domenica 18 marzo 2012

E’ esplosa l’Isola del Giglio: boom di trappole, schiacce e bracconaggio nel Parco Nazionale

In alto: Immagine tratta da Enza Mondillo su FB


Vorrei morire ucciso dagli agi. Vorrei che di me si dicesse:"Com'è morto? Gli è scoppiato il portafoglio".
Marcello Marchesi.


E’ esplosa l’Isola del Giglio: boom di trappole, schiacce e bracconaggio nel Parco Nazionale

In questi giorni, esattamente dal 22 al 25 marzo, Piero Liberati ha organizzato un campo antibracconaggio all'isola del Giglio, ecco il reportage di queste giornate dal sito GeaPress:

Dopo la campana rubata alla Costa Concordia, altri trecento furti al giorno (al patrimonio indisponibile dello Stato).

di redazione | 17 marzo 2012

GEAPRESS – Da marzo l’isola del Giglio è un’esplosione di colori e di profumi intensi che “rapiscono” tutti i sensi, scrive la Pro Loco. Da Marzo, però, l’isola del Giglio è anche un’esplosione di bracconaggio, in pieno Parco Nazionale, che rapisce ed in tutti i sensi uccide, migliaia di animali. Un bracconaggio spietato e fin troppo tollerato in pieno Parco Nazionale. Dopo la campana di Costa Concordia rubata sotto gli occhi di tutti, al Giglio è furto al patrimonio indisponibile dello Stato, ovvero lo specifico reato che dovrebbe reprimere i furti di fauna. Al Giglio, però, ad essere repressa parrebbe essere la legalità.

L’isola è piena di trappole” dichiara Piero Liberati, esperto di antibracconaggio con all’attivo numerosi interventi sia in Italia che all’estero. Venti volontari che in questi giorni hanno percorso in lungo e in largo l’intera isola. “Abbiamo trovato triplicato il numero di trappole – aggiunge Liberati – Dal centinaio al giorno del 2009, si è ora passati a trecento“.

Trappole sistemate ovunque, impossibile a non vedersi, ancorché in pieno Parco Nazionale. Micidiali cappi costruiti con filo d’acciaio, tipo quello dei freni delle biciclette. Rimangono impiccati i conigli ma nell’isola delle esplosioni, sono diffuse anche le famigerate “schiacce”, ovvero sassi o comunque grossi pesi tenuti sollevati da un bastoncino collegato ad un’esca. Quando l’animale mangia l’esca, tira una cordicella collegata al bastoncino. Quest’ultimo, muovendosi, libera il peso che schiaccia il malcapitato animale.

Venti volontari provenienti dalla Puglia, Marche, Lazio, Toscana e Campania. Diverse realtà associative che hanno dato corpo al campo organizzato da ValleVegan e CABS. Una iniziativa che è stata anche un vero e proprio campo scuola.

Vogliamo formare nuovi volontari – spiega Piero Liberati – la realtà che abbiamo trovato al Giglio, dopo tre anni, sicuramente richiede un maggiore impegno. Se tutto ciò avviene in un Parco Nazionale, lascio immaginare altrove. Il tutto, poi, con mezzi vietati ed in periodo di caccia chiusa“.

Ma chi sono i bracconieri del Giglio? Piccoli coltivatori spesso con regolare licenza di porto d’armi uso caccia. La scusa è la protezione delle colture ma in realtà, anche dove si è riusciti a far mettere delle economiche recinzioni, le trappole continuano ad essere piazzate lungo i camminamenti dei conigli. Secondo le informazioni assunte in loco proprio in ambienti venatori, si sarebbe pure creato un piccolo mercato della carne di coniglio. Al di là di tutto, però, nessuno si può arrogare il diritto, pur paventando ipotetici danni, di sistemare trappole micidiali. Il fatto, poi, che quello sia un Parco Nazionale, la dice lunga sul clima di tolleranza che non solo al Giglio, ma in molti altri posti d’Italia, si respira quando di mezzo ci sono illeciti venatori e danni alla fauna. Se non fosse per i volontari, difficilmente altri avrebbero affrontato questo problema.

In molti casi – spiega Liberati – troviamo conigli intrappolati già in putrefazione, se non addirittura scheletri. In funzione di come va la stagione, il bracconiere si disinteressa della trappola la quale rimane armata e perfettamente efficiente. Le schiacce poi, sono un tipico esempio di metodo crudele che è stato giustificato con l’esigenza di far diminuire topi e ratti. Mi chiedo però – aggiunge il responsabile antibracconaggio – del perché attirare un topo con fichi secchi e pane, esche che servono a ben altre specie animali. Del resto noi, sotto le schiacce abbiamo trovato i pettirossi“.

Una situazione disastrosa, sotto il profilo della legalità, quella che viene ora descritta dai volontari che hanno anche raccolto una mole considerevole di materiale documentale, sia filmati che foto. Un’isola intrappolata sullo sfondo di una nave affondata tra gli scogli. Poi la campana rubata in uno dei posti più vigilati nel nostro paese. Il fatto che sia un Parco Nazionale, la dice lunga sulla gravità del fenomeno bracconaggio.

Non è stata possibile riportare una replica del Parco Nazionale, essendo gli uffici aperti dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 ed il martedì ed il giovedì a partire dalle 14.30.

Con il mese di marzo inizia la grande stagione del bracconaggio italiano. Le piccole isole rappresentano uno dei casi più eclatanti. L’arcipelago toscano, le pontine e poi anche Ischia, Capri fino alle Pelagie. I volontari sono autofinanziati ed il loro lavoro salva ogni anno la vita a migliaia di animali. Abbiamo accolto il loro invito a contribuire al finanziamento dei campi. Più fondi si raccoglieranno più animali saranno salvati (VEDI PAGINA DONAZIONE).

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Nel mese di febbraio Vallevegan è stata letteralmente sommersa da più di un metro e mezzo di neve, il reportage di quelle drammatiche e anche divertenti giornate dal sito di Vallevegan:

Roma: quando dall’elicottero arrivò “cibo vegano." Valle Vegan: dodici giorni isolati dalla neve.
Pubblicato da Piero il 17/02/2012 alle 18:21:07, in Diario di ValleVegan, letto 249 volte
GEAPRESS – Dodici giorni sotto la tormenta. Isolati. Tra i fiumi e le valli di Bellegra e Rocca Santo Stefano. Ad un' ora da Roma, ma sommersi dalla neve. Valle Vegan, luogo di natura e di libertà, ispirata all’antispecismo e alla liberazione animale, ma anche luogo di riscatto dai precedenti usi. Ovvero allevamento, caccia e macellazione. Un luogo d’incanto che diventa realtà.

Poi la tormenta ha sopito tutto. Momenti belli, nonostante ciò, ma anche apprensioni. Specie per i tanti abitanti, pennuti e pelosi, che per lunghi giorni hanno vissuto in beata tranquillità, ignari delle preoccupazioni dei tre attivisti rimasti a lume di candela.

Lunghissime camminate tra la neve e poi, quando la macchina dei soccorsi finalmente si è messa in moto, l’arrivo dell’elicottero del Corpo Forestale dello Stato. Cibo per tutti. Animali umani e non. Quanto è bastato per arrivare fino a tre giorni addietro, quando finalmente a Valle Vegan è arrivata la corrente elettrica. Sei chilometri di strada che separano dal paese più vicino. Due di questi, ancora oggi, bloccati dalla neve.
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Ma come hanno vissuto per dodici giorni tre persone, 11 maiali, 10 capre, varie pecore, cani, conigli, oche ed altri scampati dai maltrattamenti dell’uomo?

“Noi molto bene, con momenti anche belli attorno al fuoco con una tisana calda – riferisce a GeaPress Piero Liberati di Valle Vegan – Poi, dopo qualche giorno, è arrivato un elicottero. A bordo c’era un equipaggio interforze. Forestali, carabinieri e poliziotti. La sorpresa più grande è stata quando abbiamo visto scritto negli scatoli “cibo vegan”. Ci hanno poi detto che a sottolinearlo erano stati gli abitanti dei paesi attorno. Si erano preoccupati per noi e si sono anche preoccupati di sottolineare che siamo tutti vegani“.

Poi un successivo passaggio. Un secondo elicottero con a bordo sempre un equipaggio interforze. Questa volta il cibo era veramente per tutti. Fieno, granaglie, crocchette per cani.

“In realtà non eravamo molto preoccupati per noi – spiega Piero Liberati – anche se ci ha fatto molto piacere sapere che le persone, in quei giorni di totale isolamento, si erano interessate. Per lo stile di vita che abbiamo scelto siamo autosufficienti, ma per tutti gli altri che vivono a Valle Vegan le cose sono diverse. E’ crollato il tetto del recinto di due galli e dei conigli. Per i cani, le capre, gli stessi maiali abbiamo dovuto faticare non poco, ma l’elicottero ha poi rimesso tutto a posto “.

Prima, però, sei chilometri a piedi sotto la tormenta. Poche persone, ognuna con in spalla 25 chili di cibo. Strada sommersa da un metro e mezzo di neve e visibilità molto ridotta. Non sono mancati momenti di apprensione, come le cadute anche rovinose. Almeno per ora, però, la strada è tornata in parte praticabile.
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Siamo in guerra, il popolo del web contro i politici, intervento integrale di Beppe Grillo su Servizio Pubblico:



La TAV Torino Lione, una delle opere più costose ed inutili che i governi di questo disastrato paese abbiano mai concepito, da Informare per Resistere le bugie del governo Monti:

TAV: tutte le bugie del governo Monti

di

Il governo ha pubblicato un opuscoletto propagandistico sul perchè dire sì all’alta velocità in Val di Susa. Peccato che sia pieno di bugie. Qui ve le svelo una per una.

Il governo Monti ha messo on line un opuscoletto volto a intortare l’opinione pubblica a proposito della necessità e della convenienza della TAV in val di Susa. Il testo è pieno di bugie ed omissioni: qui di seguito vediamo le più eclatanti, mentre credo che tecnici ed esperti del settore ne potrebbero trovare ben altre.

La bugia n. 1 riguarda l’idea stessa di corridoio 5 Lisbona-Kiev. La cartina in alto è quella riportata dal governo, tratta da una pubblicazione francese; la mappa in basso è quella dellaCommisisone Europea. La Lione-Torino non è la vena giugulare che collega il nord con il sud, l’est con l’ovest, come vorrebbero farci credere Monti e Passera, ma un piccolo tassello in una rete molto articolata in cui non vi è traccia del corridoio 5.

Solo un grullo passerebbe da Chiomonte per andare da Londra a Budapest (tra l’altro notate che Parigi non è collegata con Lione e Kiev non è nemmeno presa in considerazione). Inoltre l’assai ipotetico tragitto Lisbona-Kiev via Barcellona-Lione-Torino-Trieste è pari a 4465 km. Il percorso via Bordeaux, Freiburg Dresden è più corto di circa 300 km.

Proseguiamo con l’elenco delle bugie

Bugia n.2 «il collegamento italo-francese è una linea di montagna, che costringe i treni ad una salita di 1250 metri di quota con sovra costi esorbitanti.»

A parte la sintassi un po’ incerta (al massimo si sale a 1250 m di quota), come chiunque può leggere su Wikipedia, la galleria del Frejus si trova a 1338 m di quota, ma la linea parte da Torino a 240 m di quota, con un dislivello di 1098 m. Inoltre, la nuova galleria di base inizierebbe a Chiomonte (748 m); il risparmio in dislivello (1338-748) è pari a soli 590 metri.

Esorbitante è un aggettivo un po’ generico. Ciò che serve è una LCA che ci dica se costa meno (in termini energetici) usare due motrici al posto di una su una linea che esiste già, oppure costruirne una ex-novo.

Bugia n.3 «[la linea] passa attraverso una galleria dove non entrano i containers oggi in uso per il trasporto merci. E’ dunque una linea fuori mercato».

Questa è una bugia grande come una casa. Come si può leggere sulla pagina di Wikipedia linkata prima, i lavori di allargamento della galleria sono iniziati nel 2002 e terminati nel 2006, come spiega anche questo sito tecnico.

Secondo l’Ufficio Svizzero dei Trasporti (Alpinfo 2010), per la galleria può transitare traffico a carri completi e traffico combinato non accompagnato (huckepack e grossi container).

Bugia n.4 «I flussi di interscambio Italia- Francia nel quadrante ovest (da Ventimiglia al Monte Bianco) sono stati negli ultimi dieci anni costanti in quantità (fra 38 e 40 milioni di tonnellate).

Menzogne spudorate: dai dati svizzeri, si vede chiaramente che su ferrovia e su strada nel2000 (con il traforo del Bianco chiuso) sono transitate verso la Francia 49,7 Mt; la riapertura del Bianco non ha aumentato i flussi complessivi che sono scesi a 47,2 Mt nel 2004 e e solo 42,4nel 2010 (-14,7% in 10 anni).

Inoltre è inutile tirare in ballo Ventimiglia, che è una direttrice di traffico completamente diversa dalla Val di Susa. Considerando solo la Val di Susa e la Val d’Aosta, siamo passati da35,2 Mt nel 2000 a 24,1 Mt nel 2010 (-31,5%). E’ calato sia il traffico ferroviario, sia quello stradale.

Bugia n.5 «Questi valori sono superiori (110%) a tutti quelli che interessano la Svizzera. Ma mentre in questo quadrante (italo-elvetico) la ferrovia intercetta il 63% del traffico, nel quadrante italo-francese non arriva al 7%.»

Più che una bugia, è un’omissione: è vero che dalla Francia arriva un po’ più merce che dalla Germania-Svizzera, ma ciò che il governo non dice è che il transito elvetico è aumentato da29,4 a 38,3 Mt tra il 2000 e il 2010 (+30%), mentre quello francese diminuiva. E’ quindi possibile che già nel 2011 sia avvenuto il sorpasso. Il traffico su ferrovia verso la Francia è pari al 10,38% del totale. Poco, ma sempre più del 7% dichiarato dal governo.


Tratto da: TAV: tutte le bugie del governo Monti | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/03/10/tav-tutte-le-bugie-del-governo-monti/#ixzz1pTvgYHFf
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!
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Ancora sulla TAV, da Libre:

Tav, lezione francese: trasparenza d’obbligo, per legge

Un’opera «strategica per la crescita», che impedirebbe di «lasciar scivolare la nostra penisola verso il Mediterraneo senza un solido ancoraggio all’Europa»: così parla il premier Mario Monti, l’uomo che finge che l’Italia sia isolata dal resto d’Europa e intanto continua a rifiutare di dare spiegazioni ai 360 tecnici e docenti dell’università italiana che gli chiedono di farla finita con gli slogan e accettare una buona volta un confronto serio sulla “follia” della Torino-Lione. Ancora più irridente e “antico” il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: «Si tratta di scegliere se si vuole vivere nel futuro o nel passato», dice, sfrecciando a bordo del super-treno cinese Pechino-Tianjin. La Tav nostrana? Un’opera che «forse non è stata sufficientemente spiegata», ammette soavemente lo stesso Monti, sorvolando sul fatto che – al di là delle Alpi, in quell’Europa così comoda da citare a sproposito – la discussione sulle grandi opere è addirittura obbligatoria, per legge.

In Francia, infatti, «non si discute solo del “come”, ma anche del “se”», cioè «della necessità dei lavori», spiega al “Fatto Quotidiano” Iolanda Romano, Mario Virano da Lucia Annunziataspecializzata in metodi di partecipazione. Lo stesso Mario Virano, ospite di Lucia Annunziata, ha riconosciuto che uno dei vulnus fondamentali del caso-Tav è il fatto che il confronto è avvenuto «a valle del progetto, quando era già stato inserito nella legge-obiettivo e aveva preso una corsia di accelerazione». Ormai in Italia è tardi per tutto: «Ha poco senso procedere quando le decisioni sono già a uno stato avanzato, sono stati spesi molti soldi e si sono radicati dei convincimenti», dice la Romano, architetto, presidente di “Avventura Urbana” ed esperta in metodi di interazione guidata e tecniche di mediazione e confronto creativo. Quanti “veleni” ci saremmo risparmiati se le autorità italiane – che hanno alternato disinformazione e autoritarismo – avessero adottato fin dall’inizio il “metodo francese”, fondato sulla trasparenza obbligatoria prescritta dalla legislazione per le grandi opere?

Il “débat public” sui maxi-cantieri, spiega Iolanda Romano, è stato istituito dal governo di Parigi già nel 1995: si tratta di una pubblica discussione aperta a tutti, ma gestita da una commissione che è terza rispetto agli interessi in gioco, «diversamente dal caso dell’osservatorio sul Tav istituito dal governo italiano, che è il committente dell’opera». In Francia, la procedura di condivisione pubblica è prevista per le opere che superano i 300 milioni di euro: «È la commissione nazionale del “débat public” che decide se dare avvio o no al confronto: ma nel momento in cui lo decide, il confronto diventa obbligatorio e, sottolineo, aperto a tutti», spiega l’architetto Romano. Dettaglio fondamentale: nel “débat public” non si discute solo del “come”, ma anche dell’effettiva opportunità di realizzare l’opera. Risultati? Tutt’altro che scontati. Tra il 1997 e il 2011 in Francia ci sono stati 65 dibattiti su grandi opere: «Meno di un terzo dei progetti è proseguito tal quale come era iniziato. Negli altri casi o sono state seguite le Iolanda Romanoindicazioni uscite dal confronto o il progetto è stato modificato o è addirittura stato abbandonato».

Anche un bambino lo capirebbe: se si fosse seguita una simile procedura, il caso-Tav non sarebbe mai neppure nato. Le ragioni della Torino-Lione, ammesso che esistano, sarebbero state spiegate con chiarezza vent’anni fa. E se fossero state bocciate, in quanto tecnicamente non sostenibili – come affermano in coro i tecnici dell’università italiana – il progetto (inutile, costoso e dannoso) sarebbe stato semplicemente archiviato, o comunque trasformato e fortemente ridimensionato. I tecnici ricordano che l’Italia ha appesa speso mezzo miliardo di euro per migliorare la Torino-Modane, cioè l’attuale ferrovia internazionale che già attraversa la valle di Susa, nonostante il crollo storico del trasporto merci fra Italia e Francia: mentre la nuova direttrice mercantile dell’economia globalizzata segue la rotta Genova-Rotterdam e valica le Alpi italiane attraverso le rinnovate infrastrutture ferroviarie del nord (Sempione, Gottardo, Loetschberg), sulla Torino-Modane transitano meno di 5 milioni di tonnellate di merci l’anno, su una linea che ne supporterebbe 20. E le previsioni sono chiare: quel traffico continuerà a calare, perché i mercati italiano e francese sono saturi e il trasporto Italia-Francia avrà carattere sempre più regionale.

Il tutto, secondo il modello francese, lo si sarebbe appurato con serenità in appena sei mesi di lavoro serio: in Italia, invece, si è preferito accumulare vent’anni di slogan e disinformazione sistematica. Un atteggiamento che ha esasperato la popolazione, avvilita dall’assenza assoluta di interlocutori credibili, lealmente disposti a motivare un’opera finanziariamente sanguinosa e dall’impatto ambientale palesemente imbarazzante. Dalla Francia arriva una autentica lezione di democrazia e rispetto per i cittadini: al termine del “débat public”, una commissione indipendente redige una relazione e la consegna al proponente, che entro tre mesi deve esprimere pubblicamente la sua decisione in merito al proseguimento o meno dell’opera. «E deve spiegarla», insiste Iolanda Romano: il governo «è Fassino, Cota e Saitta: finora, niente dialogo con la valle di Susaobbligato a motivare la decisione», perché la commissione è una “magistrature d’influence”: aprire la discussione e obbligare il proponente ad argomentare, a spiegare, a migliorare, «ha di per sé un effetto positivo».

Nessuno, in Francia, si sente preso in giro: non ne ha motivo. Nessun politico francese, del resto, si è mai permesso di dire che la Torino-Lione consentirebbe alla Francia di “restare ancorata al Mediterraneo”, o altre simili amenità, fino alle incredibili barzellette del ministro dell’ambiente Corrado Clini sul rischio di tornare all’età della pietra. Altro dettaglio non secondario: in Francia la rete Tgv che trasporta passeggeri è popolare perché funziona e delocalizza l’economia a costi accettabili: meno di un terzo del Tav italiano, e senza procedure opache di assegnazione dei lavori, che in Italia diventano poi invariabilmente materia di indagini della magistratura, da quella ordinaria a quella antimafia. Altra leggenda alimentata dalla cattiva politica e dalla cattiva informazione: il livello “ormai avanzato” dei lavori per la Torino-Lione sul versante francese. Falso: in Francia sono stati realizzati solo tre “cunicoli esplorativi”, in attesa di capire l’eventuale futuro dell’opera, tutt’altro che scontato.

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Se nel mondo tutti diventassero vegetariani, ci sarebbe di che sfamare tutte le popolazioni e anche di più, ma si andrebbe contro gli enormi interessi delle multinazionali che governano il pianeta, da Il Cambiamento:

La società dei carnivori. Come i media manipolano le abitudini alimentari

I mezzi di comunicazione di massa, prima fra tutti la televisione, continuano a promuovere il consumo esasperato di prodotti di origine animale. Si continua così ad incentivare quella cultura della carne che, a partire dal dopoguerra, è stata eletta dal popolo "simbolo d'opulenza" e "alimento per ricchi". Andrea Romeo, prende una posizione molto dura in proposito, e ci spiega quali sono le conseguenze di questa 'manipolazione'.

di Andrea Romeo - 2 Marzo 2012

cultura carne
I media di massa continuano a promuovere il consumo esasperato di prodotti di origine animale

Appena pochi mesi fa la LAV ha denunciato la multinazionale degli omogeneizzati Mellin per aver mandato in onda, attraverso i media nazionali, uno spot pubblicitario che consigliava alle giovani mamme di nutrire i propri piccoli con prodotti a base di carne 'essenziale alla crescita del figlio' come lo spot recitava. La LAV ha vinto la causa, prova del fatto che la pubblicità della Mellin era fuorviante, così che la multinazionale ha ritirato lo spot dai media.

Per gli animalisti questa è stata una grande vittoria con cui hanno dimostrato l'assoluta infondatezza di chi sostiene che la carne sia necessaria in età puerile. L'uomo non ha bisogno né di carne né di derivati animali, né in età puerile, né dopo.

Eppure, se si dà un'occhiata ai media di massa, si osserva come imperterriti questi mandino in onda spot di prodotti quasi solo ed esclusivamente di origine animale sostenendo che essi siano essenziali. Gli esempi sono molti, a cominciare da un'altra assurda pubblicità: la multinazionale in questione stavolta si chiama Danone, e nello schermo vediamo Stefania Sandrelli consigliare all'Italia intera di assumere il DanaOs perché, sostiene lo spot, “in Italia le donne non assumono abbastanza calcio”: così accade che la gente, che già consuma quantità irrazionali di derivati animali, preoccupata che il proprio femore possa spezzarsi da un momento all'altro, aumenti ulteriormente il dosaggio, nonostante il mito della correlazione latte-calcio sia stato sfatato ormai da tempo.

Ne ha parlato (stranamente) anche la dottoressa Anna Villarini nella trasmissione televisiva Elisir di Michele Mirabella poco tempo fa, dove ha denunciato (con visione ovviamente antropocentrica) che il consumo di latte (e derivati), a causa della mancanza di enzimi come il lattasi e la rennina dopo lo svezzamento, promuove coliti, indebolisce le ossa e causa l'osteoporosi, oltre infine a creare dipendenza in quanto la sua assunzione produce endorfine.

carne
Il consumo di prodotti animali è aumentato di circa 8 volte negli ultimi cinquant'anni

Eppure i messaggi pubblicitari continuano imperterriti a manipolare le persone con false notizie, assillando le masse per persuaderle ad un consumo esasperato di prodotti animali. Se facessimo una carrellata di tutte le pubblicità a cui abbiamo assistito negli ultimi trent'anni, dalla diffusione delle reti commerciali, vedremmo una schiera enorme di 'vip' italiani affiancati a prodotti di origine animale.

Spot come quello del latte Parmalat in cui la parola 'latte' viene ripetuta circa 40 volte in appena 50 secondi, nella famosa filastrocca usata ex ante in un film di Totò e Peppino 'bevete più latte, il latte fa bene, il latte conviene, a tutte le età…'. Vedremmo Sofia Loren con il suo Parmacotto recitare 'e accatateville'; Cristian De Sica, l'attore dei film natalizi, nel ruolo di salumiere; Gene Gnocchi adulare insaccati con la sua 'accattivante ironia'; Roberto Baggio bere latte circondato da vacche aggraziate... e la lista continua.

È improbabile trovare un minimo di contro informazione nelle reti nazionali, se non in rari casi come quella puntata di Report dal titolo Carne per tutti, trasmissione seguita da una nicchia di pochi fedeli: la tematica venne in ogni caso affrontata in modo superficiale, orientando gli spettatori (come sempre nonostante le varie 'mucche pazze') verso il consumo biologico, mantenendo in parole povere lo status quo dato che il consumo di prodotti animali veniva comunque 'normalizzato'.

Il giorno dopo le TV erano di nuovo puntate sulle masse sparando loro una mole enorme di messaggi che pubblicizzavano prodotti industriali carichi di derivati animali (dai biscotti all'uovo ai bastoncini Findus), stimolando un consumo ancora superiore a quello già gigantesco al quale ci hanno abituati in questi ultimi anni le varie industrie della carne. Non curanti degli effetti che questo modello ha sulla nostra salute (si pensi agli studi sulla correlazione tra cancro e consumo di carne), sull'economia e sull'ambiente, la situazione va avanti da circa 50 anni: la Natura prima o poi ci porterà il conto da pagare.

mangiare carne
Fino alla fine degli anni 70' il consumo di carne era rimasto contenuto entro confini ancora 'accettabili'

Tranne qualche raro caso, la TV italiana è praticamente gestita da gente tutta intenta a mostrare come preparare manicaretti con i corpi smembrati di bestiole (come nella celebre trasmissione La prova del cuoco), oppure a seppellire i lontani macelli con apollinee immagini che ritraggono animali felici. Persino quelli che si proclamano difensori e portavoce degli animali, personaggi come Edoardo Stoppa e Licia Colò, in realtà sono ben lungi dal far qualcosa di veramente concreto onde orientare i propri 'seguaci' verso uno stile di vita meno efferato ed invasivo.

In parole povere, qualcuno ha voluto che gli italiani, ad un tratto, cominciassero ad ingozzarsi di prodotti animali, e sono ben riusciti nell'intento dato che il consumo di questi è aumentato di circa 8 volte negli ultimi cinquant'anni (12 kg di carne l'anno a persona nell'Italia rurale - 90kg l'anno a persona oggi), a prescindere dal reale bisogno, e questo processo continua tuttora. Se non fosse per le campagne fatte via rete, i media tradizionali continuerebbero ad istigare le masse ad un consumo massiccio di prodotti animali, attraverso allarmanti messaggi propinati dai loro vip, come nel caso della pubblicità del DanaOs citata ut supra. Qual è il meccanismo che ha portato ad un incremento così elevato di consumo di animali? E a che pro?

Innanzitutto ha giocato un ruolo essenziale la tradizione. In una società come la nostra, in cui mangiar maiale o vacca è normale sin dai tempi dei romani, è bastato semplicemente allontanare l'uccisione delle 'bestie' dalla vista dei 'consumatori', sostituire questa macabra scena (unico ostacolo al consumo) con simpatici balletti e orecchiabili musiche, per portar infine loro il 'prodotto' bello e finito. Nelle politiche (e pratiche) capitaliste non sono previste etiche particolari, ma l'unica cosa che conta è il mercato e la produzione di merci e, ovviamente, il capitale: così se lavoratori e consumatori diventano numeri, in una società antropocentrica gli animali non possono che essere 'cose'.

carne
La carne è sempre stata considerata un simbolo d'opulenza dal popolo, un alimento per ricchi

L'Italia del dopoguerra, stremata dalla fame, aveva bisogno di prove concrete dal nuovo modello economico e politico che andava instaurandosi. La carne è sempre stata considerata un simbolo d'opulenza dal popolo, un alimento per ricchi. Ad un tratto, grazie alla produzione massiccia di carne, alle masse è stata data l'illusione di una ricchezza concreta, di una classe dirigente che stava attuando vere e proprie politiche sociali di distribuzione delle ricchezze.

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A proposito di vegetarismo, un simpatico articolo di Natalino Balasso:

Volete la rivoluzione? Diventate vegetariani

C’è una gran voglia di rivoluzione.

Gli amici delle spranghe esultano ogni volta che scovano un sopruso. Gli amici delle spranghe hanno bisogno di qualcosa per cui protestare vibratamente, cioè vibrando sprangate. Quelle piazze che abbiamo abbandonato, perché troppo occupati a parcheggiare nei villaggi commerciali o fuori dai multiplex, si riempiono a vista d’occhio solo quando si tratta di divellere semafori o bruciare auto di media cilindrata che non possono permettersi un garage.

Agli amici delle spranghe cambiare il mondo sembra più semplice che cambiare se stessi. E forse lo è. Non voglia il destino che in Egitto si torni a praticare la lapidazione, ma è certo che le rivoluzioni prendono sempre una strada tortuosa. Anche quella talebana in Iran, è stata una rivoluzione, anche quella fascista in Italia è stata una rivoluzione, abbiamo però visto la china mesta che queste rivoluzioni hanno imboccato. E se c’è chi è ancora convinto che quella cubana non sia una dittatura, costui è mosso dalla paura di rinunciare alle proprie antiche convinzioni.

Si pensa sempre che occorra un grande evento decisionale per invertire le rotte, per prendere nuove direzioni. La politica degli ultimi 40 anni da noi ha pensato che nuove e contraddittorie leggi possono cambiare una situazione sclerotizzata. Prendiamo l’energia, l’acqua, l’inquinamento. Si pone rimedio allo sperpero e ai veleni con regole sempre più complicate, investendo denari senza controllo e soprattutto evitando di far funzionare ciò che già dovrebbe funzionare. La risposta capitalistica al consumo di energia o allo sperpero d’acqua non potrà mai essere il risparmio o la riduzione del consumo, ma sarà sempre un incentivo al consumo. Cos’è la crescita, cos’è lo sviluppo, se non consumo?

Eppure si potrebbe già oggi, senza referendum e senza nuove leggi, ridurre di 10 volte (10 volte!!) il consumo d’acqua, non cambiando il mondo ma cambiando noi stessi: smettendo di mangiare carne. Smettendo di usare auto a petrolio diminuirebbe il consumo d’acqua (si, d’acqua, perché per raffinare il petrolio il consumo d’acqua è altissimo) di un’altra percentuale significativa. Diminuirebbe significativamente l’inquinamento se nelle autostrade andassimo ai 100 km orari, se nelle case tenessimo una temperatura di 18 gradi, più che sufficiente a riscaldarsi, se nei locali e negli alberghi non ci fosse una temperatura di 23 gradi d’inverno e di 20 gradi d’estate. Diminuirebbe l’inquinamento se acquistassimo merci prodotte nel raggio di 15 chilometri da casa, soprattutto per quanto riguarda gli alimenti, ad esempio mangiando frutta e verdura di stagione.
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Le mirabolanti contorsioni del governo per affossare in maniera definitiva l'articolo 18 raccontate da Alessandro Robecchi:

Riforma del mercato del lavoro, la nuova frontiera del sadomaso

Scene raccapriccianti al ministero del Welfare: Angeletti legato e frustato con i nuovi ammortizzatori sociali – Perché Bonanni si lamenta? Proprio lui che a Pomigliano aveva gradito le sedute di spanking! – Ora gran finale con la Cgil: scosse elettriche in cambio della firma. La perversione del Pd: “E’ vero, a noi piace guardare”

Continua senza sosta, per gli amanti del genere sadomaso e del bondage, la trattativa sulla riforma del mercato del lavoro. La ministra Fornero, deposto il frustino con cui aveva gestito i preliminari con le parti sociali, è passata a strumenti più efficaci: corde, cera bollente e pinze arroventate. “E questo è niente – ha detto – vedrete quando tolgo la museruola a Marchionne!”. “C’è un buon clima – dice un osservatore presente agli incontri – e poi a Bonanni e Angeletti piace, sappiamo tutti quanto hanno goduto durante le sedute di spanking a Pomigliano”.
Ora, dopo, numerose riunioni, si può affermare che si è giunti a una svolta delle trattative: “O firmate, oppure la paccata di miliardi che avevo messo lì ve la potete scordare”. Qualche osservatore ha sottolineato che il linguaggio non è proprio da ministro sabaudo e da raffinato docente universitario, ma – fanno sapere dal governo – si sa che quando si praticano trattative estreme qualche parola volgare può anche scappare. Ora comunque, in un impeto di bontà, la ministra Fornero cercherà di mettere insieme i due miliardi che le servono per tacitare le proteste. Dove scovarli? Si lavora all’ipotesi di vendere metalmeccanici italiani a fabbriche serbe e polacche: una soluzione considerata interessante. Un’altra ipotesi allo studio è quella di abolire la cassa integrazione straordinaria: con un considerevole aumento della disoccupazione, la richiesta di schiavitù aumenterebbe sensibilmente, e la parola “diritti” verrebbe finalmente archiviata. Il tempo stringe, comunque, perché la ministra Fornero ha fatto chiaramente capire che questa settimana sarà quella decisiva, e che bisogna arrivare alla firma.

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Lo scandalo del Pirellone raccontato da Lia Celi:

Boni&Clyde: mazzette al Pirellone, impronte di taleggio incastrano la Lega

Bossi ha ragione: dietro il coinvolgimento del leghista Davide Boni in un vorticoso giro di mazzette alla Regione Lombardia c’è un complotto. Ma la trama che negli ultimi mesi ha travolto, oltre al consigliere allergico all’inno di Mameli, altri rappresentanti di Pdl e Pd al Pirellone, non si deve ai magistrati, bensì a cinque anime senza pace: quelle di alcuni «bravi» vissuti all’inizio del 1600 – l’Arraffatucc, il Corrompée, il Rubagàtt, il Peculàtt e il loro capo, il famigerato Furmigùn – sepolti proprio dove oggi sorge la sede della Regione. Condannati a morte dal giustizialismo dell’epoca, il Furmigùn e i suoi sgherri avrebbero scagliato una maledizione sui posteri: chi avesse posato il piede sulla loro tomba, anche il più onesto, si sarebbe fatalmente macchiato dei loro stessi reati.

«Antiche cronache testimoniano che quei pochi metri quadrati sono da secoli la zona di Milano a più alta densità di furti, ed è tutto dire» afferma uno storico, «Influssi malefici dall’oltretomba inducono anche gli integerrimi a riempirsi le tasche con ogni mezzo». Tesi confermata dagli annali cittadini: negli anni ‘30 al posto del futuro Pirellone c’era un asilo, chiuso perché insegnanti e bambini continuavano a rubarsi la merenda. Poi un allevamento di cani da guardia che, anziché scacciare i ladri, dividevano con loro il malloppo. Durante la guerra i caccia che sorvolavano la zona, colti da un raptus, scendevano in picchiata a scippare le vecchiette. Nel 1950, quando l’area ospitava una Rinascente, fu scoperto un racket orchestrato dai manichini. E quando il grattacielo era sede della Pirelli, insospettabili manager si rubavano reciprocamente gli pneumatici dalle auto nel parcheggio. La pessima fama del sito lo rendeva sconsigliabile come sede per la Regione, ma il perito che aveva emesso il parere, appena giunto nella zona stregata, si ritrovò addosso una bustarella milionaria e ribaltò il suo parere. Risultato, oggi il malcostume al Pirellone è così diffuso che sulle bacheche antincendio è scritto «In caso d’emergenza corrompere il vetro».

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In occasione dell'otto marzo Happysummer ha pubblicato alcuni gustosi aforismi sulle donne:

Donne du du


8_Marzo_Festa_Della_Donna
La donna sarebbe più affascinante se si potesse cadere fra le sue braccia senza cadere nelle sue mani. (Ambrose G. Bierce)
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I briganti ti chiedono o la borsa o la vita; le donne tutt'e due. (amuel Butler)
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L’espressione “un gallo in un pollaio” sottintende che le donne siano galline. (Giusi Vanella)
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Il cuore di una donna è sfuggente come una goccia d'acqua su una foglia di loto. Proverbio Cinese.
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Le donne mettono sempre gli uomini uno contro l'altro. E' la loro tattica e noi ci stiamo cascando. (Charles Bukowski)
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L'intuizione di una donna è più vicina alla verità della certezza di un uomo. (Rudyard Kipling)
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Le donne vogliono avere emozioni a ogni costo. (Honoré de Balzac)
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Nulla è più insondabile della superficialità della donna. (Karl Kraus)
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La donna ideale dell’uomo? Un incrocio tra la Maga Circe e la Fata Turchina. (Giusi Vanella)
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Alcune stupende immagini tratte dal blog di Irene Klein:
un originale pittore USA
Postato da Irene Klein

Andrew Gonzales

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The Virgin Queen


lo spirito guida


coming soon

Lorelej


Crescendo


Yemanja


L'arte del creare

Andrew Gonzales è nato a S.Antonio, Texas il 13 ottobre 1963. Figlio dell'artista Antony Gonzales,
dopo la prima formazione, ha studiato in Europa, nel Principato di Monaco e in Austria
con l'artista Ernst Fuchs, del genere realistico - fantastico
I suoi dipinti sono creati con l'aerografo a colori acrilici, su tavola o tela.
Le forme e i tratti principali delle sue opere
sono creati col sollevamento del pigmento per mezzo di una lama abrasiva
seguito dall'applicazione di strati trasparenti di pigmento
Si ottiene così un particolare effetto di
forma scultorea, insieme a delicati effetti di superficie.

Sensualità e spiritualità si incontrano, generando
un contrasto pieno di fascino

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Da VeganRioT le ultime scorribande culinarie vegane:
Delizi Vegan (Andezeno - TO)
autore: Paolo

il poco rimasto il giorno dopo...

gioie da shopping ed il suocero accigliato per una presunta perdita di macchina forografica, poi ritrovata

Fondamentalmente non credevo che le piattaforme aeree fossero grandi portatrici di bene nella vita delle umane genti fino a che non ho accompagnato la socia ed il di lei padre in quel di Alba, provincia di Cuneo, a visionarne un paio. Avrei potuto comprarmi nocciole, tartufi bianchi e vini dolci e stupirvi con effetti speciali, fino ad un certo punto. Oddio, qualcuno si sarebbe anche stupito, visto che sono astemio. Invece no, puntiamo verso Andezeno, 20 km da Torino, meta una pasticceria semi-vegan. Chiamiamo prima -non si sa mai-, ci sono. Eccoci. Delizi è in una piccola via, anonima, se non fosse che contiene una pasticceria semi-vegan… Interrogati i gestori su cosa fosse vegan e cosa no, scopriamo che all’incirca l’80% della roba presente è vegan. Inizio ad avere un sorriso isterico ed imbecille stampato in faccia. Aggiungeranno che tendono anche a levare tutta la produzione non veg e convertire il tutto in veg. Prendi di qua, prendi di la, aggiungi questo, ed anche un po’ di quello, ci fermiamo quando iniziamo a pensare che il conto si aggirasse sui 40 euri. Invece no, 23 euri e gentile omaggio di rustici salati inclusi. Usciamo con due vassoi stracolmi di pasticceria secca & fresca, una torta sbrisolona, tre tranci di pizza genovese, un croissant ed un locale dolce lievitato di cui non ricordo il nome.
Sono sempre scettico sul parlare di posti vegan et simili sul territorio, non per questioni di esterofilia ma più che altro perché un po’ essendo stato comunque in qualche maniera implicato nel lavoro veg* in prima persona pare poco delicato parlare degli sforzi altrui e dall’altro canto capita più di una volta di imbattersi in goffi tentativi di ristorazione gastronomica ad opera di persone senza un background ristorativo, benché animate da nobili intenzioni (e quindi preferisco tacere per solidarietà).
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Da Enteroclisma dissertazioni sulla situazione politica del Bel Paese:

PACCO E CONTROPACCO

Ormai il ricatto al lavoratore sembra diventato lo sport nazionale.
Vuoi mangiare ?
Allora zitto e subisci !!



MECCANICA DEL LAVORO

Il governo studia nuove soluzioni
per gli ammortizzatori sociali.
IN PRATICA:
come dare lo zuccherino a chi rimarrà in mezzo
ad una strada, grazie alla licenza di licenziare.


CATTIVO COMPLEANNO

Il disastro di Fukushima compie un anno.
L'ennesimo disastro, pagato a suon di vite umane, che conferma quanto sia profonda la stupidità umana e quanto pericolosa sia la scelta del nucleare, utile solo a quei pochi che ne traggono enormi profitti, spacciandola per sicura.


http://vauro.globalist.it/QFC/NEWS_17297.jpg



Pillola del giorno: Maurizio Crozza ultimo Ballarò



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