giovedì 6 aprile 2017

Anticivilizzazione e primitivismo: intervista a Enrico Manicardi




Abbiamo rivolto una serie di domande ad Enrico Manicardi, noto esponente e divulgatore del pensiero e della pratica anarchica di anticivilizzazione e primitivista in Italia.

Enrico, puoi fornire al nostro pubblico una tua definizione di “anticivilizzazione” e di “primitivismo” per permetterci di comprendere nel migliore dei modi le specificità di tali lotte?

Fermo restando che sintetizzare concetti così complessi non è mai facile, quando si parla di Primitivismo o di Primitivismo Anarchico o di Critica Radicale alla Civilizzazione o di Movimento Anti-civ (che sono tutte definizioni riguardanti la medesima pratica) ci si riferisce a ciò che, con un approccio irriducibile all’ordine dominante, mira alla messa in discussione di tutto quel che fonda il mondo artificiale (e cioè innaturale) in cui viviamo oggi, e che chiamiamo civiltà: a cominciare dalla sua strutturazione in forma di Sistema (e al suo assetto istituzionale) fino al contesto di valori, categorie e modi di vedere le cose che ne definiscono l’adattamento politico e sociale di tutte le sue parti funzionali, umane e non-umane.

Parli di “parti funzionali” invece che di soggetti viventi. Perché?

Perché da quando il Sistema esiste, ogni essere vivente non è più tale: è stato trasformato in qualcosa di utile al Sistema. Vive cioè non più per se stesso (e i propri cari), ma per garantire l’esistenza del Sistema. Prendiamo gli Umani, ad esempio. Nel mondo di oggi tutto quel che gratifica la nostra esistenza passa in secondo piano di fronte a quel che siamo invece chiamati a fare per consentire alla Megamacchina di funzionare. Quel che conta, oggi, non è l’amore, non è l’amicizia, non è la solidarietà e nemmeno la capacità di immedesimarci negli altri; quel che conta è la produzione economica, la concorrenza del mercato, lo sviluppo, il progresso, l’innovazione tecnologica… Conta cioè tutto quel che serve per far vivere il Sistema, non noi stessi. Vale la stessa regola anche per gli altri esseri viventi: gli Animali non vivono più per loro stessi ma per far funzionare il Sistema, infatti vengono allevati, e cioè sradicati dagli affetti di una vita libera e selvatica per essere destinati allo sfruttamento a scopo produttivo, riproduttivo, consumistico, ricreativo o di compagnia; le Piante vengono abbattute a un ritmo sempre più forsennato per farne cose utili da smerciare, oppure sono costrette in serre o persino in ambienti del tutto artificiali privi di suolo organico e sole allo stesso fine; le Acque del Pianeta, usate per tutti gli scopi industriali possibili, sono costantemente deviate dai loro corsi naturali, costrette in dighe, canali artificiali, bacini innaturali e riempite di inquinanti perché è così che servono al Sistema; per i Minerali, stessa storia: strappati dalle viscere della Terra attraverso miniere, cave e giacimenti sono indirizzati anch’essi a obiettivi produttivi. È la medesima sorte che tocca anche ai Venti, alle Nuvole, al Sole, ai Moti Ondosi, alle Lagune, alle Paludi, alle Sabbie perfino… Nel mondo di oggi, insomma, tutto serve solo per far funzionare il Sistema. Siamo diventati tutti nient’altro che carburante del Sistema!

Quella che descrivi è una situazione desolante…

Proprio così. Accorgersi di questa condizione, dunque, è fondamentale. Anche perché siamo talmente sopraffatti da essa, e immersi nella sua logica allucinante, che non ci rendiamo conto di esserne trascinati ogni giorno di più. Veniamo progressivamente sbattuti fuori dal nostro universo naturale fatto di affetti, relazioni, gioie, desideri per essere posti in quello artificiale del Lavoro, dell’Economia, della Tecnologia e non diciamo nulla… Anzi, abbiamo cominciato a magnificare questo andazzo. Il risultato e una nostra continua auto-disumanizzazione: ormai noi individui inciviliti non ci parliamo più a voce, ci mandiamo messaggi su WhatsApp; non ci guardiamo più negli occhi, usiamo le webcam; non ci incontriamo più di persona, chattiamo o blogghiamo. Abbiamo smesso di giocare con i nostri cari e ora produciamo beni e servizi a ritmo continuo. Abbiamo smesso di amare e ora ci possediamo, ci “fottiamo” sessualmente. Abbiamo smesso di relazionarci col prossimo e ora siamo in guerra con tutti per conquistare (stima, fiducia, ricchezza) o per gestire (Umani, Animali, aziende, istituzioni). Nel mondo di oggi non ci è nemmeno più dato divertirci, perché noi inciviliti preferiamo sballarci: abbiamo cioè bisogno di sostanze dopanti per stare meglio; abbiamo bisogno di straziarci fino all’imbecillità per sentirci vivi; abbiamo bisogno di procurarci dosi sempre più abnormi di adrenalina per eccitare quei corpi svuotati di emozioni che ci portiamo addosso. Persino i contatti fisici si stanno drammaticamente esaurendo: non ci abbracciamo più, non ci accarezziamo più, non ci massaggiamo più, non ci tocchiamo più (nemmeno sensualmente). Se capita di sfiorarci per caso l’un l’altro, ci chiediamo scusa…

Come reagiamo da Umani di fronte a questo stato delle cose?

Reagiamo come fanno tutti gli altri Animali quando vengono messi in gabbia: stando male, e dunque procurando sofferenza a noi stessi o agli altri. E non è solo un modo di dire: ci sottomettiamo o imponiamo sottomissione agli altri; ci facciamo imbrogliare o imbrogliamo il prossimo; ci facciamo manipolare o manipoliamo noi per primi; ci facciamo schiacciare o schiacciamo i nostri simili; ci facciamo mutilare o mutiliamo. E quando i limiti della sofferenza raggiungono la soglia massima di sopportazione, impazziamo, diventiamo autistici o ci suicidiamo. Oppure commettiamo abusi, crimini, facciamo guerre, stermini di massa, genocidi… Quando si sente dire da certi giornalisti, filosofi, psicologi, politologi e altri recuperatori sociali che la specie umana sarebbe l’unica a far guerre intraspecifiche (e cioè tra membri della stesse specie) ci si dovrebbe immediatamente sentir presi in giro. Tutti gli Animali costretti in condizioni di cattività si fanno la guerra intraspecifica: le Vacche accalcate nei box claustrofobici delle stalle della grandi multinazionali della carne s’incornano tra loro; le Orche chiuse negli spazi angusti dei circhi acquatici si suicidano o si feriscono tra loro sino alla morte; gli Scimpanzé rinchiusi in gabbia diventano dispotici e totalitari oppure sottomessi e remissivi fino alla schiavitù; i Maiali si mordono la coda fino al dissanguamento finale; i Polli si beccano lacerandosi le carni fino ad uccidersi… La vita civilizzata, e cioè la vita in cattività, è una tortura per tutti. Dobbiamo cominciare a ribellarci a questa condizione di “espropriazione esistenziale”; dobbiamo cominciare a porre l’attenzione su quel che ci sta accadendo, cercare di comprender bene le cause originarie che l’hanno determinato e far convergere la nostra azione di resistenza su quelle cause: questo è il senso della Critica Radicale alla Civilizzazione.

Come spieghi invece che si possa giungere ad accettare una vita in cattività?

Perché la civiltà, attraverso le sue istituzioni, i suoi modi ideologicamente orientati di vedere le cose e le sue false forme di opposizione (politica, morale, filosofica, artistica, ecc.) ci avvezza quotidianamente ad accettare il mondo così com’è, qualunque esso sia. Si chiama appunto domesticazione. In condizioni di selvatichezza ogni soggetto vivo si ribellerebbe al fatto di essere messo in gabbia, ma grazie a questo potente lavoro di quotidiana manipolazione (l’addomesticamento), ognuno di noi lo accetta. Il costume, l’educazione, la scuola, la religione, l’etica, l’economia, la tecnologia, la scienza, la medicina, l’arte, i miti, i riti, la politica, in una parola sola la Cultura, e in una parola ancora più omnicomprensiva la Civilizzazione, sono appunto ciò che ci reclude progressivamente in questa Grande Gabbia dalle sbarre invisibili, e ci fa persino credere di essere liberi, emancipati, evoluti.

Come fare a spezzare le inferriate di questa gabbia?

Innanzitutto rendersi conto che siamo in gabbia. Perché appunto le inferriate non si vedono: sono state elevate dentro di noi, e non saremo mai in grado di vederle se non lo vorremo per davvero. Dobbiamo cioè essere disposti a riconoscere che, da quando esiste il Sistema, non siamo più individui liberi, bensì Animali d’allevamento: tutti cioè imprigionati nei nostri box di cemento armato (che si chiamano case, uffici, supermercati, città); tutti addestrati a restare in gabbia (e a ringhiare contro chi prova a ribellarsi); tutti strappati dal nostro ambiente naturale e trasformati alla stregua di quelle povere bestiole da reddito o da circo equestre che ben conosciamo. O, per ricorrere a una metafora ancor più mesta, tutti trasformati in quei bambinetti in divisa che, schierati in riga nelle grandi parate militari dei governi totalitari, sollevano a comando la bandierina del loro Paese per mostrare quanto sono contenti di essere irreggimentati.
Il primo passo da fare per liberarsi dalla civiltà è smettere di credere nella civiltà! Il secondo è riconoscere che in questa condizione di prigionia stiamo male, sempre peggio. Non ce ne dobbiamo vergognare. Non siamo stati noi ad aver creato questo macello, né ad esserci entrati volontariamente.
Se non saremo propensi a fare questi primi passi, nessun valico potrà mai essere affrontato. Al contrario, una volta riconosciuta la nostra condizione di cattività e la sofferenza che essa ci procura (che è appunto una sofferenza dovuta alle condizioni di prigionia, non alla nostra imperfetta natura umana – così come invece vuol farci credere la Psichiatria o la Medicina in generale), occorre provare a capire cosa ci tenga imprigionati. In questo senso diventa fondamentale cominciare a comprendere che l’Educazione, la Scuola, il Lavoro, l’Economia, la Tecnologia, la Scienza, la Medicina, il Potere, il Patriarcato e tutto ciò che postula, regge e perpetua questo mondo invivibile non è un dato di fatto assoluto e nemmeno una condizione neutrale, ma un insieme di sovrastrutture ideologiche che mira a mantenerci nella condizione in cui siamo nati: e cioè appunto in cattività, alla catena del Sistema.

In passato chi combatteva il sistema combatteva lo Stato, la Chiesa, la guerra. Oggi è cambiato qualcosa?

È cambiata la prospettiva di riferimento, oggi arricchita dalla capacità di contestualizzare tutte queste lotte in un ambito più generale e originario. In fondo, lo Stato, la Chiesa, la guerra non cadono dal cielo; esattamente come il Patriarcato, come la Scienza, la Tecnologia o lo Sfruttamento umano e non-umano, essi sono figli del processo di civilizzazione. E la civilizzazione non si fermerà da sola. Siamo noi che abbiamo la necessità di prendere coscienza del fatto che il modello di vita artificiale che è stato millantato come superiore a quello naturale (nel quale noi Umani abbiamo vissuto in perfetto equilibrio armonico col Pianeta per oltre 2 milioni di anni) si è in realtà mostrato essere una sciagura, un flagello. Infatti, tale modello artificiale (che chiamiamo appunto civiltà) in soli diecimila anni ci ha traghettato tutti fin sull’orlo di un precipizio: il Sistema è al collasso, e siccome esso si nutre di tutto ciò che esiste (Umani, Animali, Vegetali, Minerali, Elementi ed Energie della Terra), anche il Pianeta è giunto al collasso, e noi Umani con Lui. L’eco-socio-disastro, insomma, avanza a grandi falcate, e i sintomi esteriori di questa patologia (inquinamento, sfruttamento, straniamento, malessere esistenziale, mercificazione, consumismo, livore distruttivo e autodistruttivo, maschilizzazione del mondo, stupro, medicalizzazione della vita, sua macchinizzazione, ecc.) possono essere rimossi solo a patto che si rimuova la causa che li genera: e cioè la civiltà. È per questo che porsi con un approccio critico verso la civilizzazione significa riuscire a comprendere quanto essa si trovi a monte di ogni singola lotta specifica in cui ci si voglia impegnare per resistere a questo sfacelo.

Quali sono a tuo avviso i punti di contatto e quelli che invece separano concettualmente l’approccio antispecista da quello primitivista?

Anche la lotta antispecista è una di queste tante lotte specifiche che ci coinvolgono sul fronte della Resistenza a questo universo insopportabile, perché la classificazione del vivente in specie è funzionale solo al controllo del Vivente da parte del Sistema, non alla vita libera. Nessun Umano primitivo ha mai considerato gli altri esseri viventi come “altro” da sé, e questo perché ogni Umano sa che tutti siamo parti del Tutto, non elementi separati e classificabili, non specie. Ma occorre che la critica antispecista metta in discussione, in maniera sempre più chiara ed inequivocabile, anche la domesticazione in generale (non solo quella degli Animali), la reificazione di tutto il Vivente, l’alienazione umana, ogni possibile rigurgito antropocentrico di ritorno e, conseguentemente, la stessa nostra indotta attitudine a culturizzare sempre tutto ciò che è naturale (credendoci superiori alla Natura), altrimenti anche la più generosa disponibilità a cambiare le cose potrebbe facilmente ridursi all’affermazione di una nuova ideologia alternativa, spenta sul piano della sua capacità di stravolgere la nostra mentalità civilizzata e funzionale anzi alla perpetuazione del mondo così com’è.

Tu consideri la civiltà umana come “insanabile”: quali sono a tuo avviso le soluzioni alternative o sostitutive proposte dalla lotta anticivilizzatrice e primitivista?

Il Primitivismo non è un movimento alternativo, perché non si limita ad accettare la sostanza del mondo in cui viviamo proponendo solo di perfezionarlo un po’. Esso non ha nel cuore un mondo migliore, ma un mondo diverso! E cioè il mondo naturale e selvaggio che è sempre esistito prima dell’avvento della civiltà. Lottare invece per una economia sostenibile, per una tecnologia a basso impatto ambientale, per una energia pulita o per un potere buono, come fanno tutti gli alternativi, significa continuare a perpetuare un mondo artificiale (e cioè innaturale) fondato sull’Economia, sulla Tecnologia, sull’Energia, sul Potere, ecc.. Non saranno gli ossimori a salvarci. Credere che una banca etica sia diversa da ogni altra banca è una pia illusione che ci terrà avvinghiati alla logica del denaro, dello scambio equivalente, del ricatto economico e dell’usura (che sono l’anima di ogni Istituto di Credito, anche se targato “cooperativa finanziaria mutualistica”).
La civiltà è insanabile perché il suo sviluppo non è soltanto ciò che la crea e la sostiene ma, insieme, è anche ciò che la trasporta verso la distruzione di tutto e di tutti. E da questo cerchio chiuso se ne può uscire solo liberandoci dalla civiltà. Il Primitivismo non ha soluzioni ideologiche da proporre in sostituzione alla civiltà perché il Primitivismo non è una nuova ideologia. Esso è la critica di ogni ideologia. Quel che occorre fare è appunto cominciare a liberarci da tutte quelle sovrastrutture ideologiche che determinano il nostro agire culturizzato, così da poter ritrovare un’esistenza naturale, e cioè il più possibile in sintonia con la Natura e con la nostra natura di Umani. Se l’idea di riabilitare la nostra naturale condizione primitiva di Animali umani non ci risuonasse più nel profondo del cuore vorrebbe dire che avremmo già superato il punto di non-ritorno, e non sarebbero certo altre nuove balle ideologiche, altri nuovi messia da inventare o altri nuovi liberatori di professione da venerare a fare ciò che solo ognuno di noi può già cominciare a fare per se stesso e per gli altri per affrancarsi dalla morsa di domesticazione che ci sta uccidendo.

Sarebbe interessante comprendere quali siano le posizioni – tue e del movimento a cui fai riferimento – rispetto alla filosofia vegana.

Essere vegani è senza dubbio una scelta radicale, di giusta resistenza al mondo dello sfruttamento industriale della vita animale; tuttavia, io non parlo mai di “filosofia vegana”, perché penso che in questo modo si ponga l’accento sull’aspetto ideologico del fenomeno. Penso cioè che ridurre la scelta vegana ad una filosofia smorzi gran parte del suo potenziale “rivoluzionario”, perché ogni filosofia, in quanto ideologia, ci espone alla “competizione” con altre filosofie e all’affermazione di questa o di quell’altra in modo impositivo. Tanto è vero che oggi, il veganismo, perfettamente recuperato dal Sistema come movimento filosofico e di tendenza, è ormai diventato un fenomeno che anche McDonald’s riesce a sfruttare. Per non parlare poi dei nuovi alimenti veg che provengono dal mercato foodie americano. Ormai c’è una vera e propria invasione di startup veg che producono quelli che sono addirittura definiti “i cibi del futuro”: carne vegetale, gamberetti senza Gamberi, uova senza Uova, latte vaccino in provetta, ecc. (La multinazionale Hampton Creek, per esempio, sta combattendo una causa giudiziaria miliardaria negli Stati Uniti per l’uso del termine “maionese” alla sua salsa fredda composta con le sue “uova veg”, finanziate anche da Bill Gates).
Quel che penso io del veganismo, dunque, è che dovremmo avere il coraggio di andare ancora oltre. Tenerne nel cuore l’aspetto di “resistenza” al mondo fondato sullo sfruttamento animale, ma cominciare allo stesso tempo ad opporci anche a quello dello sfruttamento vegetale, minerale, delle Energie della Terra. Se siamo contrari all’allevamento degli Animali, come possiamo essere favorevoli all’agricoltura che è l’allevamento delle Piante? Solo perché i Vegetali ci assomigliano meno di quanto ci somigli un Maialino? Se così fosse mostreremmo un antropocentrismo e uno specismo di ritorno ancora più deleterio di quelli portati dalla cultura prevalente, perché saremmo proprio noi a propagandarli. In fondo, ciò che giustifica la nostra idea antropocentrica di allevamento animale o di allevamento vegetale (agricoltura) o di allevamento umano (educazione) è quel delirio di onnipotenza che ci fa credere di saper far meglio della Natura. È per questo che la pieghiamo continuamente al nostro potere. Fin tanto che questa perniciosa convinzione permeerà la nostra visione del mondo, essa continuerà ad accompagnare le nostre azioni di sfruttamento, degli Animali come di tutto il resto del Vivente (compresi noi stessi).

Puoi darci delle anticipazioni sulle tue attività future?

Attualmente sto lavorando alla preparazione del mio prossimo libro, che sarà scritto a quattro mani, insieme a John Zerzan. Poi, restano sempre vive le mie attività con le quali ho cominciato io stesso a percorrere la via di una progressiva liberazione dalla civiltà, cominciando appunto da quella che alberga dentro di me. Assieme ad un gruppo di persone molto motivate sull’argomento abbiamo creato a Modena un Collettivo Anti-civ, e ci stiamo occupando appunto di de-civilizzazione. Chi avesse interesse a saperne di più, o fosse intenzionato o intenzionata a collaborare, può scrivermi (il mio indirizzo mail è riportato sul mio sito web: www.enricomanicardi.it). Perché ogni collaborazione di resistenza che nasce e diventa possibile è un piccolo/grande colpo inferto alla stabilità di questo universo marcescente che corre verso la distruzione generalizzata.

Fonte: Veganzetta

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