giovedì 31 maggio 2018

Che anche in mezzo a sconvolgimenti gastrocostituzionali epocali

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, persone in piedi e spazio all'aperto


- Mi hanno chiesto il congiuntivo trapassato di "governare".
- Ho preso per sbaglio il litio, e sono diventato coerente.
- Stavo scrivendo la storia e il cane mi ha mangiato il foglio. 
- Avevo paura di trovarmi poi in un film di Sorrentino, interpretato da Toni Servillo. 
- Cercavo di spostare Savona, ma la Protezione civile ha detto che evacuarla era complicato.


Che anche in mezzo a sconvolgimenti gastrocostituzionali epocali

Che anche in mezzo a sconvolgimenti gastrocostituzionali epocali, la donna frivola trova modo di fare una ricognizione dell'offerta di fescion contemporanea, e riflette mestamente sul fatto che non solo prosegue anche quest'anno la rincorsa al giallo - che essa, pur d'incarnato calabro, vive come una punizione personale per remote colpe - nelle sue varianti "giallo moglie di Clooney al matrimonio di Harry e Meghan", giallo "governo gialloverde" (quindi con sfumature biliari, e pure qualche grumo), giallo paglierino profondo (odore sui generis, leucociti assenti, cellule di sfaldamento delle basse vie urinarie), nessuna delle quali compatibile, nemmeno da lontano, nemmeno previo seduta con truccatore di Berlusconi o fotografo di Giorgia Meloni, ma si nota ovunque una decisa svolta in senso Calamity Jane, o Westworld prima stagione. Cioè una cosa tipo la fanciulla del West ma con più fiorami. Outfit cardine (yeah) sarebbe la perfida blusa a scollatura totale con arricciatura, macrobalza e nei modelli più esiziali persino parossismi di nido d'ape posizionati a caso sul plesso solare. Spesso, gialla. 
Ora, non so voi, ma per me andare per negozi significa patteggiare tumultuosamente con la mia idea di me stessa, che poi sarebbe una cosa come el Niño, quel fenomeno climatico che attraversa tutte le regioni e le ragioni per non comprare giammai cose che non puoi indossare senza violare la Convenzione di Ginevra e a volte le stesse leggi della fisica (ma anche della geografia, della chimica, della geologia e pure della semantica). 
Mia madre mi diceva, in tempi non sospetti e con la chiaroveggenza del male tipica delle madri fattucchiere (cioè tutte), che mi vestivo sempre "da orfanella". Ha ragione. Ci dev'essere un archetipo platonico demente, depositato chissà in quale caverna dell'inconscio, che mi spinge invariabilmente, ogni volta, dovunque mi trovi, quale che sia l'inflorescenza del momento (balze, gialli, macramè, sete, fame, scolli, scialli, pizzi), a raggiungere, trepidante, la zona dove si trovano le cotonine sciape, i fiorellini tisici, i tessuti molli, le vestagliette da zie, i colletti flosci, i rosa antichi (che, è provato, stanno bene solo alle vittime dei vampiri, ma dopo la dipartita), gli azzurri stinti, i neri di tutte le profondità. Come se dovessi vestire Pelle D'Asino (avete presente?) ma PRIMA della trasformazione.
Che poi è quello che ogni volta mi colpisce in quel format psicodramma che porta il titolo di "Ma come ti vesti?". E sì, lo vediamo tutti che è una battaglia persa, vestirsi da odalisca avendo le forme di uno scaldabagno, o insistere sul fiorato pesante se hai il fianco debordante e la tetta precipitosa, o anche solo essere recidiva su cose socialmente condannate come le righe orizzontali, l'optical estremo, il monocromatico ossessivo-compulsivo, i leggins fantasia. E poi c'è tutto il percorso di rieducazione e riabilitazione fescion, al termine del quale tornerai da amici e parenti che, coerentemente, diranno "Non sembra nemmeno lei", perché, appunto è così: non è lei. 
O pensate davvero che quando ci vestiamo, stiamo vestendo il corpo? Io no. Io personalmente vesto l'orfanella, la colloco dentro la vita chiara, acerba e leggermente fiorita - un po' smilza, con le pieghe che cadono benissimo - che m'immagino sempre. Io tento sempre di trovarle le vestagliette per resistere, per restare dentro quel mondo (quel Westworld personale). 
Poi, certo, combatto: contro tutti gli immaginari che si depositano e mi confondono. Quello del mio fidanzato, il cui archetipo è, più o meno, "pornostar ucraina"; quello di mio figlio, che è tipo "professoressa di latino ma più bizzarra"; quelli delle mie amiche, che ammiro tanto e a cui transitoriamente vorrei somigliare, con risultati catastrofici, perché - per dire - le raffinatezze di Anna Maria sperimentate su di me hanno effetti paragonabili al cambiamento di clima nella cintura degli uragani. 
E quindi niente, mi sa che a questo giro l'orfanella non la posso vestire di giallo. E nemmeno portarla a Dodge City.

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