La Giornata della Memoria, istituita dalle Nazioni Unite e che si celebra il 27 gennaio di ogni anno per ricordare la chiusura del campo di concentramento di Auschwitz, è una ricorrenza internazionale che ha lo scopo di commemorare le vittime dell’Olocausto.
Un momento per ricordare, un ricordo che non deve essere limitato ad un un’unica data, ma accompagnare ogni singolo giorno al fine di non ripetere gli errori commessi in passato dall’umanità, opponendosi, respingendo e condannando ogni forma d’oppressione che ancora oggi tenta di farsi largo.
Una memoria però corta, che non rende il giusto omaggio alle vittime del regime nazi-fascista e a chi ha dato la propria vita per sdradicarlo, non rendendosi conto di come il morbo dell’intolleranza non si sia mai veramente estinto, assumendo nuove forme, vestendo panni apparentemente innoqui, penetrando nella quotidianeità.
Una giornata che dovrebbe essere contraddistinta dalla certezza della libertà per ogni abitante della Terra, ma che invece è contrassegnata dall’ipocrisia di chi rende omaggio alle vittime provocate da un regime dittatoriale mentre accetta, sostiene e promuove le attuali forme di repressione e schiavitù.
La storia si ripete e come un boomerang ci colpisce dritto in faccia nel tentativo di svegliare una società assopita che percepisce la realtà in maniera distorta: ignorando (volontariamente e non) ciò che accade nel mondo, girandosi dall’altra parte per comodità, accettando la schiavitù di un popolo pur di preservare la propria libertà, evitando di schierarsi ed esporsi direttamente favorendo così l’oppressore.
Un meccanismo figlio di governi, istituzioni e multinazionali, ma che l’indifferenza espressa nei confronti del prossimo tende ad alimentare, portando ad identificare come “problema” chi lotta e resiste alla ricerca della libertà invece di chi il problema l’ha creato: generando conflitti e quelle diseguaglianze sociali funzionali a dividere i popoli in modo da poterli controllare meglio.
Così ci ritroviamo a celebrare la chiusura di un lager senza renderci conto di quanti ne siano stati costruiti in questi anni, perché magari non li identifichiamo come tali o perché i governi ci convincono della loro necessità contribuendo a dividere i popoli tra di loro, schiavizzandone alcuni per far credere agli altri di vivere in libertà.
Non è una foto del 1945, ma uno spaccato della realtà odierna alla quale sono costrette le persone in fuga da conflitti e regimi oppressivi.
Lager che oggi prendono il nome di CIE, centri di detenzione o vere e proprie galere dove vengono rinchiuse e isolate quelle persone ritenute scomode, scarti e pesi della società: complice passivo/attivo di questo sistema selettivo che in silenzio accetta queste pratiche pur di mantenere quel poco che gli viene concesso.
Accettiamo che esistano luoghi dove ogni giorno vengono uccisi migliaia di animali non umani nel nome del capitalismo e del consumismo, perché assumiamo come normalità la prevaricazione dell’animale umano su tutto il resto, compresi altri umani.
La “giostra” per la mungitura.
Ignoriamo l’esistenza di genocidi contemporanei se questi non ci toccano direttamente o perché vengono accuratamente celati all’opinione pubblica da chi li conduce per ragioni puramente economiche, per il controllo delle terre, impoverendo chi già vive in condizioni precarie al fine di garantire un’offerta a chi invece rappresenta quella fonte di guadagno necessaria a dare continuità a questo processo circolare di sfruttamento globalizzato.
West Papua: oltre 500.000 persone uccise dal governo indonesiano per garantire il controllo delle terre alle multinazionali estere.
La Giornata della Memoria non deve ridursi a qualche corona di fiori deposta nei luoghi simbolo dell’Olocausto, ma ricordare che la lotta contro l’oppressore non è terminata e non finirà sino a quando ogni luogo, simbolo, forma di prevaricazione e dominio materiale e mentale non sarà stata smantellata, per la libertà della Terra e di chi la abita.
Lager che oggi prendono il nome di CIE, centri di detenzione o vere e proprie galere dove vengono rinchiuse e isolate quelle persone ritenute scomode, scarti e pesi della società: complice passivo/attivo di questo sistema selettivo che in silenzio accetta queste pratiche pur di mantenere quel poco che gli viene concesso.
Accettiamo che esistano luoghi dove ogni giorno vengono uccisi migliaia di animali non umani nel nome del capitalismo e del consumismo, perché assumiamo come normalità la prevaricazione dell’animale umano su tutto il resto, compresi altri umani.
La “giostra” per la mungitura.
Ignoriamo l’esistenza di genocidi contemporanei se questi non ci toccano direttamente o perché vengono accuratamente celati all’opinione pubblica da chi li conduce per ragioni puramente economiche, per il controllo delle terre, impoverendo chi già vive in condizioni precarie al fine di garantire un’offerta a chi invece rappresenta quella fonte di guadagno necessaria a dare continuità a questo processo circolare di sfruttamento globalizzato.
West Papua: oltre 500.000 persone uccise dal governo indonesiano per garantire il controllo delle terre alle multinazionali estere.
La Giornata della Memoria non deve ridursi a qualche corona di fiori deposta nei luoghi simbolo dell’Olocausto, ma ricordare che la lotta contro l’oppressore non è terminata e non finirà sino a quando ogni luogo, simbolo, forma di prevaricazione e dominio materiale e mentale non sarà stata smantellata, per la libertà della Terra e di chi la abita.
Fonte: Earth Riot
Nessun commento:
Posta un commento