giovedì 10 gennaio 2019

Scambiamoci un segno di “Pace e amicizia”

imma




Amico fragile

Chissà che cosa avresti detto 
di questo periodo infame
dove i nostri fratelli e sorelle 
vengono lasciate morire in mare

torturate nei lager
dimenticate nelle celle
violentate con la corrente
strappate della loro pelle

Amico fragile

Chissà che cosa avresti detto
di questi Kappler in miniatura
che non si arrestano mai a insultare
bambini e vecchi in egual misura

ridendo e giocando
mentre le spiagge si tingono
di quel rosso feroce
e loro vigliacchi rispondono: fingono!

Amico fragile

Chissà cosa avresti detto
di questo mondo tanto moderno
dove il ricco fa baldoria e il povero
è derubato dei quattro stracci per l'inverno

quante poesie hai scritto
sulla miseria e la fame
sull'uguaglianza e la solidarietà 
sulla pace e la libertà

Amico fragile

Chissà che cosa avresti detto
di queste marionette bavose
che sputano odio e discriminazione
ammazzando chi fa ribellione

caro Faber quanto manchi
sepolti nella mediocrità
ad affogare nel mare dell'ignoranza
e delle menzogne di una complice società

Amico fragile

Chissà che cosa avresti detto
di un esercito di razzisti
che si inginocchiano al potere
e lo rafforzano per cento

ma forse, lo so, lo sento
cosa avresti detto in merito
spirito libero amato ed odiato
avresti cantato le melodie del vento

.

Ciao Faber...


Scambiamoci un segno di “Pace e amicizia”

“Finite le preghiere, ci salutiamo l’un l’altro con un bacio» San Giustino da Nablus


Finite le feste natalizie. Quelle dei romani non dei cristiani. Quelle che iniziano il 21 dicembre (con la frenesia degli ultimi regali, le file agli ipermercati, le litigate per un parcheggio davanti la rinascente, gli urli al traffico per il ritardo negli acquisti, i falsi sorrisi al vicino di casa, le menzogne ai figli, alle figlie da parte di genitori che nulla hanno a che fare con l’etimologia del termine “Allevare”, l’inchino al capo, i conteggi dei giorni di “libertà”) e finiscono, inesorabilmente da 25 secoli, il 6 gennaio. Il giorno di Bacco, anzi no, troppo eversivo, meglio la ridicola regina del centro commerciale: La calza della befana. Il 7 si torna schiavi. Lo siamo anche in quei giorni ma non ci accorgiamo. Troppo felici siamo. Dopo il 7 ci si tramuta in Ponzio Pilato. Laviamo con cura le nostre mani, per non vedere e toccare. L’importante è essere puliti e lavati: nei vestiti, nelle case, nelle coscienze. Nei giorni di festa i politici stringono accordi, mani, calici di vino, per costruire un anno in più di catene. Ma noi corriamo a comprare i regali. E per chi? Per i nostri familiari, amiche, compagne. Le nostre compagne di cella. Anche il sole, il 7 gennaio, illumina di più. Complice nello scaldarci le catene. Rimaniamo stupiti delle leggi che, di nascosto, approvano i carnefici della torre di Babele. Ma loro, nei giorni di festa, non dormono mai, pensano a noi. Intensamente, con tenerezza, con amore. Gli facciamo tenerezza, con la nostra illusione infantile, ingenua, quasi grottesca, del -Cambiamento-. Ma non cambierà niente. Il primo a dirlo è stato Socrate e l’ultimo è il nostro presidente. Cambiare per non cambiare. Mettevi l’anima in pace, fino a quando crederemo alle verità della televisione, della delega, di un sistema alienante, della giustezza degli imperatori farmaceutici, della legalità, dell’ordine, del giardino recintato, della casa blindata, della bontà cristiana, delle città incantate, delle prigioni, dei muri, le nostre catene saranno solo dipinte di verde.

Anzi, no!
troppa ecologica come visione
meglio il rosso del santo natale
come rappresentazione
e del sangue succhiato
dai vampiri del capitale…

Non è una prosa, è una condanna.



L'immagine può contenere: erba, spazio all'aperto e natura


NON SOLO BENETTON (a seguire articolo completo)

Orgolio itagliano

Genti d’Italia,
l’Italia s’è persa
tra un tubo di gas,
e un elicottero da guerra.
In labirintici accordi bilaterali, unilaterali, trilaterali,
senza capo né coda
firmati in calce nelle fosse comuni.
I nostri eroi
costruiscono dighe
per contenere il sangue
dei bambini dissidenti.
I nostri eroi
anneriscono laghi e fiumi
come spot antirazzista
per rilanciare il melting pot aziendale
di questa globalizzazione perversa.
I nostri eroi
sono degli amorevoli pastori
che nutrono le proprie greggi
con l’erba più verde e più soffice
e con le proprie mani curate
quotidianamente concimano le sterminate praterie
coi cadaveri dei popoli ancestrali.
I nostri eroi:
massoni, taglia gola, psicopatici,
che affogarono nel sangue
di un genocidio calcolato
un intera penisola
che l’ha volutamente dimenticato.
Genti d’Italia,
l’Italia s’è persa
o forse
non s’è mai trovata.

Secondo fattore causa del cambiamento climatico dopo l’agrobusiness (conglomerato composto dall’industria della carne e dei derivati animali e quella agrochimica), quello minerario è un settore che va in parallelo con le altre tecniche estrattive che, funzionali al mero profitto, prevedono la colonizzazione di vaste aree di terra a discapito dell’integrità delle stesse e di chi le popola.
Uno strumento ormai abitualmente impiegato da governi e multinazionali, allo scopo di legittimare e normalizzare le azioni condotte, vede la sistematica criminalizzazione di chi si oppone alla devastazione della Terra, spesso anche attraverso l’imputazione di fatti la cui responsabilità va invece ricercata nelle dinamiche di sfruttamento sdoganate dal sistema stesso.
Se la persecuzione delle comunità Mapuche in Argentina la si deve sopratutto all’opera neo-colonialista condotta dalla multinazionale italiana Benetton, dal 2000 ad oggi un’importante contributo è arrivato anche dal settore estrattivo attraverso il monopolio della zona denominata Vaca Muerta.
L’area in questione giace su una formazione geologica di scisto, ovvero giacimenti di rocce bituminose dalle quali è possibile estrarre gas o olio, che tocca le provincie de La Pampa, Mendoza, Rio Negro e Neuquén.
Quest’ultima in particolare è teatro di diverse contese tra comunità Mapuche e multinazionali petrolifere, ultima in ordine di apparizione l’olandese Shell che ha avviato un progetto d’estrazione attraverso l’impiego del fracking: la trivellazione orizzontale dei terreni tramite l’utilizzo di tonnellate di litri d’acqua che, mischiate a sabbia e additivi chimici, vengono sparate nel sottosuolo ad altissima pressione per provocare crepe nella roccia che permettano l’estrazione di gas e olio.
Nelle aree in questione opera sopratutto la YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales), società energetica argentina specializzata nell’esplorazione, produzione, raffinazione e commercializzazione del petrolio, e che nel 2001 assieme alla statunitense Dow Chemical (gruppo DuPont) e alla brasiliana Petrobras ha contribuito alla costituzione della Compagnia Mega: azienda per lo sviluppo dell’economia del paese attraverso la valorizzazione del gas ottenuto dal fracking.
Impresa statale, nonostante il 49% della società sia di proprietà della multinazionale petrolifera spagnola Repsol, YPF recentemente ha siglato un accordo con la compagnia malese Petronas che prevede un’incremento dello sfruttamento dei giacimenti nell’area della Vaca Muerta.
Per spianare la strada agli affari, scaricando le responsabilità ambientali su quelle stesse persone che rappresentano un’ostacolo all’opera di colonizzazione delle terre in questione, YPF ha tentato di far ricadere sulla comunità Mapuche di Neuquén uno sversamento di petrolio risalente all’ottobre 2018, che ha inquinato una superficie pari a 10 campi da football (oltre i 45 ettari di terre).
YPF, sanzionata successivamente con una multa di circa 33 milioni di dollari, attraverso intercettazioni telefoniche, inclusa la geo-localizzazione dei cellulari strumento utilizzato dalla gendarmeria argentina già nell’ambito della scomparsa di Santiago Maldonado, ha tentato di collocare alcuni membri della comunità Mapuche sul luogo dell’accaduto.
Comunità Mapuche che, al contrario, tentano di porre un freno al costante saccheggio delle risorse della Terra da parte del sistema capitalista e alle relative conseguenze a discapito dei sempre più delicati equilibri generali, e che solo nella località di Neuquén si traducono il oltre 900 sversamenti di petrolio ogni anno a causa dell’operato della YPF.

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