“La vita di un individuo ha senso soltanto se contribuisce a rendere la vita di ogni creatura più nobile e più bella. Nulla darà la possibilità della sopravvivenza sulla terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana”.
(Albert Einstein)
Foto by La Foresta di Luna
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Nessuna specie potrebbe maturare la deviazione di sentirsi al centro dell’universo
di Franco Libero Manco
Il concetto antropocentrico sembra sia connaturato con l’uomo. Da quando si accorse di essere la creatura più astuta e più capace di organizzazione l’uomo rivolse gli occhi al cielo e ringraziò la divinità per essere stata benigna nei suoi confronti, si convinse che Dio fosse dalla sua parte e tradusse questa sua visione in regole e dottrine.
Ma indipendentemente da una visione religiosa, ogni popolo della terra, da quelli tecnologicamente più avanzati alle popolazioni che ancora vivono allo stato primordiale, sfrutta e uccide gli animali per ogni sua necessità, secondo la impietosa legge naturale del più forte che domina il più debole.
Se immaginiamo un altro pianeta in qualche angolo sperduto dell’universo in cui la creatura più astuta crede che il Tutto sia stato creato in sua funzione e che gli altri esseri siano a sua disposizione, sicuramente penseremmo che quella creatura è perniciosa oltre che fuori di testa.
Il concetto antropocentrico sembra sia connaturato con l’uomo
Da quando si accorse di essere la creatura più astuta e più capace di organizzazione l’uomo rivolse gli occhi al cielo e ringraziò la divinità per essere stata benigna nei suoi confronti, si convinse che Dio fosse dalla sua parte e tradusse questa sua visione in regole e dottrine. Ma indipendentemente da una visione religiosa, ogni popolo della terra, da quelli tecnologicamente più avanzati alle popolazioni che ancora vivono allo stato primordiale, sfrutta e uccide gli animali per ogni sua necessità, secondo la impietosa legge naturale del più forte che domina il più debole.
Spostare la pratica sacrificale dall’uomo agli animali fu per la gente di Mosè un notevole passo in avanti; purtroppo l’umanità è rimasta ancorata a principi primordiali e profondamente condizionata dalla dottrina delle tre religioni monoteiste che più di altre rivendicano il primato dell’uomo sulla natura per l’avvallo dato da Dio in Genesi 9,3 e che trova compiacenza in un mondo di crapuloni e mangiatori di bistecche convinti che, per compiacenza di Dio, oltre al piacere della gola ci si guadagna anche il paradiso.
Il danno che ne viene dalla visione antropocentrica è di proporzioni apocalittiche perché abitua l’essere umano al deprezzamento di tutto ciò che non è specie umana e lo inclina alla legge della supremazia del forte sul debole. La violenza verso ogni forma di vita, l’indifferenza verso la sofferenza degli animali, l’abitudine all’animalicidio, alla vista del sangue, il disprezzo del dolore altrui, inclina inevitabilmente alla violenza verso gli umani e quindi al predominio, alla guerra, alla sottomissione di chi si considera meno intelligente secondo il concetto aristotelico (ereditato appieno dalle religioni di stampo ebraico e non solo) per il quale i deboli sono destinati a servire i forti, gli schiavi fatti per i padroni, , i negri per i bianchi, le donne per gli uomini.
La cultura antropocentrica
In natura non esiste l’antropocentrismo la cui arrogante motivazione primaria fu forse il tentativo di allontanare l’uomo da comportamenti predatori e incanalarlo verso espressioni sociali meno violenti, “animalesche”; ma costituì e costituisce il più grande ostacolo alla conoscenza dell’ordine cosmico. L’universo sarebbe tale anche senza il pianeta terra.
La cultura antropocentrica, sempre parallela con la teorica geocentrica, genera egoismo, individualismo, materialismo, irrazionalismo, perché l’individuo percepisce tutto in funzione di se stesso. Mettere al centro dell’universo l’uomo è come credere che la goccia sia l’oceano, che il granello il deserto, che il filo d’erba l’intera vegetazione terrestre.
Meglio avere cento dubbi che una sola falsa certezza.
Dipinto di Tomasz Alen Kopera
Echi di bosco
Il grillo è presente
dietro angoli abbandonati
gracchiano i corvi in bilico
su cime di pino mugo
anche loro, come le ghiandaie
attenti al respiro del vento
incuranti del mio
Pesante come macigni
mai sollevati
stanco come il terreno arido
inutile come la brezza torrida
Un sussulto
le foglie secche
sgretolandosi
imprigionano i formicai
Sospiro senza controllo
nettare per gli occhi
attrazione fugace
mai compresa
giovinezza a meta’
sguardo staccato
lacrime senza eta’
Partenza
sosta breve
passi inespressi
Sorrisi dimenticati
parole in echi di bosco
ferite contrarie
Corteccia non parli
mille domande
senza risposta
pensieri, pensieri
nient’altro che legno
del frassino toccato
da ossa leggere
Tronchi consumati
gambe nervose
invecchiate al sole
restituite spezzate
Libertà
questa sconosciuta
sempre urlata
mai difesa
Il falco risponde
passeggero di boschi
amico del resto
che poi non è niente
vigliacca esistenza
di generazioni dormienti
salmastra dipendenza
Allegrie
attimi
senza dimora
Ridete signori
ridete
vi è vicina la tomba
Del vostro incespicare
siete ignari spettatori
bruciando le luci
accecanti
dolorose
violente
per anime scomparse
Viva la vita
nidi costruiti
vecchi tarli
tavole schiodate
Ombre di tuoni
nuvole scure
sorelle in ombra
continuate a cantare
Cantate
anche solo per me
gli altri sereni
del bel tempo fasullo
Cantate
anche solo per me
io
vi posso ascoltare
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