale con musica e danze.

COSTO DI PARTECIPAZIONE:
Costi per i 5 giorni a persona:
Per l’insegnanti dell’associazione Kanbio: € 150
Per vitto e alloggio 190 €
Sconto per gruppi a partire da 2 persone: € 170

RIFERIMENTI ORGANIZZAZIONE:
Anna - 328-77.63.270
Marcello - 346-67.47.813

Presso:
ASS. LA ZATTERA - Borgata Cascine Bellero - Frassinello M.to (AL)
Per info e prenotazioni:
ASS. LA ZATTERA
TEL: 346-67.47.813
MAIL: ass.lazattera@yahoo.it


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Anche una pagina su Facebook dove informarsi e aderire.

Come si prepara un orto sinergico?



La storia e gli usi della canapa illustrati in questi due importanti ed introvabili video:






Sulla Permacultura un interessante articolo di EcoAbitazione:

Introduzione alla Permacultura

Quando eravamo bambini, una delle primissime lezioni di biologia era di norma quella legata al ciclo naturale. Personalmente ho sempre trovato affascinante l'equilibrio tra gli elementi della natura, tra piante, terra e acqua, tra animali e esseri umani.
Mi sono sempre domandata come potevamo nel nostro piccolo, ristabilire gli equilibri naturali che le necessità alimentari umane così spesso spezzano... E ho trovato la mia risposta nella "Permacultura".
La Permacultura è un processo di progettazione del verde agricolo e privato che dà come risultato un ambiente esterno a bassa manutenzione, sostenibile ed equilibrato. Se si applicano con intelligenza i principi ecologici si possono infatti ristabilire equilibri naturali anche nel proprio piccolo giardino e orto di casa e perchè no, nel terrazzo!

Il nome Permacultura significa "Agricoltura Permanente". Infatti, la vita umana non può sopravvivere a lungo senza la base di una agricoltura sostenibile e fortunatamente ultimamente vi è molta più attenzione su questa problematica oggi. Bill Mollison, è l'ideatore della permacultura, secondo lui ci si deve approcciare alla permacultura come a un insieme sinergico di piante e animali, in relazione con gli umani e le loro strutture, che punta soprattutto al sostentamento autonomo della famiglia e della comunità e alla possibilità di commercializzare gli eccessi prodotti.

Progettare una permacultura, significa studiare a fondo come ogni elemento che si introduce nel sistema influenza le piante, gli animali, il terreno intorno ad esso. Si studiano non solo le pendenze del terreno, le piante autoctone e gli animali che possono a loro volta essere inseriti nell'ambiente e quali scarti possono essere usati per concimare la terra stessa, ma anche i percorsi che animali e umani fanno nello spazio, in modo da inserire gli elementi in maniera logica e aumentare la produttività personale, che essa sia per una grande fattoria o per il piccolo giardino privato. Questa tipologia di progettazione del verde lascia ampio spazio alla biodiversità e minimizza l'apporto di energia esterna.
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A proposito di nucleare e petrolio un accorato appello da parte di Daniel Tarozzi su Il Cambiamento:

Le bombe in Libia? Le radiazioni in Giappone? Colpa nostra. Smettiamola

"Sono stanco. Stanco di vivere passivamente, mentre in nome del mio benessere vengono bombardati paesi e costruite centrali nucleari. Stanco di basare la mia quotidianità sul dolore e la sofferenza altrui, o sulla distruzione delle risorse primarie. Adesso basta, smettiamola!"

Non nel mio nome
Una volta si diceva "non nel mio nome". Io voglio dirlo ancora!

Questa articolo è per mio padre e mia madre. È per i miei amici, i miei parenti. È per tutte le persone che mi conoscono, per quelle che mi leggono. Ed è soprattutto per me stesso.

Basta. Non né posso più, smettiamola! Sono stanco di parlare, parlare, parlare. Stanco di sentire angoscia e preoccupazione per i problemi del mondo e incapacità di sentirsi realmente responsabile per esso.

Stanco di vedere persone che amo e stimo usare o anche solo concepire di utilizzare prodotti usa e getta, acqua in bottiglia, tovaglioli di carta, insalata in busta, pile non ricaricabili, luci accese inutilmente, vaschette di plastica per la ricotta, salsa in vasetti di vetro che verrà gettato, cibi pieni di pesticidi, benzina rossa di sangue, energia nera di morte.

Sprechi, distruzione, foreste primarie, povertà e sfruttamento. Sono stanco di vedere in vendita prodotti super scontati. Stanco di considerare un affare un oggetto a due euro. Dietro quell'oggetto c'è sfruttamento di lavoro, sofferenza, distruzione del pianeta.

Siamo tutti angosciati per il nucleare giapponese o per le guerre nel nord-Africa. Ma non vogliamo accettare che è assolutamente colpa nostra. Siamo noi a usare quell'energia, quel petrolio, quel nucleare, senza farci domande, senza essere disposti a superare le nostre pigrizie, le nostre resistenze.

Quanto siamo buoni... Ci consideriamo brave persone, doniamo soldi ai terremotati, ci commuoviamo per i cagnolini, aiutiamo una vecchietta.

Ma non siamo disposti a smetterla di acquistare morte. E allora smettiamo di informarci. Smettiamo di quietare la nostra coscienza leggendo libri, giornali e guardando video che ci mostrano i danni del mondo. Penosi vojeristi, ecco cosa siamo.

Io ci sto provando. Ho dato via la macchina, smesso di mangiare carne, ridotto di molto gli sprechi. Ma non ne posso più di contribuire, anche se meno di prima, alla morte e alla distruzione. Non voglio più basare il mio benessere sul dolore dei miei figli, dei miei vicini, degli africani, dei libici, dei sudamericani.

Stanco di accettare di vivere in una città sempre più affogata dal cemento e dallo stress senza dire basta.

Stanco di sapere che stiamo inquinando la nostra acqua, desertificando il nostro pianeta. Lo vogliamo capire che non possiamo continuare a sprecare acqua potabile per andare in bagno? Esistono mille modi per evitarlo, ma non interessano questo paese... Lo vogliamo capire che ogni volta che vediamo una gru, una betoniera, un nuovo quartiere stiamo osservando uno stupro inflitto alla nostra casa, alla nostra madre? La terra viene squarciata e al posto dell'humus mettiamo asfalto...Vogliamo cominciare ad ascoltare il grido di dolore che ci circonda e ci pervade?

Smettiamola. Smettiamola. Smettiamola.

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Considerazioni e analisi sul nucleare dal blog L'Aria che tira:

La questione nucleare

Eduardo Zarelli
Dopo l’approvazione, nel luglio 2009, della cosiddetta “Legge Sviluppo” e del decreto legislativo n.31 del 15 febbraio 2010, sono state ormai poste le basi per il ritorno dell’Italia alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare. Ora, alla luce della catastrofe in Giappone si riapre il dibattito e la stessa autorità politica sembra voler prendere tempo per la riflessione indotta. La cancelliera Angela Merkel ha oggi dichiarato che «Più presto la Germania uscirà dal nucleare meglio sarà». La Germania è l'unica tra le maggiori nazioni del mondo ad essere determinata ad abbandonare l'energia nucleare per i rischi correlati a questa tecnologia. La maggiore economia europea sta stanziando miliardi di euro per usare le fonti rinnovabili in modo da soddisfare i suoi bisogni. Era programmato che la transizione avvenisse per gradi nei prossimi 25 anni, ma il disastro alla centrale di Fukushima ha accelerato il processo.....
Il nucleare serve solo a produrre elettricità mentre una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Le Regioni italiane possono e devono giocare un ruolo importante in tal senso, anche perché la direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, al 20% di risparmio di tutta l'energia, così al 20% di fonti rinnovabili e a diminuire del 20% l'emissione di CO2, coprendo il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili e il nucleare - se realizzato - porterebbe un modesto contributo del 5% solo dal 2020. È un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per scorciatoie superficiali. Dov'è la convenienza economica a insistere su una tecnologia vecchia e pericolosa? Dov'è l'orizzonte europeo e internazionale dell'Italia in questa scelta? Che patto generazionale è mai quello che lascia alle future generazioni per centinaia, migliaia di anni (in alcuni casi per periodi tanto lunghi che è perfino difficile immaginare) le conseguenze di un sistema energetico che durerà, una volta costruito, 50 o al massimo 60 anni? Non è assurdo che una battaglia tra pro e contro il nucleare debba svolgersi proprio nel Paese del sole, del mare, del vento? L'ennesima miopia della politica incapace di pensare per paradigmi e di emanciparsi dai determinismi tecno-economici. Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarebbe un motore importante per un diverso modello economico nel nostro paese. Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia culturalmente e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
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Il piazzista di Arcore ed il suo emerito collega Sarkozy ci parlano di centrali di terza generazioni ultrasicure, non credete alle balle di questi folli nuclearisti, dal blog Agoravox:

Epr o Centrali nucleari di terza generazione: sicure come Chernobyl

Epr o Centrali nucleari di terza generazione: sicure come Chernobyl

Quando dicono che qualcosa è sicuro o buono per te, significa che è sicuro o buono per loro. Se qualcuno proteggerà la tua vita e la tua sicurezza, quel qualcuno non potrai essere che tu. (Irwin Bross, oncologo)

Il governo italiano vuole costruire diverse centrali nucleari in Italia e per rassicurare i cittadini, inorriditi alla sola parola nucleare, sostiene che saranno le più sicure del mondo: le EPR, o Centrali nucleari di terza generazione.Ma fermiamoci subito e chiariamo due aspetti molto importanti:

  1. Non esistono centrali nucleari sicure. Punto. Come mai? Per diverse ragioni, visibili ai vostri occhi (pensate a quello che sta succedendo in Giappone), di cui ho parlato in questo altro post.
  2. Le centrali EPR non sono le più “sicure” al mondo. Perché? Semplice: nel mondo non ci sono EPR funzionanti, ma solo in costruzione. Le cosiddette centrali di terza generazione, infatti, non sono altro che un prototipo. Quali studi ci possono garantire che le centrali EPR saranno sicure? Se le EPR sono un prototipo allora verranno “provate” sulla nostra pelle?

Background: cosa differenziano le EPR dalle altre centrali?

Alcune cose. Le EPR cercano di dare (senza riuscirci) una risposta al problema sicurezza: da una parte il tentativo è quello di rinforzare la centrale per evitare che fattori esterni possano intaccare il nucleo o le barre d’uranio (da terremoti, maremoti, attacchi terroristici, ecc), mentre dall’altra si cerca di trovare una soluzione per lo smaltimento delle scorie. Risultati? Nessuno.

Le centrali di terza generazione non sono affatto sicure, come millanta il governo, ma anzi per alcuni versi sono quelle meno sicure. Non lo dico io, ma l’Autorità finlandese per l’energia atomica, in collaborazione con le sue sorelle inglesi (Hse) e francesi (Asn), che ha evidenziato gravi errori nel dispositivo di emergenza dell’impianto EPR che si sta costruendo a Olkiluoto in Finlandia. Questa grossa falla al sistema di sicurezza potrebbe causare una tragedia due volte superiore a quella di Chernobyl. Inoltre, dove si stanno costruendo queste nuovi centrali, i cantieri hanno subito ritardi a causa dei numerosissimi (oltre 2000) problemi di sicurezza e progettazione, tipici di ogni prototipo.

Il caso della Finlandia: Olkiluoto 3.

Come ho sottolineato diverse volte, l’EPR sono dei prototipo e non ne esistono di funzionanti. Attualmente se ne stanno costruendo quattro, una delle quali in Finlandia sull’isola di Olkiluoto dove ce ne sono già due vecchio stampo. Durante la costruzione di questo colosso nucleare sono emerse gravi falle alla sicurezza, ritardi nella data di consegna dell’impianto e aumento dei costi di produzione della centrale.

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La decrescita è una delle soluzioni al consumismo sfrenato del pianeta, dal blog Greenreport:

E' il momento di dire stop all'incremento progressivo di utilizzo di energia

Gianfranco Bologna

ROMA. I drammatici eventi che si sono susseguiti al terremoto ed allo tsunami scaturiti l'11 marzo scorso, nell'area orientale di Honshu in Giappone con una magnitudo 9.0 della scala Richter, hanno causato una vera catastrofe, un'ingente quantità di morti e gravissimi danni nonché tanti problemi ai reattori nucleari di Fukushima . Si è riaperto in tutto il mondo il dibattito sul futuro dell'energia nucleare. In Italia, dove già il clima è molto surriscaldato dagli atteggiamenti poco trasparenti dell'esecutivo in merito alla scelta nucleare, si è riaperto un ampio dibattito sui pro ed i contro dell'energia nucleare, in un'ottica che mira comunque e, in ogni caso, alla futura crescita dei consumi energetici.

E' veramente singolare che non si sentano voci che ricordino come il mondo ricco e consumista non può più continuare su una strada di crescita continua, di incremento progressivo di utilizzo di energia e materie prime, e che è ormai giunto il momento di prepararsi ed attrezzarsi concretamente per voltare pagina.

Ogni giorno che passa, con la nostra continua e pressante azione di impatto sulla natura, non facciamo altro che indebolire la capacità che i sistemi naturali hanno di "supportarci" e la loro capacità di metabolizzare gli "scarti" della nostra attività. Si tratta di una situazione paradossale: sappiamo bene che non possiamo vivere al di fuori dei sistemi naturali dai quali direttamente deriviamo e dipendiamo, ma facciamo di tutto per renderli vulnerabili, compromettendo seriamente le capacità di recupero e rigenerazione della natura stessa. E come se noi stessi operassimo per indebolire le capacità del nostro sistema immunitario, consentendo così alle situazioni patologiche di avere la meglio. E' evidente che le nostre società non possono continuare su questa strada. Le alternative esistono e la conoscenza scientifica negli ultimi decenni ci ha messo a disposizione accurate analisi per comprendere lo stato in cui ci troviamo ed è stata capace di elaborare notevoli e concrete proposte operative destinate a modificare significativamente i nostri modelli di sviluppo sociali ed economici.

Gli studiosi Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani ricordano, nel loro ultimo bellissimo volume "Energy for a Sustainable World" Wiley-VCH , che ogni secondo, l'umanità consuma quasi 1.000 barili di petrolio, 93.000 metri cubi di gas naturale e 221 tonnellate di carbone. Se dovessimo mantenere fino al 2050 lo stesso trend di incremento del consumo energetico che abbiamo avuto negli ultimi 60 anni, avremmo bisogno di costruire ogni giorno circa tre centrali a carbone, o due centrali nucleari o 10 chilometri quadrati di moduli fotovoltaici. E' possibile tutto ciò ? Ha qualche senso ?

I dati presentati dagli annuali World Economic Outlook, pubblicati dal Fondo Monetario Internazionale e da studiosi come Angus Maddison (il noto economista britannico scomparso nell'aprile di quest'anno, professore all'Università di Groningen) riportano che oggi il prodotto globale lordo delle nazioni del mondo ha sorpassato i 70.000 miliardi di dollari (vedasi il sito del Fondo Monetario Internazionale dove sono scaricabili i "World Economic Outlook" www.imf.org ed il lavoro di Angus Maddison ,2001,The World Economy: A Millennial Perspective, OCSE, vedasi anche il sito di Maddison http://www.ggdc.net/MADDISON/oriindex.htm) . Se analizziamo le serie storiche del prodotto lordo globale (ricavandole dai database dell'OCSE e del Fondo Monetario Internazionale), possiamo osservare che nel 1950 questo veniva calcolato in 6.700 miliardi di dollari, nel 1960 in 10.700 miliardi di dollari, nel 1970 in 17.500, nel 1980 in 25.300, nel 1990 in 34.200 e nel 2000 in 46.000 miliardi di dollari.

Dal 1950 ad oggi l'economia globale è diventata oltre cinque volte più grande. Se continua a crescere allo stesso ritmo, nel 2100 sarà 80 volte quel che era nel 1950. Questa eccezionale escalation dell'attività economica globale non ha precedenti nella storia. È in contrasto assoluto con quel che sappiamo, in termini scientifici, della nostra disponibilità finita di risorse e dei complessi sistemi ecologici dai quali dipende la nostra sopravvivenza. E' possibile perseguirla? Ha qualche senso?

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Per chi avesse ancora dei dubbi sull'inutilità del nucleare l'intervento del direttore escutivo di Greenpeace International:

Il nucleare non serve

Il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo, ha scritto questo commento per il New York Times/International Herald Tribune.

Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International

Non bastano dodici giorni per comprendere la scala della catastrofe che ha colpito il Giappone dallo scorso 11 marzo. Dai bambini che hanno perso i genitori per il terremoto, a quelli i cui cari sono ancora dispersi dopo lo tsunami, alle decine di lavoratori che stanno rischiando la vita cercando eroicamente di stabilizzare la centrale nucleare di Fukushima – non c’è fine alla tragedia.

Eppure, assieme al dolore e alla solidarietà che sento per il popolo giapponese, sto provando un’altra emozione: rabbia. Mentre attendiamo con ansia ogni minima informazione sull’evoluzione della situazione a Fukushima - sperando che la dispersione e il rilascio della radioattività vengano fermate, che il rischio di un’ulteriore catastrofe sia evitato e che al popolo giapponese sia almeno risparmiato quest’altro incubo - i governi di tutto il mondo continuano a promuovere ulteriori investimenti sul nucleare. Solo la scorsa settimana, ad esempio, il governo del Sud Africa, la mia Patria, ha annunciato di voler aggiungere altri 9.600 megawatt di energia nucleare al suo nuovo piano energetico.

Ci sono due pericolosi assiomi che vengono assunti come fatti accertati nel mezzo di questa crisi nucleare. Il primo è che l’energia nucleare è sicura. Il secondo è che il nucleare sia un elemento essenziale di un futuro energetico svincolato dai combustibili fossili, che sia necessario per prevenire la catastrofe dei cambiamenti climatici. Entrambe gli assiomi sono falsi.

La tecnologia nucleare sarà sempre vulnerabile agli errori umani, ai disastri naturali, agli errori di funzionamento o di progettazione o agli attacchi terroristici. Quel che vediamo proprio adesso a Fukushima sono i fallimenti di questi sistemi. I reattori hanno resistito al terremoto e allo tsunami, ma il sistema di raffreddamento, un elemento vitale della centrale, non ha retto. Quando anche i sistemi di raffreddamento di emergenza non hanno funzionato i reattori si sono surriscaldati, causando la fuga delle radiazioni. Questo è solo un esempio di quel che può andare storto.

L’energia nucleare è intrinsecamente insicura e la lista dei possibili malanni che derivano dall’esposizione alle radiazioni che fatalmente accompagnano questi incidenti è orribile: mutazioni genetiche, malformazioni fetali, cancro, leucemia e disordini dei sistemi riproduttivi, immunitari, cardiovascolari e endocrini.
Mentre tutti abbiamo sentito parlare di Cernobyl e di Three Mile Island, l’industria nucleare vuol far credere che questi sono solo pochi eventi isolati in una storia altrimenti immacolata. Falso. Oltre 800 altri incidenti significativi sono stati ufficialmente riportati all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA): Mayak (Russia), Tokaimura (Giappone), Bohunice (Slovacchia), Forsmark (Svezia) solo per citarne qualcuno.

Anche l’idea che l’energia nucleare sia un elemento necessario per un futuro energetico privo di carbonio è falso.
Greenpeace e l’EREC (European Renewable Energy Council) hanno prodotto uno studio chiamato “Energy [R]evolution” che mostra chiaramente che un percorso basato sulle energie rinnovabili è meno costoso, più sicuro per la salute e più rapido per la protezione del clima di ogni altra opzione. Questo scenario richiede l’eliminazione graduale di tutti i reattori esistenti al mondo e uno stop alla costruzione di nuovi reattori.
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A chi giovano le guerre oltre naturalmente che ai banchieri, alle multinazionali ed ai petrolieri? Certamente ai fabbricanti e mercanti di armi, da Incapervinca:

In un mondo fatto di guerre e rivolte, il mercato delle armi non conosce crisi


BAHREIN: Armi americane e francesi per reprimere le proteste

Mentre nel paese è in vigore la legge marziale, una missione di Amnesty International, rende note le prove dell’uso eccessivo e sistematico della forza da parte di polizia e esercito. Identificate munizioni, lacrimogeni, manganelli, granate, usati per reprimere le proteste: vengono dagli USA e dalla Francia.
E’ uscito in questi giorni un nuovo documento redatto da Amnesty International: l’organizzazione per i diritti umani ha denunciato che a febbraio le forze di sicurezza hanno usato proiettili letali e attaccato con estrema violenza i manifestanti, senza alcun preavviso, per poi aggredire gli operatori sanitari e impedire loro di soccorrere le persone ferite.

Il rapporto, che si basa su testimonianze di prima mano raccolte da una missione di ricerca di Amnesty International in Bahrein, è stato diffuso mentre nel paese continuano le manifestazioni di protesta da parte degli attivisti pro-democrazia contro la monarchia assoluta di re Hamad al Khalifa, e mentre si fanno sempre più duri i mezzi di repressione delle forze di sicurezza bahrenite e dei soldati inviati dall’Arabia saudita e dagli Emirati.

E’ uscito in questi giorni un nuovo documento redatto da Amnesty International: l’organizzazione per i diritti umani ha denunciato che a febbraio le forze di sicurezza hanno usato proiettili letali e attaccato con estrema violenza i manifestanti, senza alcun preavviso, per poi aggredire gli operatori sanitari e impedire loro di soccorrere le persone ferite.
Il rapporto, che si basa su testimonianze di prima mano raccolte da una missione di ricerca di Amnesty International in Bahrein, è stato diffuso mentre nel paese continuano le manifestazioni di protesta da parte degli attivisti pro-democrazia contro la monarchia assoluta di re Hamad al Khalifa, e mentre si fanno sempre più duri i mezzi di repressione delle forze di sicurezza bahrenite e dei soldati inviati dall’Arabia saudita e dagli Emirati.

LIBIA: I Cruise lanciati sulla Libia contengono uranio impoverito, le cui conseguenze, nel peggiore dei casi, potrebbero essere stimabili nell'ordine di seimila morti. A lanciare l'allarme è il professor Massimo Zucchetti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Torino, esperto di radioprotezione e autore di numerosi lavori scientifici sull'uranio impoverito. Nello studio di Zucchetti si prendono in esame i missili Cruise Tomahawk, prodotti dalla statunitense Raytheon.

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E sulle armi fornite dall'Italia, ancora da Libreidee:

Tank e bombe, made in Italy l’arsenale del Colonnello


Sembra un carro armato, magari russo come i T-72 centrati dai razzi dei caccia francesi. In realtà, tecnicamente, è un semovente: un cannone di grosso calibro, montato su un mezzo cingolato. Si chiama “Palmaria” e fa parte del “made in Italy” che Roma aveva da poco venduto al Colonnello. La foto ha fatto il giro del mondo, coi ragazzi di Bengasi arrampicati sulla canna dell’obice, tra le rovine dell’armata di Gheddafi che assediava il capoluogo della Cirenaica. Artiglieria semovente corazzata, italianissima: fabbricata nei cantieri Oto Melara di La Spezia. Come tanti altri sistemi d’arma coi quali il regime di Tripoli sta ora seminando il terrore in tutta la Libia.

Il paradosso, scrive “PeaceReporter”, è sotto gli occhi di tutti: mentre i Tornado si alzano in volo dalla Sicilia per colpire la difesa antiaerea libica, Libia armi italiane: tank-obice Palmariaquel che resta dell’esercito di Gheddafi si difende anche con modernissimi sistemi d’arma italiani, anche se al ministro La Russa «non risulta» che il nostro governo, di recente, abbia ceduto armamenti ai libici; la stessa Finmeccanica, di cui la Libia è partner, giura di aver venduto a Tripoli «esclusivamente velivoli per attività di ricerca e soccorso e di controllo delle frontiere». In realtà, spiega Luca Galassi, a partire dagli anni ’70 il nostro paese ha fornito al Colonnello ingenti quantitativi di armi e mezzi militari: aerei, cannoni, missili, blindati, bombe, proiettili, apparecchiature elettroniche, sistemi di sorveglianza e pezzi di ricambio.

Proprio l’Italia si è battuta per metter fine all’embargo sulle armi che pesava sulla Libia dal 1986. «Apparentemente ansioso di fornire a Tripoli i mezzi necessari al controllo delle frontiere», il governo italiano «voleva in realtà riaprire un canale commerciale proficuo anche e soprattutto per l’industria bellica», divenendo così negli ultimi due anni il primo fornitore europeo di armamenti destinati al regime di Gheddafi. Dal 2004, un crescendo impressionante: dai 15 milioni di euro del 2006 ai quasi 57 milioni del 2007, con la consegna di motovedette. Proprio nel 2010, attraverso Alenia-Aermacchi, Finmeccanica ha firmato con il ministero della Difesa libico un contratto di 3 milioni di euro per la revisione di 12 velivoli addestratori Sf-Atr-42260, «aerei da guerra a tutti gli effetti», come – volendo – i nove Atr-42 del 2008 (valore dell’affare, 9 milioni di euro), «impiegabili per il trasporto di truppe e paracadutisti».

Tuttavia è nell’ultimo biennio, grazie al trattato di amicizia Italia-Libia, che le esportazioni belliche hanno ripreso slancio: il 29 aprile 2010 ad esempio è stato inaugurato in un campo di aviazione alle porte di Tripoli un impianto di assemblaggio e manutenzione per elicotteri e aerei gestito dalla Liatec, una Spa creata nel 2006 dall’industria per l’aviazione libica insieme a Finmeccanica e Agusta-Westland. Il costruttore è la Maltauro, «azienda vicentina che ha cantieri e appalti milionari in numerose basi Usa sul territorio italiano: il Gruppo Maltauro – annota “PeaceReporter” – ha acquisito nel 2010 una commessa da 185 milioni di euro per la costruzione, per conto di Alenia Aeronautica, di un nuovo insediamento industriale all’aeroporto militare di Cameri».

Finmeccanica, continua Galassi, fa la parte del leone anche nelle forniture di sistemi di sorveglianza delle frontiere, con radar nel deserto fra Libia e Ciad capaci di rilevare la presenza di una persona fino a 20 chilometri di distanza. «Nemmeno la gravissima crisi libica – scrive “PeaceReporter” – ha impedito ai capitani d’impresa di Finmeccanica di salutare il 2011 con rinnovato ottimismo: agli inizi di marzo la società, che fattura quasi 19 miliardi di euro, ha annunciato per il 2011 ricavi dalla Libia per 250-300 milioni e commesse per 800 milioni». Allora il Cda non aveva ancora discusso del congelamento del 2% dal fondo libico: non è chiaro chi disporrà di quel capitale quando Libia armi italiane: clusterGheddafi sarà stato “neutralizzato”, ma intanto «il caos nel paese africano fa comodo al mercato: a guerra finita, la ricostruzione aprirà nuove e redditizie prospettive per gli investitori europei».

Le immagini dell’attacco alla Libia, aggiunge “PeaceReporter”, continuano a svelare particolari che aprono scenari inquietanti: dopo la diffusione di una foto su “Repubblica”, che mostra proiettili con le scritte “Bpd” e “Simm”, gli ecologisti della “Retuva” (rete per la tutela della valle del Sacco) hanno messo in allarme gli abitanti di Colleferro, nel Lazio, dove sorge lo stabilimento della Simmel Difesa, una SpA «accusata in passato di aver costruito ed esportato cluster bomb», anche se sulla home page del sito aziendale precisa che dal 2000 non produce più le “bombe a grappolo”. Se in Libia sembrano circolare (vecchi) proiettili Simmel, il caso coinvolgerebbe anche un’altra azienda italiana, la Snia Bpd, per le cariche di lancio delle munizioni di artiglieria da 155 millimetri.

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Dove sono finiti i pacifisti del nostro paese? E' l'interrogativo di Marco Cedolin:

Tricolori e propaganda di guerra

Marco Cedolin

Siamo in guerra ormai da una settimana, ma dai balconi delle case italiane, anzichè le bandiere arcobaleno della pace continuano a garrire i tricolori di quella patria, riscoperta anche da tanta sinistra, proprio nel momento del suo totale asservimento al padrone a stelle e strisce ed ai suoi vassalli di Bruxelles.
Il popolo dei pacifinti, presente in massa nelle piazze e nelle strade qualche anno fa durante l'invasione dell' Iraq, quando lottare contro la guerra era esercizio prodromico alla conquista di facili consensi elettorali ed ambite poltrone "che contano" sembra essersi dissolto senza lasciare traccia ed i pochi aneliti di contestazione passano perlopiù inosservati, poichè privati della sponsorizzazione di quei partiti e quelle organizzazioni che dal dopoguerra in poi gestiscono "le piazze" a proprio piacimento.
Diventa impossibile non domandarsi dove siano finite le 150.000 persone con le quali il 18 febbraio 2007 ho condiviso la manifestazione oceanica di Vicenza contro la costruzione della nuova base militare americana Dal Molin. A rigore di logica chi si oppone con fervore alla costruzione di una base militare dovrebbe manifestarsi ben più indignato di fronte all'entrata in guerra del suo paese, ma evidentemente in questi giorni, di logica in giro se ne ravvisa davvero pochina.
Così come diventa diventa impossibile comprendere che fine abbia fatto il popolo cattolico delle marce della pace Perugia-Assisi, dal momento che il mondo cattolico in questi giorni di guerra ha finora manifestato solo inanità e desistenza, in perfetta sintonia con l'assoluto disinteresse espresso dai suoi vertici, nei confronti dell'aggressione armata a Tripoli.
E altrettanto ostica si rivela la ricerca degli strenui difensori della Costituzione, che quasi settimanalmente organizzano qualche marcetta, presidio, manifestazione, protesta di piazza, ma inspiegabilmente sembrano essere caduti vittima di una dissolvenza di fronte alla palese violazione dell'art 11, che in quanto estimatori della nostra carta costituzionale dovrebbero conoscere molto bene.....


Se il pacifismo e l'impegno di quelle forze politiche e sociali che per puro utilitarismo, della pace avevano fatto la propria bandiera, latitano e sembrano incapaci di proporre una qualche reazione degna di questo nome, la propaganda di guerra è invece ben presente, grazie all'impegno di una nutrita schiera di giornalisti prezzolati, animali politici di ventura ed opinionisti militari d'accatto che non mancano mai quando s'invade in armi qualche stato sovrano.
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Da L'Aquila considerazioni di Trentotto Secondi sulla ecocompatibilità:

GLI ECHI


Non è ECOcompatibile una casa (o C.A.S.A.) fornita di fotovoltaico e costruita in legno, se la stessa non è inserita in maniera corretta all’interno di un territorio.

I nuovi insediamenti abitativi a L’Aquila (progetto C.A.S.E.) non sono ECOsostenibili se gli abitanti sono costretti a prendere l’automobile anche per piccoli spostamenti.

Non è ECOsostenibile lo sviluppo di una città che preveda il “bike sharing”, dove non vi sia un trasporto urbano efficiente e piste ciclabili percorribili senza pericolo.

Non è “ECOlogica” una città dove la raccolta differenziata stenta a partire (o anche se funziona), quando i materiali differenziati devono raggiungere le aziende di riciclo percorrendo centinaia di chilometri e senza un’adeguata politica di riduzione dei rifiuti.

Lo sviluppo non è ECOsostenibile quando si invita la cittadinanza a conferire bene i rifiuti, ma non si impone, neanche alle aziende locali, di non usare confezionamenti non riciclabili (tetrapack per L’Aquila) o a basso consumo (plastica invece che bottiglie di vetro vuoto a rendere).
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Come abitare in maniera ecosostenibile? La risposta viene dalle donne, da EcoAbitazione:

Progetti eco targati donna

Architetti donne alla ribalta, i progetti più irriverenti e innovativi portano la loro firma.

Nell'architettura moderna, le donne stanno guadagnando sempre più influenza. In Scandinavia, circa il 50% della professione è rappresentata da donne, mentre il 40% degli architetti spagnoli e greci sono di sesso femminile. Il numero è notevolmente più basso in Gran Bretagna e Nord America, ma l'impatto dell'intelligenza femminile nel design ha vissuto un boom quest'anno.
L'anno 2010 appartiene a loro.

Gli atti più irriverenti di architettura e di trasformazione urbana visti l'anno scorso sono per la maggior parte di natura femminile. A Roma, Zaha Hadid ha scatenato l'aggressività e le forme ampie nella progettazione di MAXXI, il Museo Nazionale d'Arte e Architettura del 21 ° secolo. Con questo lavoro è diventata l'architetto donna più famoso del mondo. Mentre la francese Odile Decq ha dato prova di fantasia con un giardino pensile multilivello per il MACRO, il Museo d'Arte Contemporanea, di Roma.

A New York, il direttore per la pianificazione urbana Amanda Burden, e il suo commissario ai trasporti, Janette Sadik-Khan, stanno combattendo l'idea di città auto-dominata per far posto ad alberi, bar mobili e piste ciclabili protette. Il risultato più notevole di questa politica si può vedere a Times Square, da sempre intasata dal traffico, la piazza ospita oggi una pista ciclabile per tutta la sua lunghezza. In Canada intanto, Marianne McKenna è stata riconosciuta come una delle donne più potenti della nazione. Questo grazie al suo Telus Centre for Performance and Learning di Toronto.
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Gli esportatori di democrazia nel racconto di Mamma:

Esportatori di democrazia SpA

Per cortesia non chiamatela guerra, ma nobile atto umanitario. Altrimenti mi viene l’orticaria.
19 marzo 2011, festa del papà, ore 17.45.

”Auguri papa, che fai di bello ce soir?”
“ Mah, niente di particolare Nicolas, giusto un giretto con il mio jet… andiamo a salutare una nostra vecchia conoscenza… ”,
“ che bello! Vai da solo?”,
“ No. Vado insieme a un gruppetto di volenterosi.”
“ Volenterosi? E come si chiamano?”
“ Beh, di sicuro ci saranno Duncan, Billy, Xavier e forse anche Vito… se Billy lo convince!!!”
“ Vito… il pizzaiolo? Quello che non sa mai cosa fare? E Wolfang?”
“ Wolfang ha detto che si sente poco bene!!!”.

19 marzo 2011, ore 23.40 diretta TV Rai News 24.
Esterno notte. Campo lungo sulla skyline di Tripoli. E le bombe?
Sono passate sei ore e due frementi giornalisti si chiedono se i volenterosi stiano effettivamente bombardando la Libia, perché, cavolo, siamo in diretta e non si vedono esplosioni!!! Ormai la risoluzione ONU del 1973, hops si coregge la mezzobusto, non del 1973 ma la uno nove sette tre, è stata approvata e ancora non si capisce se effettivamente questi coalizzati hanno attaccato le postazioni dei fedeli al Colonello. Insomma, gli argomenti di routine sono stati esauriti, le immagini di repertorio di aerei e navi da guerra in azione sono state rispolverate, l’esperto armaiolo ha parlato, manca solo il tocco finale alla “Giò Botteri” con esplosione in diretta per sancire l’inizio di una nuova avventura giornalistica. Ed ecco un punto luminoso nel cielo. Cos’è? “Chiamiamolo oggetto volante non identificato” dice sempre la mezzobusto con un risolino strozzato, quando finalmente la tanto agognata prova della guerra si manifesta con la ripresa video di una fregata americana che lancia un missile. Il punto luminoso nel cielo era la sua scia in lontananza. I volenterosi sono arrivati!!!

Eccoli finalmente, i volenterosi. Guardarli, i volenterosi. Ammirali, i volenterosi, nella loro nuova missione umanitaria in aiuto degli oppressi. Ma non chiamatela guerra, mi raccomando. La guerra la fanno i paesi sottosviluppati, che non hanno avuto un processo di crescita culturale e democratico come lo hanno avuto l’Europa e la sua ex colonia americana, baluardo della democrazia esportata in comodi cofanetti esplosivi di qualche centinaio di chili. Non si chiama guerra, si chiama aiuto democratico alle popolazioni oppresse da regimi violenti e poco collaborativi dal punto di vista economico con il resto del mondo che conta. Non chiamiamola guerra, altrimenti il Presidente “artigiano della pace” potrebbe destarsi dal soporifero momento dell’unità ritrovata e rendersi conto di essere la guida morale di una Nazione birichina. Italia birichina e scortese con l’amico della “quarta sponda”. Come, prima intessiamo proficui rapporti economici con il beduino libico, che hanno visto la nostra ENI firmare accordi per l’estrazione del petrolio e del gas fino al 2047, facendo acquisire ai libici l'1% di se stessa e poi gli voltiamo le spalle? Che dirà Unicredit nel veder bombardare il territorio del suo 7% di azioni? Che diranno la Juventus, Fininvest, Retelit, Impregilo, Ansaldo e Finmeccanica che stanno diventando orfani della mammella che li nutrisce? Italia birichina, tu che hai il ministro della guerra, il transformer Ignazio tanto caro agli States, che impavido si reca ad Abu Dhabi per partecipare alla fiera degli armamenti, nella quale si è battuto intrepidamente per attestare l’italica industria militare tra le industrie leader a livello planetario (un servitore dello Stato a servizio del privato). Tu, goffa Nazione dei furbetti, principale fornitore di armi di qualità certificata alla Libia in barba alle violazioni dei diritti umani e dei conseguenti squilibri sociali che tali acquisti provocano nei paesi che comperano le italiche armi (vedere la Legge 185/90), non puoi abbandonare al suo tragico destino il povero Colonnello che tanto bene ti ha fatto!!!
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Sulle miserie di casa nostra le valutazioni di Alessandro Robecchi:

Notizie dal fronte (interno)

Il giorno 24 marzo 2011 il Premier della settima potenza mondiale impegnata in una guerra a pochi chilometri da casa emetteva un solenne comunicato: “Alla cena di ieri sera del Presidente Berlusconi con il gruppo dei Responsabili… il Presidente non ha cantato alcuna canzone”. Testuale. Ufficiale. Timbro e carta intestata. Immaginiamo il sospiro di sollievo della popolazione italiana, di quella libica, oltre ai commenti positivi in sede Onu. Notizie di stampa avevano diffuso una versione diversa, cioè che il Premier avesse intonato una canzoncina volgare densa di offese alla terza carica dello Stato, il presidente dalla camera Fini. Nulla si sa di altri innocenti passatempi del presidente del Consiglio, se con Scilipoti abbia giocato alla gara di rutti, o come si andato il torneo di briscola con Calearo. Di certo si sa che ha consegnato ai Responsabili quattro bozzetti grafici, tra cui essi potranno scegliere – in tutta libertà, sia chiaro – il simbolo del loro partito così fieramente indipendente. Francesco Pionati, portavoce dei Responsabili, si è chiuso in un ostinato mutismo da astinenza da sottosegretari. Mutismo rotto soltanto da una frase di apprezzamento nei confronti del neo-ministro Saverio Romano, suo stesso partito, di cui ha detto: “Se vado al Nord con Romano sul palco non faccio altro che raccogliere ortaggi”. Lusinghiero, trattandosi del ministro dell’agricoltura.
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Il fronte compatto dei paesi impegnati nella guerra in Libia ha elaborato diverse nuove strategie per conseguire la vittoria finale, Michele Serra è in grado di anticiparle:

Sei alleati sette strategie

di Michele Serra

Per la nuova guerra di Libia il ministro La Russa pensa di ricostituire la leggendaria Decima Mas. Intanto la Marinaè pronta a mettere a disposizione la nuova portaerei "Briatore" che fornisce cocktail

La crisi libica sta mettendo in evidenza l'impressionante forza d'urto delle potenze occidentali. Sei soli Paesi (Usa, Francia, Inghilterra, Germania, Italia e Canada) sono riusciti a mettere in campo sette strategie diverse, disorientando il nemico. Queste le posizioni in campo.

Francia. Sono stati richiamati alle armi i veterani della Legione Straniera, la cui esperienza bellica nel deserto è preziosa. La logistica non è semplice, perché ogni legionario deve essere accompagnato al fronte dalla sua badante. Il loro anziano comandante, il colonnello Jean Pernod, ha promesso a Sarkozy che riconquisterà anche l'Algeria. Polemiche per il cattivo stato di conservazione degli armamenti nucleari: le atomiche francesi sono conservate in caveau sotterranei e molte annate ormai sanno di tappo. Carla Bruni si è offerta di intrattenere le truppe eseguendo la sua nuova ballata "Je suis comme toi, tu est comme moi, trala-lalà, trala-lalà", ma è stata invitata a desistere da una risoluzione delle Nazioni Unite votata all'unanimità.

Inghilterra. Gli inglesi sono tradizionalmente favorevoli a qualunque tipo di guerra. Dalla battaglia di Hastings (1066) in poi, sono l'unico Paese al mondo che ha partecipato a tutti i conflitti del pianeta, saltando solo trascurabili episodi locali come la guerra greco-turca a Cipro, ma solo perché il loro ambasciatore a Nicosia, un etilista cronico, aveva dimenticato di spedire a entrambe le parti la dichiarazione di guerra. L'iniziale titubanza del premier Cameron dipende dal fatto che era convinto di essere già in guerra con la Libia da almeno un paio d'anni. I caccia britannici sono celebri per la destrezza dei piloti, che riescono a pilotare l'aereo suonando contemporaneamente la cornamusa.
Canada. Ha messo a disposizione le popolarissime Giubbe Rosse, quelle a cavallo e quelle in canoa. Una volta risolte le difficoltà logistiche (bisogna caricare i cavalli sulle canoe) il contingente canadese, pagaiando con vigore, dovrebbe sbarcare sulle coste libiche nel marzo 2013. L'ultimo episodio bellico nel quale il Canada è rimasto coinvolto risale al 1913, quando il derby di hockey tra Toronto e Ottawa si concluse con 12 commozioni cerebrali e tre arresti.
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Le immagini delle amiche blogger, da Oro Fiorentino:




Da RosaRossa_3:
*** PER CHI COME ME CREDE ANCORA NEI SOGNI…AUGURO GIORNI DI INTENSA FELICITÀ***




Da Solesenzanuvole:

Da Dalfusoditaiwan:

mia dolce stagione










Dal maestro della satira Vauro gli ultimi commenti sul nostro paese:












Da Enteroclisma:

CAMBIO DI ORA E DI PROGRAMMA

Primo giorno di ora legale.
Nei sotterranei della villa c'è confusione.
Una giovane donzelletta-che-vien-dalla-campagna urla ( fingendo ) :
vengo, vengooooooo ...
ma una voce risponde dal bagno:
devo rimettere l'orologio !!! Io sono venuto un'ora fa, cribbio !!

TRANQUILLI ...

Silvio tranquillizza le masse.
I petardi di quel tizio a cui ha baciato le mani ( e forse anche qualcos'altro ) non raggiungeranno l'Italia, così come è sparita la "monnezza" da Napoli e così come verrà costruito il ponte sullo Stretto ...

E da PV64:

Se Maometto...

http://www.unavignettadipv.it/public/blog/upload/IZ%20-%20Maometto%20Low.jpg


Pillola del giorno: Maurizio Crozza a Ballarò sulla guerra in Libia

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